Urlatrice lo fissava accigliata, in attesa della risposta.
— Sì — disse Ender. — Adesso possiamo cominciare.
Novinha s’inginocchiò sul pavimento, accanto al letto di Miro. Alle sue spalle c’erano Quim e Olhado. Dom Cristão stava portando Quara e Grego a letto nella loro stanza, e quando le parole con cui rincuorava i due bambini svanirono in fondo al corridoio, nella camera rimase soltanto il respiro rauco e faticoso di Miro.
Il giovane aprì lentamente gli occhi.
— Miro! — ansimò Novinha.
Lui mandò un gemito fioco.
— Miro, sei a casa, a letto. Hai cercato di arrampicarti sul recinto acceso. Ora il dottor Navio dice che il tuo cervello è… è stato danneggiato. Non sappiamo se il danno è permanente o no. Mi senti? — Novinha deglutì un groppo di saliva. — Potresti restare… forse paralizzato, in parte. Ma almeno sei vivo, Miro, e Navio dice che oggi si può fare molto per compensare quello che… che puoi aver perduto. Capisci? Ti sto dicendo la verità. Devo dirtela. Può darsi che sarà molto dura per un po’, ma faremo tutto il possibile.
Lui mugolò qualcosa, ma stavolta non era un gemito. Sembrava che stesse cercando di parlare, senza riuscirci.
— Puoi muovere la mandibola, Miro? — domandò Quim.
Lui aprì la bocca, pian piano, e la richiuse.
Olhado protese una mano, un metro sopra la testa del fratello, e la spostò qua e là. — Riesci a muovere gli occhi? Provaci.
I globi oculari di Miro seguirono gli spostamenti della mano. Novinha gli afferrò le dita della destra. — Ti sto toccando. Puoi sentire le mie dita che piegano le tue? Le senti?
Miro mugolò ancora, raucamente.
— Chiudi la bocca per dire no - suggerì Quim, — e aprila per dire sì.
Miro chiuse la bocca e disse: — Mm.
Novinha si sentì sul punto di crollare. Malgrado si fosse sforzata di avere un tono incoraggiante, quella era la cosa più terribile mai accaduta a uno dei suoi figli. Quando Lauro aveva perduto gli occhi ed era divenuto «Olhado» — quanto aveva odiato quel nomignolo, ma ora lo usava anche lei — s’era detta che non sarebbe potuta succedere una disgrazia peggiore. Ma Miro, paralizzato, incapace perfino di sentire il contatto della sua mano… questo era un dolore troppo grande per lei. Le si era spezzato il cuore una volta, alla morte di Pipo, e una seconda volta per quella di Libo, e poi c’era stata l’angoscia venata di rimorso che aveva provato per la scomparsa di Marcão. Non era mai stata capace di dimenticare neppure il terribile vuoto che le aveva gelato l’anima il giorno in cui aveva visto calare nella fossa i suoi genitori. Ma nulla le straziava il cuore come vedere suo figlio soffrire ed essere incapace di fare qualcosa per lui.
Si alzò per uscire. Per il bene di lui doveva scappare via da lì e andare a piangere in silenzio, in un’altra stanza.
— Mm. Mm. Mm.
— Non vuole che tu vada via — disse Quim.
— Resterò, se vuoi — disse Novinha. — Ma ora devi dormire, ti prego, cerca di riuscirci. Navio dice che è meglio se dormi per un po’…
— Mm. Mm. Mm.
— Non vuole neanche dormire — disse Quim.
Novinha represse l’impulso di ribattere a Quim che non era sorda, che capiva benissimo anche da sola. Quello non era il momento per i battibecchi. E d’altronde era stato Quim a suggerire il sistema che Miro stava usando per comunicare. Aveva il diritto di ricavarne un minimo di soddisfazione, se voleva fingere d’essere la voce di lui. Era il suo modo di affermare che faceva sempre parte della famiglia, che non se n’era staccato dopo ciò che aveva saputo nel praça quel giorno. Era il suo modo di perdonarla e di chiederle perdono, così Novinha tenne a freno la lingua.
— Forse vuol dirci qualcosa — suggerì Olhado.
— Mm.
— O vuoi fare una domanda? — chiese Quim.
— Ma. Aa.
— Questa è grossa — borbottò Quim. — Se non può muovere le mani, non può neanche scrivere.
— Sem problema — disse Olhado. — Però riesce a emettere un suono. Se lo portiamo al terminale, posso far passare tutte le letture su un monitor e lui, dicendo «a» potrà indicare quella che gli interessa.
— Ci metterà un’eternità — disse Quim.
— Vuoi tentare in questo modo, Miro? — chiese Novinha.
— Aa — disse lui. Voleva.
In tre lo portarono a braccia in soggiorno e lo misero disteso sul divano. Olhado orientò verso di lui un paio di schermi, poi costruì in fretta un programma: su uno schermo allineò l’alfabeto, con una luce gialla che percorreva le lettere fermandosi mezzo secondo su ciascuna. Un paio di prove confermarono che Miro poteva emettere il suono che significava «questa lettera», trasferendola sull’altro schermo per costruire la parola desiderata.
Miro accelerò la cosa abbreviando deliberatamente le parole, e la prima che compose fu: P-E-Q.
— Pequeninos — disse Olhado.
— Sì — disse Novinha. — Perché stavi scavalcando il recinto con i maiali?
— Mmmmmm!
— Vuole fare una domanda, mamma — disse Quim. — Non fargliene tu.
— Aa.
— Vuoi sapere dei maiali che erano con te quando scavalcavi il recinto? — domandò Novinha. Voleva saperlo. — Sono tornati nella foresta. Con Ela, Ouanda e l’Araldo dei Defunti. — In breve gli riferì della riunione nell’ufficio del vescovo, di ciò che avevano saputo sui maiali, e soprattutto di quelle che erano state le loro decisioni. — Quando hanno spento il recinto per salvarti, Miro, è stato l’inizio della nostra rivolta contro la Federazione. Capisci? Le regole del Comitato non esistono più. Il recinto è soltanto un rudere, adesso. Il cancello resterà aperto.
Gli occhi di Miro si riempirono di lacrime.
— Questo è tutto ciò che volevi sapere? — chiese Novinha. — Ora dovresti dormire.
No, fu la risposta di lui. No no no no.
— Aspetta, ti asciugo gli occhi — disse Quim. — Così potrai scrivere sullo schermo.
D I G-A-F A L…
— Diga ao Falante pelos Mortos — disse Olhado.
— Cosa dovremmo dire all’Araldo? — domandò Quim.
— Sarebbe meglio che tu dormissi. Ne parleremo più tardi — disse Novinha. — Lui resterà fuori per ore. Sta negoziando una lista di norme che regolino i rapporti fra i maiali e noi. Per impedire che uccidano qualcun altro di noi, come Pipo e Li… e tuo padre.
Ma Miro rifiutò di dormire, e continuò a comporre faticosamente frasi su frasi sul terminale. Gli altri tre presero nota di ciò che lui voleva dire all’Araldo. E poi capirono che Miro insisteva per fargli avere il messaggio subito, prima che il negoziato terminasse.
Così Novinha lasciò che Dom Cristão e Dona Cristã rimanessero a badare alla casa e ai bambini più piccoli. Prima di uscire si fermò ancora accanto al capezzale del primogenito. Quell’attività l’aveva svuotato; i suoi occhi erano chiusi, il respiro regolare. Gli prese una mano, la strinse, la scosse un poco. Sapeva che lui non poteva sentirla, ma era lei ad avere bisogno di confortarsi con quel contatto.
Miro aprì gli occhi. E in quel momento, debole e quasi impercettibile, lei avvertì la stretta delle sue dita. — Le hai mosse! Ti ho sentito! — ansimò. — Guarirai, ne sono certa. Guarirai!
Il giovane chiuse gli occhi, umidi di lacrime. Quasi senza vedere dove metteva i piedi Novinha andò alla porta. Per poco non urtò contro Olhado. — Devo avere qualcosa in un occhio — gli disse. — Accompagnami per un poco, finché non mi schiarirà la vista.
Al recinto furono raggiunti da Quim. — Il cancello è troppo lontano — esclamò il ragazzo. — Credi di poterti arrampicare, mamma?
Ci riuscì, anche se non fu facile. Ma Quim e Olhado rifiutarono di lasciarla andare da sola. — Su una cosa non c’è dubbio — disse, quando furono dall’altra parte. — Bosquinha dovrà lasciarci aprire un altro cancello proprio qui.
Читать дальше