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Daniel Galouye: Universo senza luce

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Anche pubblicato come “Percezione infinita”, tradutto da Antonietta Mazarino. Dopo una guerra nucleare che ha devastato e reso inabitabile la superficie del pianeta, l’umanità è costretta a vivere in caverne sotterranee dove non arriva nessuna luce: sono generazioni ormai che nessuno l’ha più vista, tanto che su di essa si è formata una vera religione, una leggenda. Solo l’eccezionale sviluppo del senso dell’udito e del tatto permette ai pochi superstiti di sopravvivere ai gravi pericoli che minacciano la loro precaria esistenza e i pochi beni loro rimasti: pipistrelli giganti e altri mostri delle tenebre, i Veggenti, esseri misteriosi dotati di poteri sovrumani, e soprattutto la mancanza d’acqua, l’esaurimento dei pozzi. Iared, uno dei superstiti, non si lascerà tuttavia intimorire e, sfidando i mostri notturni, i demoni della Radioattività, le credenze della comunità e le accuse di blasfemia, si addentrerà nelle regioni ignote che si trovano al di là della Barriera, alla ricerca del mitico e remoto Mondo Originario. Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1962.

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— Il mostro? — domandò ansiosamente Owen.

— Si è nascosto — rispose Jared mentre continuava a picchiare le pietre. Poi, per distogliere la mente dell’amico dal pericolo vicino, gli disse: — E tu come te la cavi? Che cosa senti?

— Un mondo grande come l’infinito della Radiazione!

— Bene. E poi?

— Proprio davanti a noi… qualcosa di soffice. Un cespuglio o due di…

— Piante di manna. Crescono attorno ad una sorgente calda. Riesco a sentire anche una quantità di pozzi vuoti, pozzi dove l’acqua bollente era solita soddisfare la fame d’energia di migliaia di piante. Ma, continua.

— Là, sulla sinistra, una pozzanghera, una grossa.

— Bene! — si complimentò Jared. — Alimentata da un torrente. E che altro?

— Io… Per la Radiazione! Qualcosa di strano. Un sacco di cose strane!

Jared avanzò. — Quelle sono abitazioni, tutto attorno alla parete.

— Non capisco. — Owen, confuso, gli venne dietro. — Sono tutte all’aperto!

— Quando la gente viveva qui non aveva bisogno di cercare l’intimità delle caverne: costruiva pareti attorno a spazi all’aperto.

— Pareti quadrate ?

— Avevano un certo gusto geometrico, suppongo.

Owen si fermò. — Andiamo via di qui! Dicono che la Radiazione non è molto lontana dal Mondo Originario!

— Forse lo dicono soltanto per tenercene lontani.

— Sto cominciando a pensare che tu non credi a nulla.

— Ma certo invece… credo a tutto quello che posso udire, sentire, gustare, o odorare. — Jared cambiò posizione e gli echi proiettati dalle sue pietre si allinearono con un’apertura di uno degli antichi alloggi.

— Il pipistrello! — sussurrò, mentre la corrente di onde sonore gli riportava un’impressione della creatura appesa all’interno del cubicolo. — Prendi la lancia. Non ci coglierà di sorpresa stavolta!

Si avvicinò con cautela a portata di freccia della struttura, riponendo nella bisaccia le pietre. Non ne aveva bisogno, per il momento, ora che il respiro del mostro era forte e chiaro come lo sbuffare di un toro arrabbiato. Incoccò una freccia, infilandone un’altra alla cintura, ove gli sarebbe stato facile prenderla in pochi istanti. Sentì che alle sue spalle Owen assicurava la lancia nel terreno. Poi domandò: — Pronto?

— Fallo volare — l’esortò Owen, con voce sicura e decisa. L’ultimo «click» era suonato. La decisione era stata presa.

Puntando in direzione del respiro sibilante del pipistrello, Jared lasciò la corda dell’arco.

La freccia fischiò nell’aria e andò a urtare contro qualcosa di solido… di troppo solido per essere carne d’animale. Urlando la sua collera, il mostro si gettò contro di loro. Jared incoccò rapidamente la seconda freccia, avanzando in direzione della furia alata.

La lanciò, chinandosi in basso.

La bestia emise un grido d’agonia, mentre lo sfiorava velocissima. Poi si udì un tonfo e il soffio finale dell’aria che fuoriusciva dai grandi polmoni del pipistrello.

— Per la Luce! — risonò la familiare esclamazione. — Toglimi di dosso quest’affare puzzolente!

Sogghignando, Jared batté la punta dell’arco contro la solida roccia del terreno e, di rimando, colse l’immagine sonora di un mucchio disordinato composto da… un pipistrello, un essere umano, una lancia spezzata, e una punta di freccia sporgente.

Finalmente, dopo vari contorcimenti, Owen riuscì a liberarsi. — Bene, abbiamo preso il mostro maledetto. Possiamo tornare a casa, adesso ?

— Non appena avrò finito. — Jared stava già tagliando via le zanne del pipistrello.

Pipistrelli delle profondità e Veggenti. Uno dopo l’altro, gli abitanti del Livello Inferiore e di quello Superiore potevano sperare di eliminare i primi. Ma chi avrebbe vinto i Veggenti? Chi poteva prevalere contro creature che non usavano pietre per orientarsi ma che, ciò nonostante, conoscevano alla perfezione tutto quanto li circondava? Era una misteriosa abilità che nessuno era in grado di spiegare, tranne col dire che erano posseduti da Cobalto o da Stronzio.

Oh, be’, rifletté Jared, la profezia assicurava che l’uomo avrebbe conquistato tutti i nemici. Immaginava che ciò riguardasse anche i Veggenti, per quanto a lui era sempre parso che anche i Veggenti fossero umani, in un certo qual senso.

Terminò di staccare la prima zanna, mentre da qualche remoto recesso della sua memoria affiorava il ricordo dei lontani insegnamenti infantili:

Che cos’è la Luce?

La Luce è uno Spirito.

Dov’è la Luce?

Se non fosse per il Male che è nell’uomo, la Luce sarebbe ovunque.

Possiamo sentire o toccare la Luce?

No, ma infine tutti La vedremo.

Stupidaggini! Ad ogni modo, nessuno era capace di spiegare la parola vedere. Che cosa facevi alla Luce Onnipotente quando l’avevi vista ?

Mise le zanne al sicuro nella bisaccia e si rialzò, teso nell’ascolto. Sì, forse lì c’era qualcosa in meno che negli altri mondi, qualcosa chiamato «Buio» e definito come male e peccato. Ma cos’era?

— Jared, vieni qui!

Usò gli scandagli per stabilire la posizione di Owen. Gli echi gli portarono l’impressione acustica dell’amico ritto vicino ad un grosso palo, inclinato a un angolo tale da giacere quasi a terra. Owen stava tastando un oggetto penzolante dall’estremità del palo, qualcosa di rotondo e fragile, che dondolando rimandava suoni distinti e argentini.

— È un Bulbo ! — esclamò Owen. — Come la Reliquia del Guardiano della Luce Onnipotente!

Alla memoria di Jared affiorarono altri ricordi di credenze della sua gente:

Tanto caritatevole era la Luce Onnipotente (diceva la voce del Guardiano della Via) che quando bandì l’uomo dal Paradiso, mandò alcune parti di sé, perché rimanessero con noi per un po’. E si soffermò in molti piccoli recipienti come questo Sacro Bulbo.

Improvvisamente si udì un rumore proveniente da un punto imprecisato degli alloggi.

— Per la Luce! — bestemmiò Owen. — L’hai sentito ?

Jared lo sentiva chiaramente. Gli dava una sensazione così orribilmente aliena che gli si stavano rizzando i capelli sulla nuca. Indietreggiò, battendo disperatamente le due pietre l’una contro l’altra.

Gli echi rimandarono sensazioni sonore incredibili e confuse, impressioni di qualcosa di umanoide, ma non umano; qualcosa di un’incredibile malignità, perché era diverso, ma che attirava fortemente l’attenzione perché sembrava munito di un paio di gambe, un paio di braccia e una testa, e stava più o meno eretto. E avanzava, cercando di prenderli di sorpresa.

Jared si mise a cercare nella sua faretra. Ma non c’erano più frecce. Atterrito, allora gettò via l’arco e si voltò per fuggire.

— Oh, Luce Santa! — gemette Owen, incespicando in direzione dell’uscita. — Che cos’è quello, in nome della Radiazione?

Ma Jared non poteva rispondere. Era troppo occupato a tentare di trovare la strada per uscire via di lì, tenendo nel contempo gli orecchi aguzzati per seguire i movimenti della mostruosa minaccia. Il fetore che emanava era più orribile di quello prodotto da mille pipistrelli.

— È Stronzio in persona! — decise Owen. — Le leggende sono vere! I Diavoli Gemelli sono qui ! — Si voltò e prese a correre verso l’uscita, guidato dagli echi prodotti dalle sue stesse grida confuse e smarrite.

Jared, tuttavia, rimase fermo lì, paralizzato da una sensazione totalmente al di fuori della sua comprensione. L’impressione uditiva della forma del mostro era nitida: sembrava che tutto il corpo dell’essere fosse composto da lamine sottili di carne svolazzante. Ma c’era qualcos’altro… una specie di ponte indefinibile, vago, eppure vivido, di echi inaudibili che copriva la distanza dalla creatura e ribolliva nelle profondità della sua coscienza.

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