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Daniel Galouye: Universo senza luce

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Anche pubblicato come “Percezione infinita”, tradutto da Antonietta Mazarino. Dopo una guerra nucleare che ha devastato e reso inabitabile la superficie del pianeta, l’umanità è costretta a vivere in caverne sotterranee dove non arriva nessuna luce: sono generazioni ormai che nessuno l’ha più vista, tanto che su di essa si è formata una vera religione, una leggenda. Solo l’eccezionale sviluppo del senso dell’udito e del tatto permette ai pochi superstiti di sopravvivere ai gravi pericoli che minacciano la loro precaria esistenza e i pochi beni loro rimasti: pipistrelli giganti e altri mostri delle tenebre, i Veggenti, esseri misteriosi dotati di poteri sovrumani, e soprattutto la mancanza d’acqua, l’esaurimento dei pozzi. Iared, uno dei superstiti, non si lascerà tuttavia intimorire e, sfidando i mostri notturni, i demoni della Radioattività, le credenze della comunità e le accuse di blasfemia, si addentrerà nelle regioni ignote che si trovano al di là della Barriera, alla ricerca del mitico e remoto Mondo Originario. Nominato per il premio Hugo per il miglior romanzo in 1962.

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— Ma il Pozzo delle Punizioni!

Calandosi disordinatamente dall’altra parte, Jared batté le due pietre nel cavo della mano con più d’uno scopo in mente. Oltre a nascondere le proteste di Owen, il rumore gli rivelò il passaggio che si stendeva dinanzi a loro. Chissà come, Owen era passato in testa, e gli echi a corto raggio trasmettevano chiaramente le impressioni sonore di un corpo robusto, teso e all’erta, protetto dalle braccia tese in avanti e brancolanti nel buio.

— Per amor della Luce! — lo rimproverò Jared. — Tira giù le mani! Ti avvertirò io quando starai per sbattere contro qualcosa.

La punta dell’eco seguente rimandò l’alzata di spalle dell’altro. — Così io non varrei nulla con il sondaggio sonoro — ribatté burbero Owen, allungando il passo con fare risentito.

Jared lo seguì, apprezzando il suo coraggio. Cauto e titubante, Owen intraprendeva con riluttanza azioni azzardate. Ma quando il «click» finale riportava l’impressione di un’inevitabile confronto con un nemico naturale o con un Veggente, non esisteva un combattente più deciso di lui.

Veggenti e pipistrelli e pozzi senza fondo, rifletté Jared… quelle erano le sfide che presentava l’esistenza. Se non fosse stato per loro, il Mondo del Livello Inferiore e le sue gallerie sarebbero stati sicuri come il Paradiso stesso prima che l’uomo volgesse le spalle alla Luce Onnipotente e, come narrava la leggenda, arrivasse nei vari mondi che gli uomini e i Veggenti ora abitavano.

Per il momento, tuttavia, lo preoccupavano soltanto i pipistrelli. Uno, in particolare, una creatura predatrice e maligna che aveva fatto una furiosa incursione nel Livello Inferiore ed era fuggita via con una pecora.

Sputò disgustato, ricordando gli epiteti velenosi che il suo istruttore-arciere aveva borbottato tanto tempo prima: Puzzolenti esseri maledetti dalla Luce e rigurgitati dalle budella della Radiazione!

— Cosa sono i pipistrelli delle profondità? — aveva domandato uno dei giovani arcieri.

— All’inizio erano simili ai piccoli inoffensivi pipistrelli di cui raccogliamo gli escrementi per concimare le piante. Ma poi, chissà dove lungo la strada, hanno intrecciato un maligno commercio con i diavoli. Cobalto o forse Stronzio ne hanno portato uno negli abissi della Radiazione e l’hanno trasformato in una supercreatura, in un mostro. E da quello sono discesi tutti i mostri delle profondità con cui dobbiamo combattere adesso.

Jared riempiva la galleria di ansiosi echi esplorativi. Owen, che rimaneva ostinatamente in testa, avanzava ora con maggiore cautela, facendo scivolare in avanti i piedi piuttosto che procedere con passi decisi.

L’abitudine di Owen di tenere gli occhi chiusi fece sorridere Jared. Era un’abitudine che non avrebbe mai vinto. Si accordava con la convinzione che gli occhi stessi dovessero essere protetti e preservati per sentire la presenza della Grande Luce Onnipotente, quando fosse ritornata.

Ma non c’era nulla da obiettare sul conto di Owen, si disse Jared, tranne che forse era troppo portato ad un’accettazione letterale delle leggende. Come quella, ad esempio, secondo cui la Luce s’era offesa per la scoperta da parte dell’uomo della pianta della manna e l’aveva scacciato dal Paradiso facendolo sprofondare nel Buio eterno, qualsiasi cosa fosse.

Un «click» e Owen era lì, parecchi passi avanti. Un’altro, ed era scomparso. Nel frattempo c’era stato un urlo d’angoscia e il rumore di un corpo che sbatteva sulla roccia. Poi: — Per la Luce! Toglimi di qui!

Altri echi indicarono la presenza del pozzo poco profondo che, sino ad allora, era rimasto nascosto nella zona di silenzio davanti a Owen.

Rimanendo fermo sul bordo della cavità, Jared allungò in basso la lancia. Owen l’afferrò e cominciò a tirarsi su. Ma Jared tese i muscoli, liberando di scatto la lancia, e gettandosi improvvisamente al suolo. Evitò di un soffio gli artigli affilati mentre il pipistrello si lanciava in basso, su di lui.

— Stiamo per acchiapparne uno! — gridò con esultanza.

Dalle urla stridenti dell’animale, Jared lo individuò mentre descriveva un semicerchio, guadagnando quota, e si lanciava a tuffo in un secondo, rabbioso attacco. Il giovane si alzò in ginocchio, piantò la lancia in un crepaccio e si preparò a sostenere l’urto, tenendosi forte contro la lancia che aveva puntato in direzione della furia in arrivo.

Parve che tutta la Radiazione si scatenasse, mentre centocinquanta chili di rabbia cieca colpivano Jared in un unico, violento urto, rovesciandolo a terra. Si rialzò e sentì il tepore del sangue sul braccio, là dove gli artigli avevano messo a nudo la carne viva.

— Jared! Stai bene?

— Rimani giù! Potrebbe tornare! — Passò una mano sul terreno, e recuperò l’arco.

Ma tutto taceva. Il pipistrello era fuggito ancora una volta; stavolta forse con una ferita di lancia aggiunta alla sua ira.

Owen si arrampicò fuori del pozzo. — Ti sei fatto male?

— Soltanto un paio di graffi.

— L’hai colpito?

— Per tutte le Radiazioni, no! Ma so dove trovarlo.

— Non ti sto mica chiedendo di cercarlo. Torniamo a casa.

Jared batté a terra con l’arco e ascoltò gli echi. — È tornato nel Mondo Originario… sopra.

— Torniamo indietro, Jared!

— No, finché non avrò le sue zanne nella mia bisaccia.

— Le avrai da qualche altra parte se continueremo a seguirlo!

Ma Jared riprese il cammino. E Owen, sia pure con riluttanza, lo seguì.

Più tardi gli domandò: — Sei davvero deciso a trovare il Buio?

— Lo troverò anche a costo di impiegarci tutta la vita.

— Perché ti preoccupi tanto di ricercare il Male?

— Perché, in verità, sto ascoltando qualcos’altro. E può darsi che il Buio sia soltanto un passo del cammino da percorrere.

— Ma cosa stai cercando allora?

— La Luce.

— La Grande Luce Onnipotente — ripeté Owen, recitando un versetto rituale, — è presente nelle anime dei buoni e…

— Supponiamo per un attimo — l’interruppe sfrontatamente Jared, — che la Luce non sia Dio, ma qualcosa di diverso.

La sensibilità religiosa di Owen rimase colpita da questa frase. Jared lo comprese dal suo silenzio improvviso e dalla leggera accelerazione dei suoi battiti cardiaci.

— Che altro potrebbe essere la Luce Onnipotente? — domandò infine Owen.

— Non lo so. Ma sono certo che sia qualcosa di buono. E se riuscirò a trovarla, la vita sarà migliore per tutta l’umanità.

— Cosa te lo fa pensare?

— Se il Buio è collegato al Male e se la Luce è il suo opposto, allora la Luce deve essere il Bene. E se io riesco a trovare il Buio, può darsi che riesca anche a farmi qualche idea della natura della Luce.

Owen sbuffò. — È ridicolo! Tu intendi dire che tutte le nostre credenze sono sbagliate?

— Non completamente. Forse sono soltanto deformate. Sai come accade quando una storia passa di bocca in bocca. Immagina un po’ che cosa potrebbe avvenire quando si tratta di tramandare un racconto di generazione in generazione.

Jared tornò a dedicare la sua attenzione alla galleria. Gli echi delle sue pietre indicavano una grande cavità nella parete sulla destra.

Rimasero immobili nell’ingresso a volta del Mondo Originario e il picchettio delle pietre di Jared si perdeva nel silenzio di un ampio spazio. Prese allora il paio più grande e più duro di rocce da scandaglio che aveva con sé. Per produrre degli echi abbastanza forti da raggiungere i recessi più lontani e tornare poi indietro, doveva batterle assieme con notevole forza.

Innanzitutto… il pipistrello. Il suo fetore sospeso nell’aria dimostrava che la creatura era tuttora da qualche parte là dentro. Ma nessuno degli echi di ritorno restituiva l’impressione di una struttura di ali coriacee o di un corpo soffice e peloso.

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