— Pensi che ci stiano controllando? — disse Elissa alla fine.
— Nel dubbio, supponi di sì. Ma fa forse differenza?
— Immagino di no. Ma sembra che vedremo volare scintille al prossimo incontro. Hai osservato come si sono guardati Sy e il Direttore Generale?
— Judith Niles? Era difficile non accorgersene. È probabile che sia abituata ad essere rispettata parecchio qua dentro. Conosci il vecchio Sy, sarebbe sgarbato anche’con il diavolo.
— Gli ho detto di andarci piano. — Elissa scoppiò a ridere. — Ha risposto che era lei l’arrogante.
— Detto da Sy, è un po’ troppo. Lui, cosa crede di essere?
— Gliel’ho detto. Lui ha risposto che forse lui ha il «naturale sospetto dei giovani verso l’età matura», ma che lei ha l’«intollerabile arroganza dell’autorità incontrollata». Stando a Sy, è circondata da uomini-sì e donne-sì, e crede di conoscere tutte le risposte.
— Quando in realtà è lui a conoscerle? — Peron era irritato. Era ancora un po’ geloso di Sy, in particolar modo quando Elissa pareva ammirarlo.
— No. Dice che lui ha cento domande senza risposta, ma non voleva addentrarcisi con Gibbs. Sta aspettando di spararle tutte a Judith Niles.
— Anch’io. Ma in sostanza c’è una sola domanda da fare: perché mai Gulf City esiste?
— Hai sentito quello che ha detto Wolfgang: per studiare gli Oggetti Kermel.
— Sicuro, ma è una sciocchezza. — Peron si rotolò sul fianco per guardare in faccia Elissa. — Ascolta, posso immaginare un gruppo di scienziati puri che sostengano la validità dell’enorme sforzo fatto per installare una stazione di ricerca qua fuori nel profondo dell’abisso cosmico, per decidere quale sia la natura degli Oggetti Kermel. Ma tu hai incontrato Judith Niles. Riesci ad immaginare che sia disposta a mandar giù una simile argomentazione? Li avrebbe buttati fuori dal suo ufficio in due minuti. Credo che Sy le farà la domanda principale, e preferisco che sia lui a farla al posto mio. Ma se non lo farà, toccherà a noi due.
Peron pareva infelice, ma deciso. Elissa non aggiunse altro, ma si strinse ancora di più a lui e lo prese tra le braccia.
Quasi ad un miglio di distanza, in una zona appartata sull’altro lato di Gulf City, Wolfgang Gibbs era impegnato nel proprio incontro segreto con Charlene Bloom. Giacevano fianco a fianco in una stanza vuota, nel buio e con tutti i monitor spenti.
— Hai notato la differenza, vero? — disse Wolfgang con voce sommessa. — Questa volta credo che abbiamo catturato una nuova razza di pesci. Squali, forse, non pesciolini.
— Sono d’accordo. E certamente JN lo sta pensando anche lei. Potevi sentire la tensione fra loro quattro. Specialmente con quel ragazzo dai capelli scuri, Sy… Non le ha concesso neanche un dito. Non sono sicuro di voler essere presente al prossimo incontro. JN avrà le mani piene.
— Spero proprio così, per l’inferno. — Wolfgang Gibbs sorrise con amarezza nel buio. — Sai qual è il guaio in noi due, Charlene? Siamo superati. JN è il capo, e noi lo sappiamo, tutti e tre. Non possiamo discutere con lei, anche quando siamo dalla parte giusta della questione. Lei ha troppa potenza di fuoco. Sono stanco di questo posto e comincio a odiare la vita nell’S-Spazio, ma non riesco ancora a dirle che voglio andarmene.
— Vuoi dire, andar via ? Lasciare Gulf City e JN, completamente? — Charlene Bloom si staccò da lui. — Non potremmo farlo. Siamo rimasti tutti insieme sin dall’inizio.
— Già. Ed è troppo tempo: più di quindici anni, per la maggior parte nell’S-Spazio. Santo Iddio, Charlene, non pensi che qui le cose avrebbero bisogno di un nuovo aspetto? E non credo che noi possiamo darglielo. Forse quei tre ragazzi potrebbero. Tu ed io dovremmo esser via di qua, fuori, ad occuparci di altri pascoli, a dirigere un gruppo di contatto con un pianeta, o un Quartier Generale di Settore. Forse dovremmo andare su Pentecoste, il pianeta dal quale loro sono venuti.
— Gli hai detto dei loro tre amici?
Wolfgang Gibbs corrugò la fronte e scosse la testa. — Non ancora. Non ce l’ho fatta. Si aspettano di vederli comparire qui a Gulf City. Lascio che sia JN a dar loro la notizia. La sentiranno anche troppo presto. Sarà dura per loro.
Vi fu un lungo silenzio.
— Wolfgang — disse Charlene, alla fine.
— Sì?
— Mi spiace che tu ti senta così. — La sua voce era infelice ed esitante. — So che qui talvolta è frustrante, ma sono stata molto felice durante tutti questi anni. Conosco i miei limiti. Non avrei mai potuto fare quello che Judith ha fatto, metterci insieme e tenerci insieme. E neppure avresti potuto farlo tu. E puoi dire tutto quello che vuoi sulla vita a Gulf City, ma stiamo lavorando al problema più grosso dell’umanità. Se non troveremo una soluzione, credo che sarà, per l’ Homo sapiens , la fine della strada. E se tu ti stai sacrificando, JN si sta sacrificando molto di più.
— Lo so. Ma è lei che decide. Supponi che stiamo seguendo la linea sbagliata? JN pensa che stiamo facendo progressi, ma per quello che mi riguarda siamo esattamente nella stessa posizione in cui ci trovavamo quando Gulf City è stata creata, vale a dire quindicimila anni terrestri or sono. Cosa abbiamo compiuto durante tutto questo tempo? E quanto tempo abbiamo prima che tutto sia finito?
Charlene non rispose. Altre volte Wolfgang aveva parlato di andarsene da Gulf City, ma mai prima di allora in termini così perentori. Se Wolfgang se ne fosse andato, lei cosa avrebbe fatto? Non poteva sopportare l’idea di perdere Wolfgang, ma non poteva neanche disertare il proprio lavoro e abbandonare Judith Niles.
Era lieta del buio. E più che mai temeva i risultati dell’imminente incontro.
Sy esitò, forse per un minuto, dopo aver lasciato Peron ed Elissa. Poi si mosse in fretta. Durante il loro giro attraverso Gulf City avevano visto una dozzina di camere per l’animazione sospesa, per i trasferimenti da e per l’S-Spazio. Adesso si diresse verso la più vicina di esse e senza esitazione si calò dentro uno dei serbatoi. Eseguì un ultimo controllo dei monitor per avere la conferma di essere solo e inosservato, poi si distese nella bara, e diede inizio alla procedura che l’avrebbe portato nello spazio normale. Chiuse gli occhi…
… e li aprì, e trovò Judith Niles che lo scrutava con calma attraverso il coperchio trasparente del serbatoio. Aveva un sorriso indecifrabile sul viso. E quando lui fu completamente sveglio, aprì il portello e lo aiutò ad uscire. Lui la fissò, guardingo.
— Vieni — lei gli disse. — Tu ed io dobbiamo parlare, noi due soltanto. Credo che il mio ufficio ti farà sentire più a tuo agio di questa camera. — E senza guardarlo si girò e gli fece strada.
Lo condusse verso il laboratorio principale di Gulf City, al centro vero e proprio della stazione. Ben presto Sy si trovò in una serie di stanze ben ammobiliate, con fotografie alle pareti, scaffali di veri libri, e file serrate di monitor. Lei li indicò con un gesto della mano.
— Prima lezione. Ti impartirò moltissime lezioni. Non supporre mai di non essere osservato, a Gulf City. Ho imparato l’arte del monitoraggio da un maestro, il solo maestro che abbia mai conosciuto. Da qui puoi osservare qualunque cosa. — Attivò la rotazione dell’appartamento per dargli una gravità effettiva di circa la metà di quella della Terra, poi si lasciò sprofondare in una poltrona e piegò le gambe sotto di sé. Fece cenno a Sy di sedersi davanti a lei. Vi fu un lungo silenzio durante il quale si esaminarono a fondo l’un l’altro.
— Vuoi che parli io? — disse lei, alla fine.
Sy mosse la testa. — Tu per prima, io per secondo. Sai che ho delle domande.
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