Venne avanti ed esaminò i loro volti. Poi studiò i quadranti incassati nelle testate dei tre letti, per un secondo o due, e annuì. — Penso che possiamo restituirvi la libertà di movimento. Le precauzioni sono state prese per il vostro bene, oltre che per il nostro. — Le cinghie intorno al corpo di Peron subito si sciolsero: un istante dopo avvertì un pizzicore doloroso alle braccia e alle gambe, mentre ritornavano alla completa sensibilità. Scivolò in avanti e si alzò in piedi, accertandosi di essere in grado di mantenere l’equilibrio.
— Siete impazienti di ricevere delle risposte — proseguì Judith Niles. — Come lo sarei io. Molto bene, non vi deluderemo. Wolfgang, vuoi cominciare con le spiegazioni e le visite? Per favore, chiamami nel momento più adatto.
Regolò qualcosa alla sua cintura e scomparve. Un momento più tardi anche Charlene Bloom non c’era più. Wolfgang Gibbs rimase invece là a fissare con espressione beffarda Sy, Elissa e Peron.
— Be’, è davvero carino. — Tirò su col naso. — Già. JN dice che potete andare in giro liberi, poi lei e Charlene se ne tornano al lavoro, perciò io devo districarmi con voi da solo, quando vi verrà l’istinto omicida. D’accordo, allora, mi fiderò di voi. Se ve la sentite di fare una passeggiatina, faremo il vecchio giro guidato.
Wolfgang Gibbs si girò con noncuranza e s’incamminò lentamente verso la porta della stanza. Dopo essersi scambiati una singola occhiata, gli altri tre lo seguirono.
— Potremmo usare i robot di servizio per farci portare in giro — disse Wolfgang Gibbs senza voltarsi. — Di solito io faccio così. Ma se ci facessimo portare adesso dai robot, voi non percepireste la disposizione di Gulf City. Meglio farlo sulle vostre gambe, così saprete dove si trova ogni cosa come futuro riferimento. Cominceremo con l’esterno.
— Dove ci sta portando? — chiese Elissa, mettendosi al passo al suo fianco, mentre Peron e Sy si accodavano.
Wolfgang Gibbs la gratificò d’una occhiata di apprezzamento. Con una punta di fastidio da parte di Peron, parve compiere un’ispezione molto attenta del suo viso e della sua figura. — Il Punto di Vedetta. È il luogo in cui vengono compiute tutte le osservazioni galattiche: di tutta la nostra Galassia, e anche oltre. Ascoltiamo e guardiamo molto, a Gulf City. È per questo che ci troviamo qui, a molti anni-luce da qualunque altro punto dove abbiate mai scelto di essere. Qui noterete parecchi robot di servizio in meno rispetto al solito, e un numero minore di congegni meccanici. Siamo rassegnati al disordine. Quando si è fatta tutta questa strada per cercare un posto tranquillo in cui ascoltare, non è proprio il caso d’intasare i segnali osservati con la propria spazzatura elettronica.
Fece loro strada lungo un corridoio radiale che si prolungava per più d’un chilometro verso l’esterno. Le dimensioni di Gulf City cominciavano a fare impressione sugli altre tre. Quando infine raggiunsero il Punto di Vedetta, si muovevano nel più totale silenzio, prendendo appunti mentali di tutto ciò che vedevano. Tutta Gulf City era cinta di antenne, telescopi, interferometri, e congegni di segnalazione. Dozzine di oblò esterni mostravano la stessa bianca vacuità dell’S-Spazio, ma gli schermi delle pareti interne eseguivano conversioni di frequenza e proiezioni. Potevano osservare lo spazio interstellare aperto come appariva su ogni banda di lunghezza d’onda, dai raggi X duri alle onde radio di milioni di chilometri.
Wolfgang Gibbs si soffermò molto a lungo davanti a uno schermo. — Vedete quello? — chiese infine. Batté una mano sulla proiezione, dove una fievole forma simile ad un granchio appariva scura contro uno sfondo più chiaro. — Quel grumo scuro a spirale? È uno dei motivi principali per cui ci troviamo qui a Gulf City. Sono quindicimila anni che li osserviamo. Li ho studiati io stesso per una buona metà di questo periodo, sono venuto qui quattro S-anni fa, insieme a Charlene Bloom.
— Cosa sono? — domandò Sy. I suoi modi taciturni erano scomparsi, e la sua voce tradiva un’eccitazione febbrile. — Questo schermo rivela segnali radio di lunghezze d’onda ultralunghe. Non sapevo che là ci fosse qualcosa che irradiava, oltre ai garzaioli ed ai pipistrelli che abbiamo visto mentre viaggiavamo verso la Terra.
Wolfgang Gibbs perse i suoi modi distaccati e indifferenti. Guardò intensamente Sy. — Esatto. Abbiamo incominciato con la stessa idea. Ma adesso pensiamo che metà dell’universo comunichi su quelle onde lunghissime. Come il nostro amico lì presente. Lo chiamiamo un Oggetto Kermel, ma è soltanto un nome. È ancora uno dei maggiori misteri. Pensiamo che sia una specie di fratello maggiore dei garzaioli. S’inviano tutti messaggi su lunghezza d’onda multichilometriche.
Le proiezioni mostravano un campo visivo di trecentosessanta gradi. Sy si spostò rapidamente dall’una all’altra, controllando la presenza di quelle forme scure simili a ragnatele. — Gli schermi mostrano Oggetti Kermel in tutte le direzioni — constatò. — Quanto sono distanti?
— Buona domanda — rispose Wolfgang. — Parecchio. Dannatamente parecchio. Stimiamo che il più vicino si trovi a duemila anni-luce, e perfino quello più vicino si trova fuori del piano della nostra Galassia. Generalmente parlando, non sono oggetti galattici, sono oggetti intergalattici. A meno di non trovarsi in un luogo tranquillo come questo, non si può affatto sperare d’individuarli. Venite. Avrete un sacco di occasioni di scoprire altre cose sui Kermel, ma per ora voglio che vi facciate il giro da dieci centesimi. Però, vi dirò ancora una cosa: là, state guardando una possibile forma d’intelligenza, ed è un’intelligenza che sembra più antica di questa galassia.
Proseguì intorno all’esterno di Gulf City, compiendo un giro che era più lungo di tre miglia. Sy ripiombò nel silenzio, mentre Elissa fece a Gibbs domande su tutto, e lui fece del suo meglio per rispondere. Una volta all’interno di Gulf City, ogni segretezza nei confronti delle domande fatte da qualcuno giunto dall’esterno parve scomparire.
Videro miliardi di piedi cubici di apparecchiature per generare energia, ed enormi propulsori sufficienti a consentire a Gulf City di navigare dovunque volesse nello spazio interstellare. C’erano impianti per produrre generi alimentari sufficienti a nutrire decine di migliaia di persone, impianti che si trovavano vicino al centro della struttura. Per la maggior parte erano inattivi. Stando a Wolfgang Gibbs, l’attuale popolazione di Gulf City si avvicinava alle settecento unità, anche se la capacità originaria era dieci volte maggiore.
Alla fine, dopo aver mostrato loro corridoi dopo corridoi, dove si trovavano gli alloggi, Gibbs si fermò e scrollò le spalle. — Impiegherete un mese per vedere tutto, ma questo dovrebbe essere abbastanza per una prima impressione. Ora, fate un intervallo e mettetevi a vostro agio. Tutti questi appartamenti sono completamente equipaggiati. Il sistema d’informazioni vi dirà la maggior parte delle cose relative alla città, che io non ho descritto. Mi accerterò che i robot di servizio accettino i comandi impartiti dalle vostre voci, ma non aspettatevi una reazione immediata, siamo sempre a corto di robot di servizio. Abbiamo un appuntamento nell’ufficio di JN fra tre ore. Ci vediamo là.
— Dove si trova? — chiese Elissa.
— Chiedetelo all’info-sistema, se volete andarci a piedi. Se vi sentite pigri, basterà che diate l’ordine. Se cercate me, usate il sistema di comunicazione. — Wolfgang Gibbs strizzò l’occhio a Elissa, maneggiò un comando alla sua cintura, e scomparve.
— Allora, cosa ne pensi? — chiese Peron.
Elissa sollevò lo sguardo al soffitto. Finalmente erano soli. Sy li aveva lasciati qualche istante dopo Wolfgang Gibbs, dicendo di aver bisogno d’un po’ di tempo per riflettere. Peron ed Elissa avevano vagato un po’ lungo quegli interminabili corridoi, ficcando la testa dentro le cucine, le aree ricreative e le palestre. Tutte erano deserte. Alla fine avevano trovato un alloggio di loro gradimento, e avevano deciso che tanto valeva occuparlo. Adesso erano distesi fianco a fianco su una vastissima area del pavimento soffice come una nuvola.
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