«Sarà difficile giustificare tutto questo spreco di talenti e di soldi per un piccolo frammento di cometa» ribatté McDermott.
«Non è una cometa!» scattò Stoner. «Nessuna cometa ha mai espulso una nube che riflette la luce del sole come uno specchio. Nessuna cometa ha mai cambiato traiettoria dopo aver superato Giove, non così bruscamente.»
McDermott scrollò le spalle. «Il cambiamento di traiettoria, probabilmente, è stato causato da una perdita di gas. Un po’ di gas si è disperso nello spazio, la cosa ha ricevuto una spinta e si è diretta verso di noi. Siamo tutti saltati alla conclusione che lo abbia fatto per una decisione intelligente.»
«Il rasoio di Ockham» mormorò fra sé Thompson.
«E poi non si avvicinerà troppo alla Terra» continuò McDermott. «Ci sfiorerà a una distanza che è circa il quadruplo dell’orbita lunare, non è vero, Stoner? Ho ragione?»
«Se non cambia di nuovo traiettoria.»
«Cosa? Magari per atterrare sul prato della Casa Bianca? Vogliamo scommetterci?»
«E i segnali radio da Giove? Cosa li ha originati?»
«Una coincidenza» rispose subito McDermott. «I segnali radio da Giove erano un fenomeno naturale, e quando ha guardato in quella direzione con Big Eye ha scoperto un frammento di cometa e si è ficcato in testa che si tratta di un’astronave aliena.»
Stoner lanciò un’occhiata di fuoco al vecchio.
McDermott lasciò vagare lo sguardo lungo il tavolo, sfidando tutti a mettere in discussione le sue conclusioni.
«Benissimo, allora» disse. «Ecco cosa faremo. Mi sembra troppo presto per comunicare a Washington che l’oggetto è di origine naturale. Potremmo anche sbagliarci, e il PROGETTO JUPITER verrebbe immediatamente interrotto.»
Markov tamburellò con le dita sul piano del tavolo. «Se esiste anche solo la minima probabilità che questo oggetto sia un visitatore lanciato da un’altra civiltà, abbandonare il progetto sarebbe una negligenza criminale. Se anche la possibilità è infinitesima, perché sciogliere il nostro gruppo quando tra qualche settimana, al massimo tra pochi mesi, “sapremo” la verità, quale che sia? Perché non continuare a studiare l’oggetto con ogni mezzo a nostra disposizione, partendo dall’ipotesi che “sia” un visitatore intelligente, e che “possa” rispondere ai nostri segnali? Se abbandoniamo il lavoro adesso, questa cosa potrebbe passare oltre il nostro pianeta, e noi perderemmo l’unica possibilità di entrare in contatto con una razza extraterrestre intelligente. Il che sarebbe criminale!»
McDermott raccolse la pipa. «Sono pronto a concederle qualche altra settimana. Se è intelligente, se è vivo, in qualche modo risponderà ai nostri segnali. Ma se non lo è, non ha senso abbandonarsi ai sogni.» Scrutò Stoner con aria intensa. «O a piani grandiosi.»
“Ecco cosa vuole” capì Stoner, serrando le labbra, mentre il gelo gli stringeva lo stomaco. “Quel vecchio bastardo vuole far annullare la missione di rendez-vous.”
Scrutando gli altri visi, guardando quelle teste che annuivano, magari con riluttanza, Stoner comprese che McDermott aveva raggiunto il suo scopo. “Gliela lasceranno passare liscia. Piuttosto che permettergli di chiudere il progetto, accetteranno che venga annullata la missione spaziale.”
Troppo furibondo per trovare il coraggio d’una risposta, Stoner restò seduto in un silenzio cupo, mentre la riunione si aggiornava.
Cavendish lo raggiunse, gli batté la mano sulla spalla e mormorò: «Peccato, vecchio mio.»
«Perché non hai aperto bocca?» gli chiese Stoner, alzandosi.
Cavendish scosse la testa. «Il tuo McDermott è deciso a impedire la missione di rendez-vous.»
«Un tuo intervento sarebbe stato utile.»
«Certo…» Cavendish parve per un attimo confuso, disorientato. «Io… Credimi, ultimamente non mi sento troppo bene. Mi spiace…»
Stoner notò il suo viso teso, gli occhi gonfi.
«Sei malato?»
Cavendish ebbe un mezzo sorriso. «Giuro che non lo so.»
«Dovresti vedere un medico.»
«Sì» disse l’inglese, distrattamente. «Certo.» E uscì dalla sala riunioni, piantando lì Stoner.
Markov era sulla soglia, una smorfia in viso. «Il professor McDermott si sbaglia» disse a Stoner. «Dobbiamo tenerci pronti a mandare un cosmonauta su quella nave. Non è un oggetto naturale. Me lo sento nelle ossa.»
«In questa faccenda» ribatté Stoner «le sensazioni non contano. Contano le prove.»
«Ma perché McDermott si è tanto intestardito?»
«Perché sa che se venisse lanciata una missione, inevitabilmente verrei scelto io. E lui mi odia visceralmente.»
«Non è una buona ragione.»
«Per lui, sì.»
«Non dobbiamo permettergli di fare quello che vuole. Dobbiamo essere audaci. Rivoluzionari!»
Stoner, improvvisamente stanco, svuotato d’ogni energia, si appoggiò alla porta. «Cosa vorrebbe dire?» chiese.
«Dobbiamo scavalcare McDermott e dare inizio al nostro programma spaziale.»
Stoner rise. «E come facciamo?»
«Non ho ancora idee precise» rispose onestamente Markov. «Però possiamo partire da noi due, e reclutare altra gente. Creeremo un movimento rivoluzionario sotterraneo.»
Stoner capì che parlava sul serio, dietro il tono faceto. «Ci occorrerà qualcuno del centro computer per tenerci informati sui movimenti della nave» disse.
Markov sorrise. «Ho la persona giusta. Un’americana, Jo Camerata.»
«Jo?» Stoner lanciò un’occhiata tagliente al russo. «No, non lavorerebbe con me.»
«Ah, però con me sì» disse Markov.
Stoner fu invaso da un’ondata improvvisa di rabbia. Stupito delle proprie reazioni, soffocò l’ira.
Alla fine, riuscì a dire: «Okay. Lavorerete con lei.»
Markov studiò attentamente il viso dell’americano. «Allora è lei.»
«Lei cosa?» chiese freddamente Stoner.
«Quello che le vuole bene.»
«No.» Stoner scosse la testa.
«Allora perché sembra che le abbiano appena infilato un coltello nel fegato?»
«Senta, Markov…»
«Kirill.»
«Okay, Kirill. Jo e io abbiamo avuto una storia mesi fa, ma adesso è tutto finito. Morto.»
«Eppure riesce ancora a ferirvi molto bene.»
«Ferirci? Jo si sente ferita?»
Markov annuì gravemente.
«Per colpa mia?»
«Così sembra.»
Stoner cercò di valutare quel nuovo dato, che però non trovava un posto logico nella sua mente. «Non capisco» mormorò.
«Nemmeno io» disse Markov, con un sospiro. «Ne sono follemente innamorato, sai, però prevedo che non me ne verrà nulla di buono. Penso che forse anche tu ne sia follemente innamorato, ma non l’hai ancora ammesso con te stesso.»
Stoner non rispose. Il suo cervello era in corto circuito: niente output.
Markov fece un sorriso timido. «Le chiederò di unirsi alla nostra rivoluzione. Se non altro, avrò un motivo lecito per parlarle.»
Stoner si trovò solo sulla porta, confuso, incerto, perplesso.
La Ricerca di un’Intelligenza ExtraTerrestre (RTET) è un concetto di cui è giunto il momento. Un decennio fa all’incirca, solo pochi scienziati lavoravano in questo campo; le ricerche erano quasi inesistenti, e poche persone avevano sentito parlare della RIET. Oggi, però, centinaia di scienziati vi sono coinvolti, una dozzina di radio osservatori in tutto il mondo conducono vere e proprie ricerche, è sulla RIET si riflette in modo molto serio.
La Terra è la culla dell’umanità, e se anche noi siamo una civiltà giovanissima, emergente, ancora in fasce, siamo giunti al livello dell’adolescenza, per cui possiamo guardare oltre la nostra culla e raggiungere una prospettiva cosmica. Solo se riusciremo a comprendere appieno i rapporti che ci legano ai pianeti e alle stelle della nostra galassia, e all’universo tutto, potremo arrivare alla maturità. La RIET è un primo passo nella crescita dell’umanità…
Читать дальше