Mike Resnick - Il mangiatore d'anime

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Il mangiatore d'anime: краткое содержание, описание и аннотация

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Tra le leggende che si raccontano nei bazar e nelle taverne degli astroporti ce n’è una che riguarda un mostro interstellare detto “il Mangiatore d’Anime” ma chiamato anche in altri modi, come “la Bestia dei Sogni” o “lo Spolveratore dello Spazio” . Gli ingenui non ci credono affatto a questa leggenda, e la gente più seria ci crede solo fino a un certo punto. Ma chi ci tenesse a saperne di più, vada al Tchaka’s Bar di Northpoint, un pianeta verso il centro della Galassia, e chieda di un vecchio ubriacone che chiamano l’Antico Marinaio. Lui una volta l’ha intravisto, il Mangiatore d’Anime.

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Sì.

Ma sapeva, con una certezza che non ammetteva discussioni, che ne aveva bisogno più di quanto la odiasse.

— Al diavolo! — mormorò, poi, con cura, quasi con tenerezza, puntò il vibratore al centro del Mangiatore d’Anime e l’attivò.

E invece della solita, violenta scossa fisica e mentale, sentì un gentile tentacolo emotivo estendersi progressivamente e avvolgerlo, insinuandosi in ogni centimetro, in ogni molecola, in ogni atomo del suo corpo e della sua mente. Rimase così per un poco, affettuoso, pieno di gratitudine, e poi si ritrasse.

Per qualche minuto Lane cercò di analizzare quello che la creatura aveva provato, e le sue reazioni. E quando finalmente capì quali erano le sue emozioni, e non le trovò ripugnanti, la creatura si protese ancora a raggiungerlo.

E questa volta, dolore e solitudine erano scomparsi.

23

Cacciatore e preda rimasero così a lungo.

Poi, un giorno, il Mangiatore d’Anime cominciò ad allontanarsi lentamente, e Lane lo seguì, perplesso. La creatura accelerò, ma Lane si mantenne alla stessa velocità sapendo che disponeva ancora di poco carburante. Dopo pochi minuti, la creatura rallentò, restando al passo con la nave.

E infine raggiunsero un buco nero grande quasi come quello in cui erano entrati in quel tempo e in quello spazio. Non c’era vortice roteante di gas e detriti, perché erano stati assimilati già da tempo immemorabile. C’era invece una tangibile assenza di tutto, all’infuori del buco stesso.

Il Mangiatore d’Anime fece tre approcci prima di trovare l’angolazione giusta e Lane, non avendo altra scelta, ne seguì le mosse. Poi si trovarono fra i due orizzonti apparenti.

Ancora una volta Lane si aspettò una reazione fisica, e ancora una volta non provò assolutamente niente. Guardò avanti e vide in lontananza il Mangiatore d’Anime, poi cercò di guardare indietro e scoprì che non riusciva a scorgere assolutamente nulla dell’universo che stava lasciando.

Non seppe per quanto tempo fosse rimasto nel buco nero, o quanta strada avesse percorso, perché tempo e distanza qui erano del tutto privi di significato, ma alla fine la Deathmaker fu scagliata in un altro universo.

Il suo universo.

Lane controllò i punti di riferimento stellari, inserì i dati nel computer, e scoprì di trovarsi a metà strada fra il nucleo galattico e la Frontiera Interna. Il Mangiatore d’Anime si era fermato ad aspettare la nave, ed ora fluttuava ondulando a poche centinaia di chilometri.

Lane controllò i sistemi della nave, scoprì che erano in ordine, ma che gli occorrevano carburante e acqua. Inserì una rotta per Rabot IV, il più vicino dei mondi di frontiera dove avrebbe potuto rifornirsi. La creatura capì che aveva intenzione di atterrare e, in rapide successioni, gli trasmise un senso di perplessità, dolore, infelicità e panico. Lane cercò di rassicurarla, di lenire i suoi timori, ma non sapeva come fare.

Poi, mentre la Deathmaker entrava in orbita dopo aver ricevuto da terra le coordinate e il permesso di scendere, il terrore prese il sopravvento e la creatura fuggì nella direzione opposta.

Lane riempì i serbatoi dell’acqua e del carburante, acquistò altre provviste, cercò senza successo di aver notizie della Rachel , e quando tutto fu sistemato, la Deathmaker decollò per l’ultima volta.

Il Mangiatore d’Anime lo aspettava al di là di Rabot, come lui aveva previsto. Poi, contenti e sereni, si avviarono alla stessa velocità e continuarono il loro viaggio senza fine nel vuoto dello spazio, che pareva in certo qual modo un po’ più piccolo e un po’ meno spaventoso.

EPILOGO

Passò il tempo.

Gli anni vennero e se ne andarono, com’è loro abitudine. La Democrazia stava vivendo un ultimo momento di potenza e saldezza prima della dissoluzione finale. Il credito era di nuovo stabile, ma lo era solo momentaneamente.

Anche i Gufidiavoli erano entrati a far parte della categoria delle specie estinte. La cura per l’eplasia non era risultata così definitiva come si era sperato nei primi tempi, e la malattia perdurava ancora.

E, come sempre, i mondi di frontiera prestavano a queste notizie ben poca attenzione e ci pensavano ancora meno.

Il locale di Tchaka era affollato.

Seduti spalla a spalla a tutti i tavoli c’erano i cacciatori, gli esploratori, gli avventurieri, i disadattati venuti a cercar fortuna alla frontiera. In fondo alla stanza, un gruppo di Dabihs era alla ricerca di un ingaggio come conciapelle in qualche spedizione di caccia. Vicino alla porta, quattro trafficanti del mercato nero cercavano di imbrogliarsi a vicenda. In piedi, in un punto dove l’illuminazione lo faceva meglio risaltare c’era un minatore elegantemente vestito e ingioiellato che era arricchito di recente grazie a un colpo di fortuna. Due prostitute si riposavano bevendo qualcosa al banco.

Tchaka in persona serviva i clienti. Era un po’ appesantito, la sua faccia era un po’ più rugosa e le nocche della mano destra erano ancora gonfie a causa di un pestaggio avvenuto la settimana prima, ma era sempre imponente e vigoroso.

L’occhio artificiale lampeggiava scintillando luminoso come sempre, e la lucertolina nel lobo dell’orecchio faceva parte della trentasettesima generazione di quei gioielli vivi. Tre giovani, barbuti e baffuti per farsi credere più vecchi, col cappello piantato sulle ventitré, gli stivali un po’ troppo nuovi e lucidi, stavano seduti a un tavolo vicino al banco. Avevano ormai esaurito la loro limitata scorta di avventure e adesso stavano discutendo amichevolmente.

— Chiedilo a Tchaka — disse uno dei tre. — Vedrai che lui lo sa di certo.

— Ci scommetto — disse un altro. — Ehi, Tchaka ci puoi aiutare?

— Bionda o bruna? — sogghignò Tchaka. — Sono sempre disposto a farmi in quattro per un cliente che paga.

— Più tardi — disse il giovane. — Prima ci devi dire una cosa.

— Avanti, sentiamo — disse Tchaka chinandosi sul banco per dare un pizzicotto a una delle ragazze che stavano passando in quel momento.

— I miei amici, qui presenti — disse il giovane con una certa qual condiscendenza, — credono che ci sia qualcosa di vero nella nuova leggenda dell’Olandese Volante.

— Non conosco neanche la vecchia — disse Tchaka.

— Quella parlava di un capitano costretto a navigare lungo gli oceani della Terra per l’eternità a meno che la maledizione non fosse annullata dall’amore di una donna. Adesso, invece, dicono che un uomo incredibilmente vecchio e intrattabile dalle parti della frontiera, sia condannato a continuare a dar la caccia a qualcosa o qualcuno che nessun altro ha mai visto.

— Dicono che la sua nave non scenda mai a terra — aggiunse un altro dei tre, — e che fugga appena qualcuno si avvicina.

— E voi volete la mia opinione? — chiese Tchaka.

— Sì, cosa ne pensi?

— Preferisco la prima versione — rispose Tchaka con un sorriso che nessuno riuscì a interpretare.

— Non volevo dir questo — insisté il giovane. — La storia è vera o no, secondo te?

Un minatore dai capelli grigi, che era stato ad ascoltare attentamente, si avvicinò al gruppo. — È una favola inventata da qualche spaziale debole di mente tanto per passare il tempo — disse. — A questa stregua potreste anche credere… — s’interruppe per cercare l’esempio più calzante — … nell’esistenza della Bestia dei Sogni.

I tre giovani si guardarono scoppiarono a ridere, e dopo un istante anche Tchaka si unì alla risata gettando indietro la testa, coi denti d’oro che brillavano come piccole stelle nella caverna della sua bocca.

FINE
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