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Eric Russell: Le sentinelle del cielo

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Eric Russell Le sentinelle del cielo

Le sentinelle del cielo: краткое содержание, описание и аннотация

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Eric Frank Russell ritorna con queste sue sentinelle degli spazi cosmici e dell’umanità che ormai dilaga per tutta la Galassia. È un romanzo di enigmatiche visioni sideree, di “presenze” inconoscibili, di vaghe minacce provenienti dalle profondità ignorate dello spazio. Ed è il romanzo di David Raven, naturalmente, il telepatico agente segreto della Triade Planetaria, e della bellissima Leina. La coppia ha in comune, tra molte altre cose, un segreto soprannaturale; e grazie ai poteri straordinari di cui è dotata, vigila sull’umanità. Sono David e Leina, le sentinelle del Cielo. Insieme, scrutano il cielo, vigili, in agguato, faccia alle stelle. La fascia favolosa della Via Lattea palpita sui loro capi, mentre nell’ombra, chi sa dove, incombe l’atroce minaccia delle astronavi di Deneb. Da troppe generazioni ormai, la razza umana, colonizzando i pianeti, è rimasta esposta alle insidiose radiazioni cosmiche; e le nuove specie dei “mutanti” fanno capolino ovunque, dando origine a nuove razze umane. Con questo romanzo, E.F. Russell ha saputo narrare l’epopea siderale di un futuro che potrebbe anche essere vero…

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Cos’era successo quando aveva premuto il pulsante? Avevano sperimentato su di lui e sulle due cavie qualche diavoleria spaventosa? Era stato scagliato nel passato, nel futuro, in qualche altra dimensione? O, peggio ancora, infinitamente peggio, avevano aggiunto una mente mutilata a un corpo mutilato?

Poi si rese conto che non sentiva più i dolori che gli avevano tormentato la vita negli ultimi due anni. Fu una lieta sorpresa, che gli fece cessare il pazzo turbinio della mente. E a poco a poco cominciò a coordinare le idee, incerto, come un bambino.

Gli sembrò di volteggiare in mezzo a una miriade di bolle lucenti, colorate, piccole e grandi. Gli parve di essere una piccola barca senza timone, trascinata dalla corrente di un grande fiume iridescente di bolle.

Il dolore era scomparso, e c’era soltanto questo ondeggiare sonnolento in mezzo a una corrente di mille colori, in una pace infinita. Lomax aveva sonno, ed era felice di questa sonnolenza. Avrebbe voluto che durasse per sempre.

Poi la sua mente si scosse, si fece attiva e venne sollecitata all’attenzione.

Gli parve che dalle bolle sorgessero mille voci che non erano vere voci ma che potevano essere comprese come se fossero normali.

Qualcuna parlava da molto lontano con brevi frasi staccate. Altre giungevano da più vicino. Curioso. Avevano tutte una udibilità unicamente mentale, ma lui poteva anche stabilire con precisione, per un motivo che non riusciva ancora a comprendere, la direzione da cui provenivano, e da quale distanza.

“Restate con lui.”

“Può darsi che non abbia motivo di vendicarsi, ma restate con lui. Non vogliamo più impulsi pericolosi come quelli di Steen.”

“Ha detto di essere pronto. Perciò dovrebbe adattarsi presto.”

“Non è mai facile, anche se si è pronti.”

“Deve imparare che nessun uomo deve essere un nemico.”

A poco a poco, cominciò a comprendere qualcosa, pur continuando a chiedersi se si trattava di un delirio dovuto a una mutilazione mentale. In modo confuso si rese conto che le entità conosciute come Raven e Leina erano ancora presenti. Lo stavano tenendo, benché senza toccarlo, e volteggiavano insieme a lui in mezzo alla nebbia di bolle.

Non erano gli stessi, eppure sentiva che erano loro, senza ombra di dubbio. Era come se li vedesse guardandoli internamente.

D’un tratto, il senso di percezione divenne chiaro. La miriade di bolle si allontanò prendendo posizione a una enorme distanza. Divennero soli e pianeti luccicanti in mezzo allo spazio di eterna oscurità.

La nuova visione non era stereoscopica e mancava di prospettiva, tuttavia Lomax poteva calcolare con estrema precisione le distanze relative. Sapeva quali bolle fossero più vicine, e quali più lontane. E a quale distanza si trovassero.

“Charles! Charles!”, sentì chiamare Lomax mentre si trovava ancora in compagnia delle due creature.

La risposta giunse da lontano.

“Eccomi, David!”

Non erano stati usati quei nomi, ma pensò a quelli perché non aveva potuto afferrare i nomi nuovi. Tuttavia sapeva a chi si riferivano. Questo fenomeno non gli suscitò curiosità, né lo fece pensare, perché si era concentrato nella contemplazione delle bolle che riempivano il cosmo.

Le superfici di certe sfere erano perfettamente visibili in ogni particolare. Molte erano abitate da creature di strane forme… esseri che saltavano, che strisciavano, che vibravano, esseri di fiamma, esseri ondeggianti… una varietà infinita di creature, per lo più di livello evolutivo basso.

Soltanto una forma aveva raggiunto un livello superiore. Si trattava di esseri con un corpo allungato e sinuoso, ricoperto di pelle grigia. Avevano un cervello molto sviluppato, e organi di percezione extrasensoriale. Avevano poteri telepatici, ma su una banda limitata alla loro specie. Potevano pensare come singoli individui, oppure combinarsi mentalmente e pensare come massa.

Questi esseri giravano per lo spazio in lunghi scafi neri, esploravano gli altri mondi, pattugliavano gli abissi, stendevano carte delle costellazioni, riferivano alle loro basi, e continuavano le ricerche, senza mai fermarsi.

I Deneb!

Si credevano i signori del creato.

Assimilando dati inviatigli da chissà dove, Lomax comprese parecchie cose che riguardavano i Deneb. Erano in cima alla scala delle forme di vita e avevano grande tolleranza per gli esseri che consideravano inferiori. Ma non potevano ammettere di dividere il cosmo con una forma di vita identica alla loro… o superiore.

Eppure esisteva!

Così, da innumerevoli secoli i Deneb esploravano i mondi alla ricerca di quella forma di vita che poteva competere con loro. Avrebbero distrutto immediatamente i rivali, se fossero riusciti a individuarli. I loro scafi neri esploravano, ed erano giunti nelle vicinanze delle colonie che certi bruchi bianchi, bipedi avevano fondato su vari pianeti distanziati.

Lomax provò un particolare interesse per queste piccole creature. Poveri piccoli bruchi operosi, che cercavano o speravano di costruire astronavi che non sarebbero mai riuscite ad attraversare che una minuscola parte del creato. Bruchi malinconici, pensierosi, estatici, ambiziosi, e anche dittatori.

Con tutta probabilità, c’erano tra loro individui leggermente meglio dotati, con capacità superiori a quelle dei bruchi normali. Si consideravano di certo superiori perché potevano esercitare una porzione di poteri del tutto normali, ma che venivano definiti paranormali. Qualcuno forse poteva leggere la mente di un bruco al limite irrisorio dell’orizzonte di una sfera. Altri forse potevano incantare un bruco e costringerlo alla completa obbedienza.

Ciascuna colonia senza dubbio aveva sviluppato una bruco-cultura, una bruco-filosofia e una bruco-teologia. Essendo incapaci di concepire qualcosa di infinitamente più alto, forse alcuni pensavano di essere l’immagine del superbruco onnipotente.

Di tanto in tanto, qualche audace forse si azzardava a sporgere il capo dal nascondiglio per scrutare nell’oscurità la falena dagli occhi lucenti che volava nella notte senza fine. Poi si ritirava impaurito, tremante, del tutto incapace di riconoscere… se stesso!

Un enorme impeto di vita s’impadronì di Lomax, man mano che comprendeva gli elementi. I bruchi! I piccoli! Dotati di una potenza enorme, vide Raven e Leina, Charles e Mavis come mai aveva visto nessuno prima di allora. Gli stavano ancora vicino, e lo aiutavano, lo curavano, lo incitavano ad adattarsi al nuovo ambiente.

“I piccoli bruchi a due gambe!” stava gridando. “ I nostri! Le nostre larve che stanno aspettando la loro metamorfosi naturale! Se i Deneb, incapaci finora di riconoscerli per quello che sono, dovessero apprendere la verità da una mente illuminata su una delle colonie, distruggeranno sistematicamente tutti i bruchi. Se un bruco apprenderà troppo, tutti i bruchi forse saranno distrutti, da un capo all’altro del cielo.”

“Non accadrà mai!” assicurò quello che Lomax aveva conosciuto come Raven. “ Non verranno mai a saperlo. Su ogni nido ci sono due osservatori che vivono nel corpo di un bruco, preso col permesso del vecchio proprietario, come io ho fatto con David Raven. Sono dei guardiani. In coppia. Ne basterebbe uno, ma il secondo serve per rompere la solitudine.”

“Il posto che abbiamo… che avete lasciato?”

“È già stato preso da altri due.”

Si staccarono da lui, muovendosi silenziosamente nelle immense profondità che erano il loro campo d’azione naturale. I Deneb erano la forma di vita più elevata legata alle bolle planetarie. Ma questi , più elevati di loro, finita la fanciullezza di bruchi, non erano legati a niente. Diventavano le creature supersensibili, dai molteplici poteri e dai grandi occhi, che solcavano gli spazi.

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