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John Shirley: La musica della città vivente

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John Shirley La musica della città vivente

La musica della città vivente: краткое содержание, описание и аннотация

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Il tema della città è stato più volte sfruttato in fantascienza, da quelle volanti di James Blish a quelle del lontano futuro di Clifford Simak. Ma nessuno, prima di John Shirley, aveva esplorato con tanta efficacia il mito della città vivente, organismo tipico del XX secolo e dintorni. Se le città hanno davvero un’anima, è possibile che sia maligna? E ammesso che si tratti di organismi senzienti, è concepibile che il rock sia l’equivalente della loro musica delle sfere? Lo scoprirà il lettore in questo thriller metropolitano ante-litteram, il libro che alla fine degli anni Settanta consacrò John Shirley come uno dei più promettenti autori di fantascienza moderna.

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— Dove?

— Su Overview.

— Già. Legge sempre qualche stronzata — disse una delle altre, accendendosi uno spinello.

— L’articolo diceva che sei un uomo tutto d’un pezzo, Cole. E tu raccontavi certe cose che faranno schiattare qualche testa di cavolo di vigilante.

— Cioè? Non ricordo. Un tizio mi ha fatto delle domande e io ho risposto e poi me ne sono dimenticato. Non avrei dovuto lasciarmi intervistare.

— Dicevi che i vigi lavorano per ì delinquenti più grossi che vogliono mettere le mani sulle puttane, solo che il sindacato delle puttane non li ha lasciati fare, e allora quelli hanno assunto i vigi per dare una lezione alle puttane, e che fanno finta di sentirsi offesi nel loro senso morale ma in realtà vogliono solo diventare pro…

— Ha maledettamente ragione — disse una delle tre, ma Cole non capì quale. Era preso dalle preoccupazioni. A Oakland, i vigi avevano distrutto a furia di bombe incendiarie un club solo perché il proprietario lasciava entrare le prostitute…

Cole disse: — Ci vediamo più tardi, signore — e s’incamminò, tirando calci ai rifiuti sparsi per terra di un bidone della spazzatura rovesciato. Uno scarafaggio grande come un topo gli corse sullo stivale; Cole lo lanciò lontano, rabbioso. L’insetto andò a sbattere sul parabrezza di una Mini-Cad elettrica.

Cole raggiunse una cabina telefonica con lo schermo per le videonotizie, sedette sullo sgabello di metallo, inserì la carta di credito nel foro, impostò sulla tastiera il codice delle riviste. Sullo schermo sopra il telefono apparve l’indice delle riviste disponibili, e lui scelse il numero del maggio 1991 di Overview. Apparve l’indice della rivista. Cole batté sulla tastiera il numero di pagina che gli interessava.

TRE UOMINI E TRE NIGHTCLUB

Ho trascorso tre sere a parlare coi proprietari di tre club, e ho scoperto tre sfaccettature differenti della stessa città. Venerdì sono andato a trovare Billy Russiter, proprietario dell’elegante Carlton di…

Cole fece una smorfia d’impazienza. Premette il pulsante di scorrimento veloce finché non trovò la parte dell’articolo dedicata al club Anestesia.

…il particolarissimo senso dell’umorismo di Stuart Cole si svela in pieno nel nome del locale e nel suo arredamento. Tutti noi, naturalmente, andiamo al bar per anestetizzarci, per calmare il dolore con l’alcol e con la distrazione di uno spettacolo, per perderci tra la folla. Il club è (o meglio era, prima che quasi tutti i mobili venissero distrutti e la vernice fosse graffiata via) dipinto e arredato in modo da ricordare una corsia d’ospedale. La fila centrale di tavoli è costituita di letti singoli da ospedale, solo che al posto dei materassi ci sono ripiani di legno; qua e là spuntano piedistalli per fleboclisi, armadietti di medicinali, e alle pareti sono appesi diagrammi clinici. Ovviamente, molto dell’effetto, compreso il bianco delle pareti, si perde quando le luci si abbassano e un gruppo attacca a suonare sul piccolo palco…

Stu Cole è un uomo di mezz’età, forse più giovane di quanto non sembri, invecchiato dalle difficoltà della vita e dai molti lavori difficili che ha svolto. Sta perdendo i capelli, e la sua espressione cortese non riesce a nascondere le rughe di preoccupazione.

Cole aggrottò la fronte poi cominciò a leggere l’intervista.

Overview : — Sei giunto qui da New York City, dieci anni fa?

Cole : — Vivevo a New York da otto anni, sì. Però sono nato nella zona costiera. Sono cresciuto a Oakland e Berkeley. Ho una grande affinità con la Costa. Ho sempre sognato San Francisco, ed erano sogni molto vividi!, anche dopo sei anni di residenza a New York. Probabilmente è per questo che sono tornato.

Overview : — Cosa facevi a New York?

Cole : — È una domanda troppo generica. Se vuoi sapere come facevo a sopravvivere, allora… Be’, ho iniziato come checca.

Overview : — Una prostituta di sesso maschile?

Cole : — Già. Volevi un’intervista sincera, giusto? In genere andavo con vecchi gay, ma mi è capitata anche qualche coppia eterosessuale. Io non ero particolarmente gay, ma se mi pagavano riuscivo a cavarmela piuttosto bene. Però era una vita grama. Ho smesso quando un tale mi ha piantato sotto la pioggia, nel cortile dietro una stazione ferroviaria di Queens. Mi ha sbattuto fuori dalla macchina mentre mi stavo rivestendo. Ho vinto una borsa di studio e sono andato all’università.

Overview : — E so che ti sei laureato con la lode ma hai rifiutato la laurea. Perché?

Cole : — Pensavo che la laurea fosse una cosa elitaria, inutile, che serve solo ad allontanarti dall’uomo comune. Io non volevo allontanarmi dall’uomo comune. Mi sono sempre sentito, come dire?… alienato, forse, dalla gente, e questo non ha fatto che accrescere il mio bisogno di appartenere a qualcuno, a qualcosa. Per cui, probabilmente, per tutta la vita ho cercato solo una situazione che mi desse la sicurezza di appartenere. Avevo bisogno di una famiglia. Non ho mai avuto rapporti stretti coi miei genitori. Mia sorella chissà dov’è finita. Adesso, tutto quello che ho è il mio club, e la mia… be’, sì, tutta quanta questa fottuta città.

Overview : — Strano. La gente che abita a San Francisco ha uno spiccatissimo senso di appartenere alla città. Qualcuno è addirittura fanatico su questo punto.

Cole : — Credo di essere fanatico anch’io. Fanatico… Ma non nel senso di pensare o così , o niente. C’è un sacco di gente che dà fuori di testa perché la città è piena di turisti. Per me i turisti fanno parte dell’ambiente. La sopravvivenza della città dipende da loro. Da un certo punto di vista, questa è una città unica perché è terribilmente compressa. Voglio dire, quasi tutti vivono su questa minuscola penisola, su queste colline ripide. Il che significa che le comunità latine e le comunità nere e i filippini e i cinesi e i giapponesi e i gay, gay da per tutto, e gli arabi e gli indiani e i bianchi della media borghesia si sfiorano di continuo, che i diversi ghetti si fondono l’uno nell’altro. Per cui si crea un forte senso di comunità, credo.

Overview : — Avverto una certa incertezza nel tuo modo di parlare, Stu. Sembra quasi che oscilli tra il linguaggio dell’uomo della strada e il linguaggio del laureato…

Cole (ride): — Be’, c’è educazione ed educazione. Per quanto mi riguarda, ho scoperto che l’educazione della strada è più utile. Comunque sì, penso di essere uno strano miscuglio. Ho conosciuto parecchie persone che appartengono a quella che i giornali chiamano malavita, un sacco di artisti e fotografi… Probabilmente cerco solo di entrare a fondo in questa città, in tutte le sue parti. Dieci anni fa, quando ho assunto una marea d’impegni, quando mi sono indebitato fino al collo per dare vita al club, forse cercavo di trovare un terreno neutrale per entrare in contatto con la città nella sua totalità. Per un po’ il club è rimasto identico a tanti altri, ma io avevo bisogno di modificarlo. Ma lo sai che qui vengono i tipi più diversi di persone? Voguer, neo-punk, transessuali, cibernetici, la gente più perbene che uno possa incontrare e i peggiori relitti…

Overview : — Però mi sembra che tu te lo stia cercando, coi programmi che offri. Show multimedia, artisti di cabaret, gruppi soul, gruppi rock, complessi jazz, band da hit parade… E adesso Catz Wailen…

Cole : — Catz la conosco da tanto tempo. All’inizio di ogni decennio è destino che spunti qualcuno come lei. Per ripulire l’atmosfera. Negli anni Sessanta ci sono stati Bob Dylan e Lou Reed e Hendrix, negli anni Settanta Patti Smith, negli anni Ottanta John Lydon…

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