Lloyd Biggle Jr. - Ai margini della Galassia

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Ai margini della Galassia: краткое содержание, описание и аннотация

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“Lo scatto di rabbia che Forzon quasi si aspettava non venne. Il re, evidentemente, considerava l’Intendente Jef Forzon come un enigma da risolvere più che come un prigioniero da castigare. Inclinò il capo di lato e considerò Forzon con un’espressione di grande perplessità. Improvvisamente scattò in piedi, guardando fisso verso le feritoie… Sopra la città, alto, squillante e morbido, destando mille echi rifrangenti, veniva dalontano il suono delle trombe.”
Che cosa accade ai margini della Galassia, oltre confine, dove l’Ente per le relazioni interplanetarie non riesce a creare nel continente Kurr del pianeta Gurnil le condizioni per l’ammissione alla Federazione?
“La Democrazia imposta dall’esterno è la più grave forma di tirannia”: questa è la legge numero uno dell’Ente, che deve perciò svolgere la sua opera come un Servizio Segreto. Ma in Kurr i suoi uomini si trovano di fronte a un popolo gentile, prospero e felice del proprio stato. E forse il male è all’interno dell’Ente stesso.

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Gasq si precipitò.

«Io me ne vado. Subito.» Fece un gesto verso Forzon e Ann. «Portate anche loro. Fate presto. Parlerò ora al Capitano della Guardia. Appena saremo fuori, si apriranno i cancelli affinché il popolo si persuada che qui i trombettieri non ci sono.»

Uscì dalla sala.

Forzon disse sbigottito: «Perché se l’è presa con Wheeler e non con me?»

«Lo avete sentito» disse Ann. «Voi non chiedete nulla per voi. E non avete fatto l’errore di suggerirgli ciò che doveva fare.»

I carri reali erano squisiti esempi di ebanisteria; ma sobbalzavano con la stessa brutalità e scricchiolavano con lo stesso frastuono dei carri che adoperava Ultman per trasportare i tuberi. La carovana uscì da una porta posteriore del palazzo, ogni carro trainato da tre esg in fila; con meraviglia di Forzon, le pesanti bestie presero il trotto sin dall’inizio. File di soldati marciavano parte per parte. La gente che assistette alla loro partenza li guardò con indifferenza; era troppo distante per sapere ciò che accadeva sulla piazza davanti al castello, e nessuno si rese conto che il re fuggiva.

I carri passarono veloci per le vie deserte, varcarono una delle porte cittadine dove le guardie si accucciarono sull’attenti, e proseguirono per una strada a fondo naturale sollevando nubi di polvere. Secondo Ann, si dirigevano verso i possedimenti reali dove il re aveva la sua residenza di campagna e manteneva un’importante guarnigione. Vi aveva già spedito la regina e i giovani figli dopo la prima insurrezione.

Gli esg non mantennero quell’andatura molto a lungo; ripresero il loro normale passo pesante e i carri procedettero con lentezza attraverso le campagne del Kurr. A mezzogiorno raggiunsero un villaggio all’incrocio di due strade. Il re passava spesso da quelle parti e i contadini che avevano visto arrivare il corteo del re si erano già schierati per porgergli il benvenuto. Cibo e bevande furono offerti ai passeggeri rimasti nei carri, mentre la truppa accaldata si dirigeva sul villaggio per acquistare, con monetine sonanti, il vino di produzione locale. Il re fece chiamare Gasq vicino al suo carro e conversarono mentre il resto della carovana si faceva un comodo picnic.

Il tempo trascorreva. Lunghe file di soldati polverosi giungevano da sud lungo la via, sparpagliandosi dappertutto in attesa di ordini. Un altro contingente, più piccolo, arrivò a marce forzate dall’ovest.

«Ha inviato corrieri veloci dappertutto» commentò Ann. «Entro domani avrà raddoppiato le sue forze militari, e se gli lasciano tempo un settimana, queste raddoppieranno ulteriormente.»

Quando il re diede infine il segnale della partenza, la carovana si allontanò, ma di poco, nella campagna ondulata a sud del villaggio. Arrivati sulla cresta di una collina, il re fece schierare le sue truppe in posizione. Non era un ordine di battaglia ma una formazione di attesa, all’ombra dei radi boschetti. Dopo un po’ arrivarono i carri dal sud con le provviste e mentre le truppe si rifocillavano il re andò da un gruppo all’altro impartendo ordini.

Durante il viaggio sotto il sole cocente egli si era tolto le vesti regali. Camminava con passo energico, nella sua voce risuonava un accento di ritrovata autorità, e aveva gli occhi vivi e svegli.

Tuttavia, pareva triste. In ultimo si avvicinò al carro dove sedevano Ann e Forzon circondati dalle guardie. Forzon disse: «Credete che il popolo vi inseguirà?»

«Ci insegue già» disse il re. «Sarà qui tra poco. La mia gente…» Guardò impassibile l’orizzonte. «Avevo inviato dei messaggeri per avvisarli che i trombettieri non si trovano qui, che sono liberi a Kurra o, se non lo sono, li troveranno ed avranno la facoltà di suonare liberamente. Ciononostante, ci inseguono ancora. Temo seriamente che prima di perdonarli dovrò sconfiggerli in battaglia.»

Si allontanò.

Forzon disse: «Non sarà una gran battaglia. Le sue truppe sono ben armate, ben riposate e combatteranno sul terreno scelto da lui. Questa collina è troppo ripida per essere assalita da cittadini disarmati e accaldati dopo una lunga marcia. Credo che il re avrà occasione di esercitare la sua indulgenza.»

Ann non disse nulla e Forzon tenne per sé l’idea che, dopo questo scontro campale, Re Rovva sarebbe stato un uomo migliore e un re migliore.

Udirono la folla inseguitrice prima ancora di vederla. La udirono come un lontano, confuso ansimare che di tanto in tanto eruttava una parola: Trombettieri! Quando superò la cresta della collina dirimpetto, il re gridò un ordine alle sue truppe che si schierarono in ordine di battaglia.

«Guardate!» mormorò Ann. «Rastadt!»

Sempre portato a spalla, videro per un attimo la sagoma del coordinatore stagliarsi contro il cielo, poi la folla cominciò a fluire, si rovesciò dalla collina verso la valle. Avanzava con la stessa lenta determinazione con la quale aveva attraversato la piazza del castello. Riempì tutta la valle. L’avanguardia, con Rastadt in prima fila, cominciò a risalire la ripida china verso lo schieramento delle truppe del re, sempre avanzando con misurata, calma lentezza, sempre come l’onda della marea montante. Dietro l’avanguardia, la folla continuava a fluire di là dalla collina e scendeva a valle. Anche se la preda era stata avvistata, non vi fu alcun grido. Era una folla esausta, silenziosa, che continuava ad arrivare, muta fiumana di migliaia di persone.

“E se continua ad affluire in quella maniera” pensò Forzon, “può anche vincere. Non c’è schieramento di truppe che possa fermare una marea montante che ha dietro di sé l’oceano.” Più vicino, sempre più vicino giungeva la folla, e Forzon e Ann scrutavano attenti i volti che avanzavano, cercandovi i membri della Squadra B che non potevano mancare di esservi, e attendendo col fiato sospeso l’urto della battaglia.

Tutto si fermò.

I visi si voltarono verso il cielo, rauche grida si levarono dalle due parti e un aereo scese in picchiata, rimbalzò e si fermò a pochi passi dal punto dove stava il re.

Wheeler ne uscì, pallido come uno spettro, col moncone del braccio sinistro avvolto in panni insanguinati. Andò vacillando verso il re e mentre le guardie balzavano in avanti per fermarlo, si sforzò a star dritto ed eseguì un inchino. Il re d’un cenno fermò le guardie.

Wheeler fece un gesto con la destra per indicare qualcosa. La sua voce perveniva chiaramente fino a loro; offriva al re di disperdere la folla.

Il re gli rise in faccia.

Per la durata di un istante pieno di grandiosità, la figura tarchiata di Re Rovva, eretto, con le spalle dritte, ebbe un’aura di maestosità.

«Il mio popolo deve rispondere a me» disse «ed io a lui.»

L’attimo dopo era morto. Con la mano destra Wheeler brandì un’arma, si vide un lampo ma non si udì alcun rumore, e il re si accasciò. Wheeler, col viso profondamente segnato dall’odio, si voltò verso Gasq e il piccolo gruppo dei consiglieri, impietriti dal terrore. Le guardie, i soldati, la gente si stringeva sul pendio della collina e sembrava colta da paralisi.

Ann tirò Forzon per il braccio. La porta del carro scricchiolò leggermente quando l’aprirono, ma nessuno vi badò. Passarono senza difficoltà davanti alle guardie, attraversarono lo schieramento delle truppe e discesero la collina. Una figura nota venne loro incontro. Hance Ultman. Sorrise, strinse le loro mani, li spinse in mezzo alla folla.

«Inchinatevi al vostro re!» urlò Wheeler.

I ministri tremanti s’inchinarono.

Wheeler si voltò con grida acute verso i soldati più vicini: «Inchinatevi al vostro re! Inchinatevi a re Blag!»

I soldati s’inchinarono.

«È pazzo!» disse Ann.

«Che cosa gli è successo?» chiese Ultman.

Ann glielo disse, e aggiunse: «Aveva una stazione radio, dentro il castello. Dopo aver perso il braccio deve essersi messo in contatto con l’aereo che lo è venuto a prendere per portarlo qui, calcolando il momento esatto in cui il re avrebbe avuto più bisogno di lui… e il re, invece, non ha voluto aver niente da spartire con lui.»

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