Gordon Dickson - Soldato, non chiedere!

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Andai da Janol. — Grazie.

— Di niente. — Non mi guardò e continuò a studiare le carte sulla scrivania.

— Janol — tentai. — Dimmi che cosa succede.

— Lo puoi vedere da solo — disse, senza alzare la testa.

— Non posso, invece, lo sai. Senti, mi dispiace per quello che ho fatto, ma si tratta sempre del mio lavoro. Non puoi dirmi che cosa succede adesso e combattere con me dopo.

— Sai bene che non posso azzuffarmi con un civile. — Si rilassò. — Va bene — disse, alzandosi — seguimi.

Mi portò vicino allo schermo dove c’erano Padma e Kensie e mi indicò una specie di triangolo scuro fra due linee luminose serpeggianti. Altre macchie e forme chiare formavano un cerchio attorno al centro scuro.

— Queste — disse, indicando le linee — sono i fiumi Macintok e Sarah nel punto in cui si uniscono, a quindici chilometri circa da questo lato di S. Giuseppe. È un terreno ondulato, con colline ricche di vegetazione e radure abbastanza aperte in mezzo. Un buon territorio per organizzare una strenue difesa, un brutto terreno per restare intrappolati.

— Perché?

Indicò i due fiumi.

— Se ammassi le truppe in questo punto, ti troverai con le spalle contro rocce a picco sul fiume. Non è facile attraversarlo e, dall’altra parte, non c’è copertura per ritirare le truppe, sono quasi tutti prati aperti fino a S. Giuseppe.

Le sue dita si muovevano dal punto dove le due linee convergevano fino oltre la zona scura, verso le altre forme luminose ad anello.

— D’altro canto, l’avvicinamento a questo territorio dalla nostra posizione è altrettanto scoperto, lungo strette strisce di terreno coltivato disseminate di pantani e acquitrini. È una situazione difficile per entrambi, se ingaggiamo qui la battaglia. Il primo che dovrà indietreggiare, si troverà presto nei guai.

— Pensate di manovrare?

— Dipende. Black ha mandato avanti l’artiglieria leggera e si sta dirigendo verso la zona stretta tra i due fiumi. Noi siamo decisamente superiori in numero e mezzi e non c’è ragione per non inseguirlo, fintanto che va a intrappolarsi da solo — disse, con un lieve fremito.

— Nessuna ragione? — chiesi.

— Non da un punto di vista tattico. — Janol osservava lo schermo. — Non dovremmo avere problemi, se non saremo costretti a ritirarci di colpo. E questo non dovrebbe succedere, a meno che Black non acquisisca un improvviso vantaggio tattico che ci obblighi ad andarcene.

Osservai il suo profilo.

— Come la perdita di Graeme? — chiesi.

Il suo tremito si trasferì su di me. — Per quello, non c’è pericolo.

Ci furono rumori e movimenti più accentuati intorno a noi e ci voltammo.

Erano tutti davanti a qualche schermo. Ci facemmo largo tra la folla e, guardando attraverso alcuni soldati e due ufficiali dello staff di Graeme, vidi l’immagine di un piccolo prato fra due pendii boscosi. Al centro, di fianco a un lungo tavolo, era infissa la bandiera degli Amici, bianca con un’esile croce nera. C’erano molte sedie pieghevoli da entrambi i lati, ma solo una persona, un ufficiale, che sembrava aspettare a lato del tavolo. C’erano cespugli di lillà ai margini del bosco e i fiori color lavanda erano ormai sfioriti, arrivati al termine della loro stagione. Quanta differenza dopo solo ventiquattro ore. Sul lato estremo sinistro dello schermo, potevo scorgere il nastro di cemento di un’autostrada.

— Conosco quel posto… — cercai di dire a Janol.

— Zitto! — disse, alzando il dito. Era sceso il silenzio intorno a noi e si sentiva una sola voce, davanti al nostro gruppo.

— …è un segno di richiesta di tregua.

— Hanno chiamato? — chiese Kensie.

— No, signore.

— Bene, andiamo a vedere. — Ci fu un movimento e il gruppo si divise. Vidi Kensie e Padma muoversi verso la zona di parcheggio degli aeromobili. Mi feci largo fra la folla che si apriva, come se facessi parte dello staff, per raggiungerli.

Sentii Janol urlare dietro di me, ma non ascoltai e raggiunsi Kensie e Padma che si voltarono.

— Voglio venire con voi — dissi.

— Va tutto bene, Janol — disse Kensie, guardando alle mie spalle. — Può lasciarlo con noi.

— Bene, signore — sentii Janol che si voltava e si allontanava.

— Così vuol venire con me, Signor Olyn? — disse Kensie.

— Conosco il posto — dissi. — Ci sono passato stamattina presto. Gli Amici stavano piazzando delle armi tutt’intorno, sulle colline. Non intendono parlamentare.

Kensie mi guardò a lungo, come se stesse decidendo una tattica.

— Andiamo, allora — disse e, rivolto a Padma: — Si fermerà qua?

— È una zona di guerra, meglio di no. — Girò il viso senza rughe verso di me. — Buona fortuna, Signor Olyn — aggiunse, e se ne andò. Scivolò via, silenzioso nella sua veste gialla e, dopo pochi passi, si voltò verso Graeme, che aveva quasi raggiunto un aeromobile militare. Gli corsi dietro.

— Era un velivolo da combattimento, meno di lusso rispetto a quello dell’Ambasciata, e Kensie non volava molto in alto, solo a pochi metri dal suolo, serpeggiando tra gli alberi. I posti erano angusti e la sua grossa persona traboccava, schiacciandomi. Sentivo la sagoma dura della sua pistola che mi penetrava nel fianco ogni volta che faceva un movimento di guida.

Arrivammo ai limiti del triangolo di bosco e colline occupato dagli Amici e salimmo lungo un pendio, al riparo sotto le ricche fronde delle querce.

Erano massicce e fitte, tanto da non permettere la crescita di un sottobosco. Sotto ai tronchi, simili a pilastri, c’era ombra e un terreno ricoperto dalle foglie marroni in decomposizione. Quasi in cima alla collina trovammo un’unità di truppe Esotiche ferma in attesa dell’ordine di attacco. Kensie scese e ricambiò il saluto del Capitano.

— Avete visto quel tavolo sistemato dagli Amici? — chiese.

— Sì, Generale. L’ufficiale e il tavolo sono ancora là, immobili. Li si può vedere dalla cima di quel pendio.

— Bene — disse Kensie. — Tenga qui i suoi uomini. Io e il reporter andremo a dare un’occhiata.

Mi fece strada, fra le querce. Dalla cima della collina, si vedevano un centinaio di metri di bosco in discesa e circa quattrocento metri di prato con al centro il tavolo e, a lato, la figura nera e immobile dell’ufficiale Amico.

— Che cosa ne pensa, Signor Olyn? — chiese Kensie, guardando fra gli alberi.

— Perché nessuno gli ha sparato? — chiesi, a mia volta.

Mi guardò con la coda dell’occhio.

— Se tenta di raggiungere il bosco — disse — abbiamo tutto il tempo per sparargli, se è proprio necessario. Ma non le ho chiesto questo. Lei ha visto di recente il Comandante degli Amici; le ha dato l’impressione di volersi arrendere?

— No — dissi.

— Capisco — rispose Kensie.

— Non avrà davvero pensato che voglia arrendersi? Che cosa glielo fa credere?

— I tavoli da tregua vengono in genere allestiti quando si vogliono discutere i termini di armistizio fra parti avverse — disse.

— Ma Black non le ha chiesto di incontrarlo.

— No. — Kensie teneva d’occhio la figura dell’ufficiale, immobile sotto al sole. — Credo che sia contro i suoi principi richiedere un negoziato, ma non farlo… forse se ci trovassimo uno di fronte all’altro a un tavolo.

Si voltò per segnalare con la mano. Il Capitano, che aveva atteso ai piedi del pendio, salì.

— Signore — disse.

— Vi sono forze nemiche fra quegli alberi al di là del sentiero?

— Quattro uomini in tutto. I nostri apparecchi ne hanno rilevato il calore in modo netto e chiaro. Non cercavano di nascondersi.

— Capisco. — Fece una pausa. — Capitano.

— Signore?

— Sia così gentile da scendere in quel prato e chiedere all’ufficiale Amico che cosa significa tutto ciò.

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