Gordon Dickson - Soldato, non chiedere!

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— Chi crede d’ingannare? — proseguii. — Chi? Vedo in lei come chiunque altro in tutti i Mondi può fare! So che voi sapete che le vostre Chiese Unite sono un’idiozia. So che voi sapete che il tipo di vita che le vostre canzoni inneggiano non è quello che pretende di essere. So che il Supremo Lume e la sua banda di vecchi rimbambiti sono un branco di tiranni assetati di potere a cui non importa niente della religione e di altro, ma solo di ciò che vogliono. So che lo sapete e lei deve ammetterlo.

E gli sventolai il memo sotto il naso.

— Lo legga.

Lo prese, mentre mi ritraevo tremando e osservandolo.

Lo studiò per alcuni istanti, mentre trattenevo il fiato. Non cambiò espressione e lo ridiede.

— Vuole un passaggio fino da Graeme? — dissi. — Possiamo superare le linee sull’aeromobile dell’Ambasciata. Può arrendersi prima di iniziare i combattimenti.

Scosse il capo. Mi guardava in modo strano, con un’espressione che non riuscivo a decifrare.

— Che cosa significa no?

— È meglio che lei stia qua — disse. — Anche con le insegne dell’Ambasciata, può essere pericoloso. — E si voltò, come per allontanarsi.

— Dove sta andando? — gridai, sbarrandogli la strada e sventolandogli il memo sotto al naso. — È autentico, non può ignorarlo!

Si fermò e mi guardò. Poi si scostò e mi prese il polso, spostandomi il braccio e la mano che teneva il memo. Aveva dita sottili, ma molto più forti di quanto pensassi, e così lasciai cadere il braccio anche se non volevo.

— Lo so che è autentico. L’avverto di non interferire più con me, Signor Olyn; devo andare. — Mi superò e uscì.

— Lei è un bugiardo — urlai, ma non si fermò. Dovevo fermarlo e, così, presi la solidografia e la ruppi sul pavimento.

Si voltò di scatto, come un gatto, e guardò i cocci.

— Ecco ciò che sta facendo — urlai, indicandoli.

Tornò indietro e, senza una parola, si inginocchiò e raccolse i pezzi, uno per uno, mettendoli in tasca. Poi si alzò e mi guardò con due occhi che mi tolsero il fiato.

— Se il mio dovere — disse con voce bassa, controllata — non fosse in questo momento di…

La voce si arrestò. Mi fissò ancora e, poco alla volta, vidi che l’espressione di odio nei suoi occhi si trasformava in una specie di stupore.

— Lei — disse piano — lei non ha fede.

Avevo aperto la bocca per parlare, ma ciò che disse mi bloccò. Rimasi fermo, come se qualcuno mi avesse dato un pugno nello stomaco e mi avesse lasciato senza fiato. Quel qualcuno mi stava ancora fissando.

— Che cosa le ha fatto pensare — disse — che quel memo avrebbe cambiato le mie decisioni?

— L’ha letto, no? — replicai. — Il Supremo dice che la vostra campagna è ormai considerata un fallimento, che non sarete più aiutati, ma che tutto ciò vi deve essere taciuto, altrimenti potreste farvi prendere dal panico e arrendervi.

— È così che lei ha interpretato le parole sul foglio? — disse. — In questo modo?

— E come dovevo leggerlo? In qualche altro modo?

— In modo da capire quello che dice realmente. — Era proprio davanti a me e non staccava gli occhi dai miei. — Lei lo ha letto senza fede, ha ignorato il Nome e la Volontà di Dio. Il Supremo Lume non ha scritto che ci abbandonava, ma che, essendo la nostra causa ormai consumata, ci metteva nelle mani del nostro Capitano e Dio. E ha aggiunto che non ne dovevamo essere informati perché nessuno di noi cercasse un vano martirio. Guardi, Signor Olyn, è tutto qui, nero su bianco.

— Ma non è questo il significato! Non è questo il significato!

Scosse la testa. — Signor Olyn, non posso lasciarla in queste condizioni, così deluso. Lo fissai incredulo. Provava compassione per me.

— È la sua stessa cecità a deluderla — disse. — Lei non vede e crede che nessuno possa. Il nostro Dio non è solo un nome, è tutto ciò che ci circonda. Ecco perché non abbiamo arredi o decorazioni nelle nostre chiese e disdegnamo qualsiasi schermo dipinto fra noi e il nostro Dio. Mi ascolti, Signor Olyn, la chiesa stessa è il tabernacolo della terra. I nostri Anziani Guida, anche se Prescelti e Consacrati, sono sempre uomini, non sono loro il nostro riferimento per la fede, ma solo la voce diretta di Dio in noi.

Fece una pausa. Non so perché, ma non riuscivo a parlare.

— Supponga che sia come lei dice — continuò, sempre più gentile. — Supponga che tutto ciò che lei dice sia un fatto e che i nostri Anziani siano solo dei biechi tiranni che ci hanno abbandonato qui per egoistici scopi personali, dettati da falsità e superbia. — Jamethon alzò la voce. — Lasci che mi riferisca solo a me stesso. Supponga che lei possa provarmi che i nostri Anziani hanno mentito, che la nostra stessa Alleanza è falsa. Supponga che lei possa provarmi — alzò il viso perché la voce mi arrivasse diretta — che tutto questo è perversione e falsità e che in nessuno dei Prescelti, nemmeno nella mia famiglia, c’è fede e speranza! Anche se mi potesse dimostrare che nessun miracolo mi salverà, che non ho nessuna anima e che, contro di me, troverò tutte le legioni dell’universo, io, comunque, io da solo , Signor Olyn, andrei avanti, come mi è stato comandato, fino alla fine dell’universo, al culmine dell’eternità. Perché senza la fede sarei soltanto povera terra, ma con la fede non c’è forza che possa contrastarmi!

Smise di parlare e, passando oltre, attraversò la stanza e uscì.

Ero ancora lì, come se mi avessero legato. Poi sentii un rumore nella piazza del presidio, il suono di un aeromobile militare che partiva.

Mi risvegliai di colpo dalla trance e corsi fuori.

Appena fui fuori, vidi che il velivolo stava decollando. Vidi Black e i suoi quattro fedeli subordinati e cercai di saltare per raggiungerli.

— Questo vale per lei, ma per i suoi uomini?

Non mi potevano sentire, lo sapevo, e non riuscivo a controllare le lacrime che mi scendevano sul volto, ma continuai a urlare comunque.

— Ucciderà i suoi soldati per dimostrare ciò che ha detto! Mi sente? Ucciderà uomini inermi!

Senza esitazioni, il velivolo si diresse rapidamente verso sud-ovest, dove convergevano le forze per la battaglia. E le spesse pareti di cemento del presidio deserto mi rimandarono un’eco stridula, insensibile, beffarda.

VII

Sarei dovuto andare subito allo spazioporto, invece ripresi l’aeromobile dell’Ambasciata e attraversai le linee verso il Centro Operativo di Comando di Graeme.

Ero così poco preoccupato della mia vita quanto poteva esserlo un Amico della sua. Mi sembra che mi spararono una o due volte, nonostante la bandiera dell’Ambasciata, ma non ricordo esattamente e, infine, trovai il Centro.

Non appena scesi, fui circondato da soldati. Mostrai le Credenziali e salii verso lo schermo visivo, posto all’aria aperta e accostato ad alte querce. Graeme, Padma e l’intero staff erano radunati lì e sorvegliavano i movimenti dei due eserciti. Si sentiva un bisbigliare continuo, a commento delle operazioni, sostenuto da un flusso ininterrotto di informazioni dal Centro di Comunicazioni, posto qualche metro più in là.

Era quasi mezzogiorno e il sole si trovava a picco sugli alberi; c’era molta luce e faceva caldo. Nessuno si curò di me per un bel pezzo; infine, Janol, mentre distoglieva lo sguardo dallo schermo per rivolgersi a un computer usato per la tattica, incrociò il mio sguardo. Il suo divenne freddo e continuò ciò che stava facendo. Ma io dovevo proprio avere un brutto aspetto, perché poco dopo prese una tazza, venne verso di me e l’appoggiò sopra a un computer.

— Bevi — disse solo e se ne andò. Lo portai alle labbra, mi accorsi che era whisky di Dorsai e lo trangugiai. Non sentii il sapore, ma, evidentemente, mi fece bene, perché il mondo ricominciò a delinearsi e ripresi a pensare.

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