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Edmond Hamilton: Agonia della Terra

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Edmond Hamilton Agonia della Terra

Agonia della Terra: краткое содержание, описание и аннотация

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Una bomba superatomica viene lanciata, da una nazione sconociuta, su una piccola città americana dove si cela un centro per le ricerche atomiche. L’esplosione ha per effetto di rompere la continuità del tempo e sbalestrare la piccola città, intatta, in un’epoca dell’avvenire, a milioni di anni nel futuro, in una Terra morente e arida, inabitabile e deserta. La Federazione delle Stelle, che governa tutti i mondi del futuro, interviene per evacuare la popolazione della città su un altro pianeta. Ma la popolazione si ribella, e, con l’aiuto di uno scienziato del futuro, alla Terra morente viene iniettata una potente carica atomica che ha la virtù di riscaldarla nuovamente. Gli ultimi superstiti rimangono quindi sulla Terra rinata e la vita degli abitanti della piccola città può riprendere il suo corso normale, nella eterna storia dell’Universo.

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Ringraziò ancora il Cielo che Carol fosse sopravvissuta con lui, e decise che ne avrebbe conservato l’affetto a qualsia­si costo.

Kenniston stava accendendo una sigaretta, mentre gli altri si alzavano. D’un tratto si Fermò di colpo. «A proposito, pensavo...»

Hubble gli sorrise.

«Lo so, lo so a che stai pensando. Pensavi al tabacco. Tu, e tutti gli altri, dovrete presto farne a meno.»

Mentre uscivano per far colazione alla più prossima cu­cina da campo, Hubble lo mise al corrente degli avveni­menti.

«McLain torna a Middletown a prendere motori a benzi­na e pompe. Dobbiamo rimettere subito in attività il sistema idrico della città. Può darsi che ci voglia del tempo per calco­lare la forza di propulsione del sistema. I vecchi abitanti do­vevano forse disporre di motori atomici, ma non ne sono si­curo.»

«E che è stato deciso, per il razionamento dei viveri?»

«Viveri e medicine verranno posti sotto controllo, in ap­positi magazzini. Verranno subito stampate tessere di razio­namento. L’uso delle automobili è vietato, naturalmente. Ognuno è confinato al suo quartiere, almeno per ora, per im­pedire infortuni. Abbiamo già organizzato squadre speciali per esplorare la città.»

Kenniston fece col capo un cenno di assenso.

Estrasse, prima di continuare, il mozzicone di una siga­retta, divenuto improvvisamente prezioso, poi proseguì: «Queste sono ottime cose, ma il principale problema sarà indubbiamente quello morale, Hubble.» Pensava a Carol, e aggiunse: «Non credo che questa gente potrà sopportare l’idea di essere rimasta sola sulla Terra.»

Hubble apparve preoccupato.

«Lo so» disse. «Ma vi devono essere altre persone, da qualche parte. Questa città non è stata abbandonata a causa di un improvviso disastro. Devono essere semplicemente evacuati per trasferirsi in altre città, in città migliori.»

«Ma nessuno ha risposto ai richiami radio» gli ricordò Kenniston.

«È vero. Ma credo che facciano uso di qualche cosa di diverso dal nostro sistema radio. È per questo che ho biso­gno del tuo aiuto, questa mattina, Ken. Ieri sera Beitz ha tro­vato un sistema di comunicazione, in un edificio poco lonta­no da questo. È dotato di grossi apparecchi, che Beitz ritiene siano a sistema televisivo. Sei più esperto di noi, tu, in queste cose.»

Kenniston dimostrò subito un acuto interesse, l’interesse del tecnico che nemmeno la fine di un mondo può distrugge­re completamente.

«Mi piacerebbe dargli una occhiata.»

Mentre stavano camminando, nel rosso e freddo mattino, Kenniston fu sorpreso dall’atteggiamento di consuetudine con cui gli abitanti si muovevano sotto la gigantesca cupola protettiva di quell’irreale città.

Famiglie intere si affrettavano verso le cucine comuni, con l’aria di chi si reca a fare una merenda in campagna. Dei bambini sbucarono da una via laterale, accompagnati da un cane peloso che abbaiava festoso e frenetico. Un uomo calvo dal viso rosso guardava da una finestra, in maniche di cami­cia, con moderata curiosità. Due grosse donne si chiamava­no da una porta all’altra, e una di loro abbottonava la giacca a un bambino riluttante.

«... e dicono che la signora Biler stia ora assai meglio, ma suo marito è sempre indisposto...»

«Gli esseri umani» osservò Hubble «si adattano facil­mente. Dobbiamo ringraziarne il Cielo.»

«Ma... se sono gli ultimi che esistono? Non potranno adattarsi, a questo.»

Hubble scosse il capo.

«Già, credo che non sia loro possibile.»

Dopo colazione, Beitz li condusse in un grande edificio quadrato poco lontano dalla piazza.

Nell’interno c’era una vasta sala scura, in cui giganteggia­vano in una lunga fila dei blocchi quadrati di apparecchi. Erano, ovviamente, apparecchi televisivi. Ciascuno di essi aveva uno schermo quadrato, un microfono e, sotto, un qua­dro di comandi, di quadranti, e di altri strumenti meno iden­tificabili.

Kenniston trovò il modo di aprire, dalla parte posteriore, uno degli apparecchi. Un breve esame del complicato appa­rato che osservò lo lasciò scoraggiato.

«Devono proprio esser strumenti per comunicazioni te­levisive. Ma i principi in base ai quali funzionano mi sono as­solutamente sconosciuti. Avevano evidentemente superato da tempo le nostre tecnologie.»

«Non potresti riuscire a mettere in azione una di queste trasmittenti?»

Kenniston scosse il capo.

«Questo sistema è assolutamente estraneo alle mie cognizioni. Non assomiglia affatto ai nostri rudimentali appa­recchi televisivi.»

«Non sarebbe possibile usare unicamente il sistema tra­smittente sonoro... usare uno di questi apparecchi come una normale trasmittente sonora?» domandò Hubble.

Kenniston esitò.

«Credo che questo potrebbe forse essere possibile. Dovrò lavorare un poco alla cieca. Ma alcuni particolari mi sono noti...» Rimase un poco assorto, poi disse: «I conduttori di corrente vengono dall’esterno. Non c’è qui vicino qualche co­sa che assomigli a una centrale elettrica?»

Il vecchio Beitz fece un cenno affermativo.

«Nella via accanto. Ci sono grosse turbine atomiche co­razzate, di un tipo che non ho mai visto, accoppiate a genera­tori.»

«Ci metteremmo anni, se volessimo imparare a far fun­zionare le loro turbine atomiche» disse Kenniston.

«Potremmo accoppiare quei generatori a motori a benzi­na» suggerì Hubble. «Potrebbero fornire abbastanza cor­rente per cercare di far funzionare una di quelle trasmittenti.»

Kenniston lo guardò.

«Per chiamare le altre persone che rimangono ancora sulla Terra?» domandò.

«Già. Se ce ne sono, non udranno gli appelli dei nostri apparecchi radiotrasmittenti. Ma questo è un loro apparec­chio trasmittente. Quello lo udranno.»

«Sta bene» assentì Kenniston. «Datemi la corrente, e proverò.»

Nei giorni che seguirono, Kenniston fu troppo preso dal fascino della missione che gli era stata affidata per po­tersi accorgere di quanto gli abitanti di Middletown si an­davano adattando a Nuova Middletown. Poteva udire gli autocarri che rombavano continuamente sotto la cupola, mentre McLain, infaticabile, proseguiva nel suo compito di trasportare viveri dalla vecchia città abbandonata e de­serta.

Portarono così i motori a benzina necessari, non solo per mettere in azione il sistema idrico dei grandi serbatoi, ma anche per far funzionare uno dei generatori della cen­trale elettrica. Una volta rifornito di corrente, Kenniston cominciò i suoi esperimenti. Essendo certo di non riuscire a comprendere i principi coi quali quelle strane super-ra­diotrasmittenti erano state costruite, egli cercò semplicemente di capire il modo col quale potevano esser messe in funzione.

Gli autocarri portarono altre cose... viveri, sempre più vi­veri, ma anche vestiti, mobili, apparecchi sanitari, libri. McLain cominciò a predispone i piani per una spedizione nelle regioni circostanti. E, nel frattempo, le squadre già or­ganizzate per esplorare Nuova Middletown facevano ricer­che in ogni strada, in ogni edificio. E avevano già fatto sor­prendenti scoperte.

Hubble distolse Kenniston dal suo lavoro per esaminare una di quelle scoperte. Lo condusse attraverso una lunga ca­tena di corridoi a catacomba, sotto la città.

«Sai già che, in questa città, la temperatura è di alcuni gradi superiore a quella che potrebbe esserci in virtù del solo calore solare» disse Hubble. «Ho scoperto che c’erano grosse condutture che portavano l’aria calda in ogni parte della città. Perciò ho incaricato alcuni uomini di rintracciare dove facessero capo quelle condutture.»

Kenniston si sentì invaso da un’improvvisa eccitazione.

«La fonte, vuoi dire? Un grosso impianto di riscalda­mento artificiale, forse?»

«No, non è questo» replicò Hubble. «Ma dai tu stesso un’occhiata.»

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