Ben Bova - Orion e la morte del tempo

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Orion e la morte del tempo: краткое содержание, описание и аннотация

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Orion non è un uomo come tutti gli altri: tanto per cominciare, è immortale. Scelto dai Creatori per essere il loro campione nei frangenti più pericolosi e contro nemici insidiosissimi, è costretto ad andare alla deriva nel tempo per battersi contro i pericoli che si annidano in epoche e secoli nascosti. Insieme ad Anya, una ragazza che condivide la sua sorte, è costretto questa volta a lottare non solo contro le forze ostili ai Creatori, gli enigmatici esseri che reggono le fila del suo destino, ma contro i Creatori stessi per riconquistare la libertà. E la partita si decide in un’era lontanissima, dove la morte del tempo non è più metafora ma realtà.

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In un luogo trovammo un certo numero di pezzetti di rame semisepolti fra l’erba. Ne ricavai lame e punte di freccia affilate ma piuttosto fragili. Insegnai ai miei cacciatori a temprare i loro strumenti di metallo riscaldandoli per poi immergerli nell’acqua fredda. Questa pratica li rendeva più resistenti senza comprometterne l’affilatura.

Col passare dei mesi costruimmo mole di pietra con cui affilare asce, coltelli, raschietti, punte di freccia e di lancia. Individuai uno strato di roccia nel quale erano visibili tracce di rame, così insegnai ai miei uomini a costruire fucine di pietra e ad attizzare il fuoco mediante un mantice ricavato da una vescica di capra. Potemmo così fondere il metallo dalla roccia per costruire arnesi più efficienti. E armi migliori. Il mio ruolo non era più quello di Orion il Cacciatore, ma piuttosto quello di Efesto, maniscalco degli dèi. Fu durante quei mesi che per la prima volta nel mondo brillarono armi e utensili con la punta di metallo.

Mentre gli anziani delle varie tribù si dimostravano cocciuti come lo era stato Kraal, i giovani per lo più si mostravano entusiasti all’idea di resistere ai demoniaci padroni. Ci assicurammo la loro lealtà facendo appello al loro coraggio nonché offrendo loro il segreto delle nuove armi di metallo e il più antico e universale fra gli incentivi… le donne.

In ogni tribù vi erano giovani donne in cerca di marito o giovani uomini in cerca di mogli. Spesso gli scapoli organizzavano razzie contro le tribù vicine per derubarli delle loro donne. Quella consuetudine generava faide che potevano trascinarsi per intere generazioni.

Sotto la tutela di Anya creammo una vera e propria agenzia matrimoniale, fornendo a ogni tribù notizie su uomini e donne disponibili. Per quanto arretrati nel campo della tecnologia e dell’organizzazione sociale, i tribali non erano certo degli ingenui. Presto si resero conto che un matrimonio al quale entrambe le famiglie fornivano spontaneamente il loro consenso era comunque preferibile alla razzia o al rapimento sotto la costante minaccia della vendetta.

Nonostante le terribili storie sulla crudeltà e la concupiscenza del genere umano, nonostante le ciniche vanterie del Radioso sulla ferocia che aveva riversato nell’Homo Sapiens, gli esseri umani hanno sempre preferito la cooperazione alla competizione laddove ne erano in grado. Fornendo alle tribù una possibilità di estendere i propri intrecci di parentela, estendevamo anche i loro legami di lealtà con altri gruppi.

Persino la timida Reeva trovò un nuovo compagno: nientemeno che Kraal. Da quando il suo bambino era stato ucciso dai serpenti, Reeva si era chiusa sempre più in se stessa; si era fatta pensosa, riflessiva, quasi indolente. Poi, un mattino, Kraal mi aveva comunicato che Reeva aveva acconsentito a diventare sua moglie. Il suo sorriso a tutti denti contagiava di gioia chiunque lo guardasse.

Eppure la notizia mi aveva reso inquieto. Chiesi consiglio ad Anya, che si limitò a scrollare le spalle.

— Reeva è sempre stata in cerca di protezione — disse. — Se non è riuscita a ottenerla da te, è logico che la cerchi presso l’uomo più prestante che sia ancora disponibile.

— Protezione? — osservai. — O potere?

Anya mi guardò con espressione grave. — Potere? Non ci avevo pensato.

Per Anya e me fu un bel periodo. Nonostante la minaccia incombente di Set e dei suoi rettili, la nostra vita insieme a Paradiso era piuttosto piacevole. Ogni giorno portava con sé una ventata di novità, ogni notte era colma di ardente passione. Eravamo consci dell’importanza del nostro compito, fieri di aiutare quelle tribù a organizzarsi contro il male incarnato. Lo scorrere del tempo smise di preoccuparci. Avevamo una causa, un fine; avevamo noi stessi. Cos’altro potevamo pretendere?

Dopo sette mesi di viaggio attraverso i boschi avevamo costituito un’alleanza di alcune decine di tribù sotto la guida simbolica di Kraal. Gran parte degli appartenenti a quelle tribù continuavano a vivere come prima… con la differenza che adesso disponevano di nuovi attrezzi, nuovi tipi di cibo, nuove consorti, nuove idee. Soltanto alcuni fra i giovani di ogni tribù si erano messi in cammino insieme a noi.

Tutto questo poteva bastare?

Sapevo che non era così. Per tutti quei mesi non avevamo mai incontrato uno solo di quei temibili draghi o serpenti. Ogni volta che alzavo lo sguardo oltre le fronde degli alberi riuscivo a scorgere soltanto il cielo, del tutto sgombro a eccezione di alcune nuvole. Nessuno pterosauro era uscito alla nostra ricerca. Eppure nel profondo dell’animo sapevo che Set doveva seguire con esattezza ogni nostro movimento, giorno dopo giorno. Sapeva esattamente tutto ciò che facevamo. Con assoluta convinzione derivata dal mio istinto, ero certo che si preparasse a colpire.

Come e quando non potevo saperlo. Avrei dovuto scoprirlo.

Quella notte la nostra tribù errante si accampò presso una radura protetta da alti pini. I loro tronchi si slanciavano dritti come le colonne di una cattedrale. Il terreno sotto di essi era privo d’erba, ma era coperto da un fitto, morbido strato di aghi. Stendemmo a terra le pelli e ci apprestammo a dormire.

Eravamo una quarantina di persone sotto la guida nominale di Kraal, pronti a offrire oggetti di metallo, medicine e giovani uomini e donne in cambio di lealtà e della promessa di opporre resistenza ai rettili quando questi fossero giunti a compiere le loro periodiche scorrerie.

Presso un’estremità della radura si ergeva un grosso macigno grigio e imperturbabile sotto gli ultimi raggi del tramonto. Scambiai un’occhiata con Anya, quindi chiesi a Kraal di seguirci in cima al masso.

Ci arrampicammo di roccia in roccia fino a raggiungere la cima del macigno, dalla quale potevamo scorgere i nostri compagni raccogliersi in piccoli gruppi intorno ai fuochi.

— Se i draghi torneranno a caccia di schiavi per Set — domandai — come faremo a riunire tutte le tribù per combatterli?

Kraal emise un sospiro simile a un grugnito, per comunicare a suo modo che era intento a riflettere. Anya rimase in silenzio.

— Quando cacciamo il cervo o le capre — proseguii — i nostri uomini escono in cerca di prede. Ma cosa potremo fare quando saranno i draghi a uscire alla nostra ricerca?

Kraal capì subito dove volevo arrivare. — Potremmo inviare alcuni uomini presso i confini di Paradiso, pronti ad avvertirci quando avvistassero qualche drago.

Anya annuì in segno d’approvazione.

— Dovremo impiegare molti uomini — dissi. — I più veloci, pronti a passare la notizia da una tribù all’altra.

Così creammo i mestieri dell’esploratore e del messaggero, e cominciammo ad addestrare uomini e donne a tale scopo. Selezionammo giovani svelti di piede ma non così avventati da decidere di attaccare un drago da soli, o così suggestionabili da annunciare l’arrivo dei draghi ogni volta che scorgessero un semplice ammasso di nuvole basse sull’orizzonte.

Dopo alcune settimane di addestramento, guidai il primo gruppo di esploratori verso i confini settentrionali di Paradiso, là dove la foresta degradava nella sterminata savana che un giorno sarebbe stata il deserto del Sahara.

Anya chiese di venire con me, ma riuscii a convincerla che sarebbe stata di maggiore aiuto se fosse rimasta al fianco di Kraal, per aiutarlo a indurre altre tribù a servire la nostra causa.

— Non voglio che Kraal rimanga solo — dissi — senza nessuno di noi al suo fianco.

Anya strabuzzò gli occhi. — Non ti fidi di lui?

Soltanto allora realizzai quel pensiero. — Non è una questione di fiducia. Quel che abbiamo creato è del tutto nuovo per lui, come per gli altri. Uno di noi dovrebbe sempre restare al suo fianco. Per precauzione.

— Preferirei conficcare una lancia fra le costole di qualche rettile — disse lei.

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