Spider Robinson - Stardance

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Shara Drummond ama talmente la danza da trasferirsi nello spazio pur di continuare a danzare. E oltre ad inventare una nuova forma d’arte riuscirà anche a sventare un’invasione aliena.
Vincitore dei premi Hugo e Nebula per il miglior romanzo breve
in 1978.

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Sedette sul divano. Adesso aveva i capelli sciolti, e così mi piaceva di più. Spensi il monitor ed estrassi il nastro. Lo buttai su uno scaffale.

— Sono venuta a scusarmi. Non avrei dovuto scattare così, a pranzo. Tu stavi cercando d’aiutarmi.

— Era inevitabile. Immagino che a quest’ora ne avrai fin qui.

— Cinque anni. Avevo pensato d’incominciare negli Stati Uniti anziché nel Canada. Per andare più lontano e più in fretta. Adesso sono tornata a Toronto, e non credo che ce la farò neppure qui. Hai ragione. Sono troppo grossa. Le amazzoni non ballano.

— Senti, c’è qualcosa che voglio chiederti. Quell’ultimo gesto, nel finale di Nascita… che cos’era? Mi è sembrato che fosse un gesto di richiamo. Norrey dice che era un addio, e adesso che ho riesaminato il nastro mi sembra un’espressione di nostralgia e di desiderio.

— Allora ha funzionato.

— Prego?

— Mi sembrava che la nascita d’una galassia richiedesse tutti e tre. Sono così vicini, nello spirito, che mi pareva sciocco assegnare a ciascuno un movimento separato.

— Uhm. — Di male in peggio. Supponete che Einstein soffrisse di afasia. — Perché non potevi essere una ballerina mediocre? Sarebbe stata soltanto un’ironia. Quella, — e indicai il nastro, — è una grande tragedia.

— Non avrai intenzione di dirmi che posso continuare a ballare per me stessa?

— No. Per te sarebbe peggio che non ballare affatto.

— Mio Dio, come sei acuto. Oppure è tanto facile capirmi? Alzai le spalle.

— Oh, Charlie — proruppe lei. — Che cosa devo fare?

— È meglio che non lo chieda a me. — La mia voce aveva un tono stano.

— Perché?

— Perché sono già per due terzi innamorato di te. E perché tu non sei innamorta di me e non lo sarai mai. E quindi è il genere di domanda che non devi rivolgermi.

Quelle parole la scossero un po’, ma si riprese prontamente. I suoi occhi si addolcirono. Scosse la testa, adagio. — E sai persino perché non lo sono, vero?

— E perché non lo sarai mai.

Avevo una paura tremenda che stesse per dire: — Charlie, mi dispiace. — Ma mi soprese di nuovo. Disse: — Posso contare sulle dita di un piede il numero di uomini adulti che ho conosciuto. Sono contenta di aver incontrato te. Immagino che le tragedie ironiche arrivino sempre in coppia.

— Qualche volta succede.

— Bene, allora non mi resta altro che cercare di decidere cosa fare della mia vita. Dovrebbe essere sufficiente per far passare il weekend.

— Continuerai le lezioni?

— Tanto vale che lo faccia. Studiare non è mai una perdita di tempo. Norrey m’insegna molte cose.

All’improvviso la mia mente incominciò a bollire. L’uomo è un animale razionale, giusto? Giusto? — E se io avessi un’idea migliore?

— Se hai un’altra idea, è migliore senz’altro. Parla.

— È necessario che tu abbia un pubblico? Voglio dire, dev’essere dal vivo ?

— Come sarebbe?

— Forse c’è un modo per rientrare dalla finestra. I videoregistratori s’incominciano a vendere bene… quando la gente ha capito che poteva collezionare vecchi film e cose del genere come prima collezionava i dischi, è stato solo questione di renderlo abbastanza economico. E quasi ci siamo… sai, il TDT sta pensando di entrare nel mercato, e la compagnia Graham l’ha già fatto.

— Quindi?

— Quindi, supponiamo che incominciassimo una produzione indipendente, io e te. Tu balli e io registro: una onesta proposta d’affari. Ho qualche amicizia e forse potrò combinare qualcosa. Potrei citarti dieci complessi che sono nel giro della musica e non fanno mai una tournée… registrano e registrano e bastano. Perché non tagli fuori la struttura delle compagnie di danza e non ti rivolgi direttamente al pubblico? Forse così…

Il suo viso stava incominciando a illuminarsi. — Charlie, credi che funzionerebbe? Lo credi davvero?…

— Non credo che abbia la possibilità di ottenere un effetto valanga. — Attraversai il soggiorno, aprii il frigo della birra, tirai fuori la palla di neve che tengo lì dentro durante l’estate, e gliela lanciai. L’afferrò al volo, appena appena, e quando vide che cos’era scoppiò a ridere. — Ho solo abbastanza fiducia nell’idea per lasciare il TDT e occuparmene a tempo pieno. Investirò il mio tempo, i miei nastri, il mio equipaggiamento e i miei risparmi. E avanti.

Lei cercò di ritornare seria, ma la palla di neve le gelava le dita e scoppiò a ridere di nuovo. — Una palla di neve a luglio. Che matto! Conta su di me. Ho un po’ di denaro da parte. E… e credo di non avere molte possibilità di scelta, vero?

— Credo di no.

I tre anni che seguirono furono i più esaltanti della mia vita, delle nostre due vita. Mentre io guardavo e registravo, Shara si trasformava: la ballerina potenzialmente grande diventò qualcosa di veramente sensazionale. Fece qualcosa che non sono sicuro di poter spiegare.

Diventò, per la danza, quello che il jazzista è per la musica.

La danza, per Shara, era l’auto-espressione, pura e semplice, sempre. Appena rinunciò al tentativo d’inserirsi nel mondo delle compagnie di danza, prese a considerare la coreografia in se stessa come un ostacolo alla sua autoespressione, come solco pre-programmato, inesorabile come un copione e altrettanto limitativo. E quindi lo svalutò.

Un jazzista può suonare Night in Tunisia per dodici serate consecutive, e ogni sera sarà un’esperienza diversa, dato che interpreta e reinterpreta la melodia secondo lo stato d’animo del momento. È l’unità totale dell’artista e della sua arte: la creazione spontanea. Il punto di partenza melodico distingue il risultato dall’anarchia pura.

E proprio in questo modo Shara ridusse la coreografia prestabilita a un punto di partenza, una base sulla quale costruire ciò che richiedeva il momento, per poi improvvisare. In quei tre anni attivissimi imparò a smantellare l’interfaccia tra se stessa e la sua danza. I ballerini hanno sempre avuto la tendenza a disprezzare la danza improvvisata, persino quando la praticano, nello studio, perché conferisce scioltezza. Non capivano che l’improvvisazione pianificata , l’improvvisazione intorno a un tema profondamente pensato in anticipo, era il nuovo, naturale passo avanti nella danza. Shara compì quel passo avanti. È necessario essere molto, molto bravi per cavarsela con una simile libertà. Lei lo era.

È inutile che riferisca dettagliatamente le nostre fortune professionali di quei tre anni. Lavoravamo con impegno, realizzavamo alcune registrazioni magnifiche, e non riuscivamo a venderle neppure come fermacarte. S’era effettivamente formata un’industria per la produzione delle videocassette… ma quelli conoscevano la danza moderna più o meno quanto l’industria discografica conosceva i blues, al suo inizio. Le grosse organizzazioni pretendevano credenziali, e quelle piccole volevano talento a poco prezzo. Finalmente, per disperazione, ci rivolgemmo alle organizzazioni piccolissime… e scoprimmo quello che sapevamo già. Non avevano la distribuzione, non avevano il prestigio né i requisiti tecnici perché i critici le degnassero della loro attenzione. La pubblicità «a voce» è come il pool genico… se non è di una grandezza sufficiente per incominciare, non approda a niente. «Spider» John Koerner è un musicista e compositore di canzoni incredibilmente dotato che dal 1972 incide e vende i propri dischi. Quanti di voi lo hanno sentito nominare?

Nel maggio del 1987 aprii la mia cassetta della posta nell’atrio, e trovai una lettera della Visu Ent Inc. che mettava fine alla nostra opzione con infinito rammarico e senza risarcimento. Andai subito all’appartamento di Shara, ed ebbi la sensazione che il midollo della mia gamba fosse stato sostituito con la termite incendiata. Fu una camminata lunghissima.

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