Spider Robinson - Stardance

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Shara Drummond ama talmente la danza da trasferirsi nello spazio pur di continuare a danzare. E oltre ad inventare una nuova forma d’arte riuscirà anche a sventare un’invasione aliena.
Vincitore dei premi Hugo e Nebula per il miglior romanzo breve
in 1978.

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Shara aveva sgranato gli occhi. — Non sei Charlie… Charles Armstead ?

Annuii.

— Oh, mio Dio. Dunque ecco dove sei finito.

Fui scosso dalla sua espressione: mi strappò via dal confine freddo e ventoso dell’autocommiserazione. Incominciai, un po’, a commiserare lei. Avrei dovuto intuire la profondità della sua empatia. E nel senso che contava di più, ci somigliavamo troppo… avevamo in comune lo stesso scherzo amaro. Mi chiesi perché avevo voluto turbarla.

— Non potevano ricostruire l’articolazione? — chiese a voce bassa.

— Posso camminare splendidamente. Se ho un motivo abbastanza forte, posso addirittura correre per brevi distanze. Ma non posso ballare in modo decente.

— E così sei diventato un video-man.

— Tre anni fa. Quelli che conoscono bene il video e la danza, al giorno d’oggi, sono più o meno comuni come i reggicalze. Oh, sì, registrano i balletti fin dagli Anni Settanta… con l’immaginazione di un cameramen del telegiornale. Se filmi una commedia con due telecamere piazzate nella buca dell’orchestra, è un film?

— Tu fai per la danza ciò che la macchina da presa ha fatto per il teatro?

— Un’analogia abbastanza azzeccata. Ma non quadra, nel senso che la danza è più vicina alla musica che al dramma. Non puoi interromperla e ricominciare, o tornare indietro e girare daccapo una scena che non è venuta bene, e neppure invertire i tempi per ottenere un programma di riprese comodo. L’evento si svolge, e tu lo registri. Sono l’equivalente di quello per cui l’industria discografica paga il massimo… una specie di mix-man abbastanza competente per sapere quale strumento suona in modo più fievole al momento e per alzargli il microfono… e con tanto buon senso da aver dato i microfoni migliori ai grossi calibri. Ce ne sono pochissimi, come me. E io sono il migliore.

Shara l’accettò come aveva preso il complimento rivolto a lei… al valore facciale. Di solito, quando dico così, non m’importa niente della reazione o meglio spero che l’ascoltatore si scandalizzi. Ma ero compiaciuto del modo in cui l’aveva accettato: tanto compiaciuto, anzi, da sentirmi turbato. Una vaga irritazione mi fece ridiventare brutale, sebbene sapessi che non sarebbe servito a niente. — E tutto questo porta al fatto che Norrey sperava che ti avrei suggerito una simile forma di sublimazione. Perché nel mondo della danza, sarà più facile che la spunti io, anziché tu.

Lei s’impuntò. — Questo non lo credo, Charlie. So di cosa stai parlando, non sono tanto stupida; ma credo di potercela fare.

— Sicuro. Sei troppo grossa, ragazza mia. Hai due tette che sembrano le due metà di un melone da esposizione, e un didietro che per averlo qualunque attrice di Hollywood si venderebbe i genitori. E nella danza moderna, questo ti spaccia. Ti spaccia. Credi di potercela fare? Ti ci spaccherai la testa, come sto facendo io. Norrey?

— Per l’amor di Dio, Charlie!

Mi raddolcii. Non posso far indispettire Norrey… le voglio troppo bene. — Scusami, tesoro. La gamba mi tormenta e sono arrabbiato. Lei dovrebbe farcela… e non ce la farà. È tua sorella, e quindi la cosa ti rattrista. Bene, io sono un estraneo, e mi fa infuriare.

— E come credete che mi senta io? — scattò Shara, facendoci sussultare tutti e due. Non immaginavo che avesse una voce così potente. — Allora tu vorresti che rinunciassi e prendessi a nolo una telecamera, eh, Charlie? O magari che mi mettessi a vender mele davanti allo studio? — Strinse i denti. — Bene, che tutti gli dei della California meridionale mi maledicano, se smetterò. Dio mi ha dato un formato grande, ma non c’è un chilo di troppo, e mi calza come un guanto e, Cristo, so farlo ballare e ballerò. Forse hai ragione… può darsi che prima mi ci spacchi la testa. Ma ce la farò. — Trasse un profondo respiro. — Adesso, grazie per le gentili intenzioni, Char… Mister Armst… oh, merda. — Le lacrime le riempirono gli occhi e lei scappò via in fretta, rovesciando addosso a Norrey una mezza tazza di caffé freddo.

— Charlie — disse Norrey a denti stretti, — perché mi sei tanto simpatico?

— Le ballerine sono stupide. — Le porsi il mio fazzoletto.

— Oh. — Per un po’, Norrey continuò ad asciugarsi il vestito. — Come mai sono simpatica a te?

— I video-man sono intelligenti.

— Oh.

Passai il pomeriggio nel mio appartamento a rivedere il materiale registrato quella mattina, e più lo guardavo e più mi arrabbiavo.

La danza richiede una motivazione intensa in età tenerissima… una devozione cieca, un investimento puntato sul potenziale non ancora realizzato dell’ereditarietà e dell’alimentazione. Puoi incominciare a studiare danza classica, poniamo, a sei anni… e a quattordici ti ritrovi con le spalle troppo larghe, e tutti quegli anni d’impegno totale sono completamente sprecati. Shara aveva messo gli occhi sulla danza moderna… e troppo tardi aveva scoperto che Dio le aveva dato un corpo di donna.

Non era grassa… l’avete vista, no? Era alta, con l’ossatura robusta, e su quella struttura era costruito un fiorente corpo femminile. Mentre guardavo e riguardavo la registrazione di Nascita , la sofferenza diventò così forte che dimenticai persino il dolore onnipresente alla gamba. Era come osservare un giocatore di pallacanestro straordinariamente dotato ma alto un metro e venti.

Per riuscire nella danza moderna, è indispensabile entrare in una compagnia. Non puoi farti vedere se non sei visibile. Mentre tornavamo allo studio, Norrey mi aveva parlato dei tentativi compiuti da Shara per entrare in una compagnia… e io avrei potuto predire ogni parola.

— L’ha vista ballare Merce Cunningham , Charlie. L’ha vista ballare Martha Graham, poco prima di morire. Grandi lodi, per la sua coreografia non meno che per la sua tecnica. Ma non le hanno offerto un posto in compagnia. Non sono neppure sicura che avessero tutti i torti… credo di capire.

Norrey capiva benissimo. Era il suo difetto moltiplicato per cento: l’unicità. Quando una fa parte d’una compagnia, dev’essere capace di lavorare in modo eccellente come solista… ma deve anche sapersi fondere nell’impegno di gruppo, nel lavoro d’insieme. L’unicità di Shara la rendeva virtualmente inutile in una compagnia. Era inevitabile che attirasse l’occhio.

E quando l’aveva attirato, l’occhio (almeno quello maschile) non si staccava più da lei. Le interpreti della danza moderna, di questi tempi, a volte devono lavorare nude, e quindi devono avere un corpo da ragazza quattordicenne. Possono esserci donne che ballano con poco o niente addosso; ma per Dio, è Arte. Un’attrice, una musicista, una cantante o una pittrice può essere riccamente dotata e deliziosamente tornita… ma una ballerina dev’essere quasi asessuata quanto un’indossatrice d’alta moda. Forse Dio sa perché Shara non avrebbe potuto purificare la sua danza dalla sessualità neppure se avesse pensato di farlo; e mentre la guardavo danzare sul mio monitor e nella mia mente, sapevo che non ci pensava affatto.

Perché il suo genio doveva consistere nell’unica specializzazione, oltre a quelle delle indossatrici e delle suore, in cui essere sexy è uno svantaggio? Mi spezzava il cuore, per analogia empatica.

— È inutile, vero?

Mi voltai e latrai: — Accidenti, mi hai fatto mordere la lingua.

— Scusa. — Lei entrò nel mio soggiorno. — Norrey mi ha detto dove potevo trovarti. La porta era socchiusa.

— Ho dimenticato di chiuderla quando sono tornato a casa.

— La lasci aperta?

— Ho imparato la lezione della storia. Nessun drogato, per quanto sia partito, entrerà in un appartamento con la porta socchiusa e la radio accesa. È evidente che c’è qualcuno in casa. E hai ragione, è proprio inutile. Siediti.

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