Bud entra con Andy. La donna di nome Lady Blue aspetta accanto a lui, mentre Judy si arrampica sulla copertura che assicura il loro carico. Non sembra che abbia suole magnetiche. Forse, adesso, i metalli ferrosi non sono più usati nello spazio. Quando comincia a trainare il cavo principale con un semplice argano a mano, Lady Blue la osserva criticamente: — Una volta anch’io facevo queste cose — dice a Lorimer. Quello che lui può scorgere dei suoi lineamenti appare contratto. I suoi occhi scuri scintillano.
Ha l’impressione che sia una mulatta. — Devo uscire a pulire l’antenna di poppa. — Judy fluttua. — Più tardi — le risponde Lady Blue. Sorridono entrambe a Lorimer. Poi il portello si apre, lui e Lady Blue entrano. Quando la valvola a cerniera emette un crescente sibilo d’aria, la tuta di Lorimer si affloscia. — Posso essere d’aiuto? — Lei ha aperto il suo casco. La voce è ricca e viva. Affannosamente Lorimer afferra le chiusure con i suoi goffi guanti e lascia che lei gli tolga il casco. Il primo respiro lo sorprende. Gli occorrono alcuni istanti per capire che è aria fresca. Il portello interno si apre lasciando entrare una luce verdastra. Lei gli fa cenno di passare. Lui ondeggia lungo un corto tunnel. Delle voci arrivano dietro l’angolo. Trova un appiglio con la mano e si ferma. Sente il cuore battergli in petto. Quando avrà girato quell’angolo il suo mondo sarà morto. Finito, rotolato, spazzato via come il Sunbird. E lui si troverà irrimediabilmente nel futuro. Un uomo del passato, un naufrago del tempo. Nel futuro… Si riprende.
Il futuro è un largo cilindro luminoso, adorno di oggetti sconosciuti e rami verdi. Gli si stampa davanti una scena singolare. Bud e Dave, senza caschi, sembrano enormi nelle loro voluminose tute bianche. A pochi metri di distanza sostano due figure a testa scoperta, coi vestiti abbaglianti, e una ragazza dalla capigliatura scura con un fluttuante pigiama rosa. Tutte loro si limitano a squadrare i due uomini. Le bocche e gli occhi spalancati in identiche espressioni di piacevole meraviglia. Il viso che deve essere di Andy sorride a bocca aperta come un bambino allo zoo. È un ragazzo sorprendentemente giovane, nota Lorimer, a dispetto della sua voce profonda: biondo, imberbe, la muscolatura compatta. Lorimer si accorge che può sopportare a malapena la vista della donna in rosa. Non sa dire se è straordinariamente bella o insignificante. La donna più alta ha un viso splendente e ordinario. Sopra la sua testa scoppia un suono stranissimo che lui finalmente identifica come un chiocciare di polli. Lady Blue lo spinge avanti.
— Eccoci. Andy, Connie? Smettetela di osservarli e aiutateli a togliersi le tute. Judy, Luna è ansiosa quanto noi di sapere come va. — La scena si anima. Dopodiché Lorimer ricorda soprattutto occhi. Occhi luccicanti che seguono le sue orme. Occhi sorridenti ovunque, sopra il suo bagaglio. E sempre quel luccichio pronto a trasformarsi in risata. Andy resta solo per aiutarli a spogliarsi, lanciando occhiate al loro equipaggiamento che lui trova ancora imbarazzante. Sembra comodo e agile nella sua tuta semiaperta. Lorimer esce a fatica dall’imbracatura. Un ragazzo, pensa. Un ragazzo e quattro donne in orbita intorno al Sole, che conducono le loro grandi, goffe navi su Marte. Dovrebbe sentirsi umiliato? Si sente solo grato mentre accetta una corta tunica e una «sfera» di tè che qualcuno (Connie?) gli porge.
Judy, con la tuta, entra coi loro bagagli. Gli uomini seguono Andy attraverso un altro passaggio. Bud e Dave sono infilati in stretti vestiti. Andy si ferma davanti a un portello: — Questa serra è per voi. Va bene anche come toilette. Tre sono tanta gente, ma è spaziosa e piena di sole. — Dentro è una giungla splendente. Fogliame ovunque, zampilli d’acqua scintillanti. Foglie fruscianti. Qualcosa passa ronzando: una cavalletta.
— Girate questa manopola. — Andy indica il fondo di un largo condotto incrociato. — Il pistone tritura il terriccio e i rifiuti e li trasforma in concime, tramite un complesso procedimento. Finisce negli strati inferiori del suolo. Questo è un misuratore di nitrogeno pesante e un grande ossidatore. Noi immettiamo CO 2e ne ricaviamo ossigeno. È un vero Woolagong. — Osserva con aria interrogativa mentre Bud sente messa a dura prova la sua capacità di comprensione. — Cos’è un Woolagong? — chiede Lorimer sbalordito. — È il nome delle nostre inventrici. Alcune invenzioni sono bizzarre. Quando dobbiamo parlare di una cosa che colpisce, la chiamiamo Woolagong. — Sorride: — I polli mangiano i semi e gli insetti. Gli insetti e gli iguana si nutrono di foglie. Quando le piante diventano mature facciamo il raccolto. Con tutta questa luce penso che potremmo allevare una capra; voi non avete nessuna forma di vita sulla vostra nave, vero?
— No — risponde Lorimer. — Neanche un iguana.
— Ci avevano promesso un pony Shetland per Natale — esclama Bud smuovendo la ghiaia. Andy perplesso si unisce alle loro risate. La mente di Lorimer è offuscata. Non è solo fatica. L’anno trascorso sul Sunbird ha atrofizzato le sue capacità di accettare le novità. Intorpidito adopera il Woolagong. Tornano indietro nella grande sala di controllo del Gloria. Qui Dave ha un breve e chiaro contatto con Luna da cui riceve un’amichevole risposta. — Dobbiamo completare il cambiamento di rotta — dice Lady Blue. L’impressione di Lorimer si rivela esatta. È una meticcia di mezza età. Anche Connie ha qualcosa di esotico, osserva. Gli altri sono di tipo europeo. — Vi porterò qualcosa da mangiare. — Connie sorride con calore. — Quindi vorrete probabilmente riposare. Abbiamo fatto in modo di liberarvi tre cuccette. — Hanno tutte lo stesso accento. Quando lei lascia la sala di controllo, Lorimer vede gli occhi di Dave persi nel vuoto e capisce che si sta rendendo conto della realtà. È un passeggero su una nave aliena: senza più il comando, senza la possibilità di decidere la rotta né le comunicazioni in arrivo e in partenza. Questa è l’ultima, coerente osservazione che Lorimer fa, mentre gusta il sapore del buon cibo sconosciuto. Poi ha la sensazione di venire condotto oltre quella che ora conosce come la palestra, attraverso lo sfiatatoio, al cilindro per il riposo. Ci sono sei portelli iridati, simili a porte. Valica la porta a lui assegnata e si trova davanti un ampio materasso. Sul muro, delle mensole; c’è poi uno scrittoio. — Per le vostre funzioni corporali. — Il braccio di Connie sporge attraverso la porta iridata indicando dei sacchetti. — Se avete dei problemi tirate fuori la testa e chiamate. C’è dell’acqua.
Lorimer si lascia semplicemente cadere sul materasso. Troppo stanco per rispondere. Con stupore si accorge che la sua caduta termina in una imprevista pesante stabilizzazione. Il cilindro sta soavemente, silenziosamente cominciando a girare su se stesso. Egli affonda con gratitudine nell’imbottitura, con un sollievo che aumenta col passare dei minuti. E cade nel più tranquillo sonno che abbia conosciuto in quel lungo, faticoso anno. Solo il giorno dopo comprende che Connie e altre due di loro sono state sulla raggiera, in palestra, facendola ruotare, ora dopo ora, senza pausa né sforzo, chiacchierando del loro arrivo. Quanto parlano, pensa di nuovo mentre ritorna alla realtà. Gli irritanti cicalecci si riversano nella sua memoria. Le voci di Ginny, Jenny e Penny al telefono di cucina, la voce di sua madre, sua sorella Amy «l’Interminabile». Su cosa avranno sempre da parlare, parlare, parlare?
— Perché? Su ogni cosa — dice la voce concreta di Connie, accanto a lui. — È naturale confrontarsi. — Naturale… Come formiche, pensa. Intrecciano le loro antenne ogni volta che si incontrano. Dove sei stata, cosa hai fatto? Incrociano, incrociano… Come ti senti? Oh, sento questo, sento quest’altro… Totale coordinazione dell’alveare. Le donne non hanno il rispetto di sé. Nessun segno di strategia del discorso. L’oscuro pericolo della parola. Non sanno controllarsi.
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