Joan Vinge - Occhi d'ambra

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Occhi d'ambra: краткое содержание, описание и аннотация

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Un magnifico, suggestivo ritratto di una civiltà aliena su un mondo alieno (inabitabile per i terrestri), e delle straordinarie possibilità e risultati dei tentativi di comunicazione tra due mentalità mutualmente esclusive.
Vincitore del premio Hugo per il miglior racconto
in 1978.

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— No! — Chwiul si accigliò ancor di più. — Che razza di sciocco credi io sia? — E si affrettò a proseguire: — Col nuovo giorno essi torneranno ai tuoi possessi per la solita strada. Ho promesso di scortarli per garantir loro un viaggio sicuro. E avremo anche una guida per farci strada attraverso gli acquitrini. Ma la guida commetterà un errore…

— E io sarò lì in attesa. — Gli occhi di T’uupieh s’illuminarono. Durante l’inverno i ricchi usavano slitte per compiere lunghi viaggi, superando la superficie impervia e accidentata del suolo trainati da schiavi. Ma quando arrivava la primavera e il suolo cominciava a fondere in superficie, bacini e pozze traditrici si aprivano come lo sbocciare di grandi fiori, pronti a inghiottire gli incauti. Soltanto una guida esperta poteva «leggere» le superfici, distinguere la solida pietracqua dalla mutevole poltiglia ammoniacale. — Bene — disse T’uupieh in un sussurro. — Sì, molto bene… La tua guida farà in modo che finiscano a dibattersi in qualche buca poltigliosa, e io potrò coglierli in trappola come dei phib al momento della muta.

— Esattamente. Ma io voglio esser lì quando lo farai. Voglio vedere. Troverò qualche scusa per allontanarmi dal gruppo, e t’incontrerò alla palude. La guida li condurrà fuori strada soltanto a un mio segnale.

— Come vuoi. Hai pagato bene il privilegio. Ma vieni da solo. I miei seguaci non hanno bisogno di aiuto, e ancor meno d’interferenze altrui. — Si rizzò a sedere, mise giù i lunghi piedi palmati, appoggiandoli di nuovo sulle pelli sensuali del tappeto.

— Ma se pensi che io sia uno sciocco, e che mi consegni stupidamente nelle tue mani — replicò Chwiul, — tieni presente che tu sarai la sospettata numero uno quando Klovhiri sarà stato assassinato. Io sarò l’unico testimonio che potrà giurare al Feudatario che i tuoi fuorilegge non erano gli aggressori. Tienilo a mente.

Ella annuì: — Lo farò.

— Come ti troverò, dunque?

— Non mi troverai. I miei mille occhi troveranno te. — Riavvolse l’occhio del demonio nei suoi cenci.

Chwiul parve sconcertato: — Quello… quello prenderà parte all’attacco?

— Potrebbe; o forse no. Sarà lui a sceglierlo. I demoni non sono legati alla Ruota della Vita, come noi due. Ma l’incontrerai di sicuro faccia a faccia (anche se non ha faccia) se verrai. — Sfiorò con la mano il fianco. — Sì… tieni a mente che anch’io ho le mie salvaguardie in questo accordo. Un demone non dimentica mai.

Infine, lei si alzò in piedi, guardandosi intorno ancora una volta. — Sarò perfettamente a mio agio, qua dentro. — Si volse una volta ancora verso Chwiul. — Ti cercherò, quando verrà il nuovo giorno.

— Quando verrà il nuovo giorno. — Anch’egli si alzò, le sue ali ingioiellate rifletterono la luce.

— Non c’è bisogno di scortarmi. Saprò essere discreta. — Fece un breve inchino, da pari a pari, e si diresse verso il corridoio in penombra. — Dovrò decisamente sbarazzarmi del tuo guardiano. Non sa distinguere una Lady da un mendicante.

— La Ruota gira un’altra volta per me, mio Demone. La mia vita fra le paludi terminerà con la vita di Klovhiri. Andrò a vivere in città… e sarò nuovamente Lady nel mio maniero quando i pesci siederanno fra gli alberi!

Il volto alieno di T’uupieh ardeva di gioia malevola quando si girò, sullo schermo sopra il terminal del computer. Shannon Wyler si lasciò andare contro lo schienale, terminò di battere la sua traduzione, e si tolse la cuffia. Si lisciò i lunghi capelli biondi, lustri e pettinati all’indietro, il gesto abituale che l’aiutava a riorientarsi nel suo ambiente. Quando T’uupieh parlava, non riusciva mai a mantenere l’obiettività di cui aveva bisogno per ricordare che era ancora sulla Terra, e non realmente su Titano, in orbita intorno a Saturno, separato da esso da oltre millecinquecento milioni di chilometri. T’uupieh, tutte le volte che penso di amarti, ecco che tu decidi di tagliare la gola a qualcuno…

Distrattamente annuì ai mormorii di congratulazione del personale e dei tecnici, che letteralmente bevevano ogni sua singola parola per avere nuove informazioni. Poi cominciarono a disperdersi, alle sue spalle, man mano il computer stampava copia della trascrizione. Era difficile credere che si trovasse impegnato con quel lavoro da più di un anno. Lui alzò lo sguardo ai manifesti dei suoi concerti, sulla parete, con nostalgia ma senza alcun rimpianto.

Qualcuno stava telefonando a Marcus Reed. Egli sospirò, rassegnato.

— "Quando i pesci siederanno fra gli alberi"? Stai cercando di fare del sarcasmo?

Egli si voltò: alle sue spalle vide la forma massiccia della dottoressa Garda Bach. — Salve, Garda. Non ti ho sentito entrare.

Lei alzò gli occhi da una copia della trascrizione e gli batté leggermente sulla spalla col suo bastone biforcuto. — Lo so, mio caro ragazzo. Tu non senti mai nulla quando T’uupieh parla. Ma cosa intendi dire con questo?

— Quando su Titano sarà estate… quando i trifibiani si metamorfizzano per la terza volta. Perciò lei intende dire fra cinque anni, del nostro tempo.

— Ah, Naturalmente. Il mio vecchio cervello non è più quello di un tempo… — Scosse la testa grigio-bianca; il suo mantello nero turbinò melodrammaticamente.

Lui sogghignò, ben sapendo che lei non intendeva parlare sul serio. — Forse imparare il titaniano, oltre ad altre cinquanta lingue, è la goccia che fa traboccare il vaso.

— Ja… ja… Forse lo è. — Ella sprofondò pesantemente sul seggiolino accanto al suo, immersa nella lettura. Non si sarebbe mai aspettato, egli pensò, di trovare così simpatica la vecchia ragazza. Era diventato acutamente conscio della sua presenza quando studiava linguistica a Berkeley: lei era la grande dame degli studi di linguistica fin dai tempi in cui esistevano ancora delle lingue non documentate sulla Terra. Ma l’abilità di Garda nel riuscire ad avere il proprio nome sui giornali e il suo volto alla televisione, come la maggiore esperta di quello che chiunque «intendeva realmente dire», l’aveva convinto che il vero talento di lei stava nel mercanteggiare. L’averla finalmente incontrata di persona non aveva affatto cambiato la sua opinione in merito; ma l’aveva ugualmente convinto della sua eccellenza nella linguistica culturale. E questo, a sua volta, l’aveva convinto che il suo marcato accento era un totale imbroglio. Ma malgrado quella sua vistosità in tutto, o forse addirittura a causa di essa, lui aveva scoperto che le idee di Garda sulla linguistica, oggi arcaiche, erano assai più vicine alle sue personali opinioni sul comunicare, che le idee dell’uno o dell’altro dei suoi genitori.

Garda sospirò: — Straordinario, Shannon! Sei semplicemente straordinario! La tua sensibilità per questa lingua completamente aliena mi stupisce. Che cosa avremmo fatto, se tu non ti fossi unito a noi?

— Avreste fatto senza di me, immagino. — Egli assaporò quello speciale piacere che proveniva dall’essere ammirato da qualcuno che lui rispettava. Tornò ad abbassare lo sguardo sulla tastiera del computer, sulle due scintillanti lastre di plastica irradianti una luminosità verde, ognuna di una trentina di centimetri di lato, che gli davano, contemporaneamente, la versatilità di un virtuoso di violino e di un dattilografo con a disposizione centinaia di migliaia di tasti. Il suo collegamento con T’uupieh, la sua voce… il nuovo sintetizzatore IBM, le cui piastre sensibili al tatto potevano esser manipolate per ricreare le impossibili complessità della sua lingua. Il dono di Dio all’universo della linguistica… salvo il fatto che esigeva la sensibilità e l’ispirazione di un musicista per sfruttare completamente la sua pressoché infinita gamma di suoni.

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