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Robert Sawyer: L'equazione di Dio

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Robert Sawyer L'equazione di Dio

L'equazione di Dio: краткое содержание, описание и аннотация

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Come si sono estinti i dinosauri? Domanda vecchia, per il lettore di fantascienza. E che ha avuto mille risposte. Nel caso di questo brillante romanzo, tuttavia, l’interrogativo è molto più complesso e andrebbe riformulato così: provata scientificamente l’esistenza di Dio, E soprattutto, perchè ha deciso di estinguere periodicamente le forme di vita superiori su tutti i mondi abitati? E’ l’assillo che tormenta Hollus, un ragno intelligente venuto dallo spazio che un bel giorno entra nel Royal Museum, a Toronto, e chiede di parlare con uno scienziato. Lo portano da Thomas Jericho, paleontologo, e l’aracnide rivela importanti informazioni sulle origini della vita. Non solo, ma propone alle menti migliori della Terra di unirsi in una ricerca che altri pianeti hanno già cominciato per loro conto, e che solo lo sforzo di tutte le intelligenze potrà coronare di successo. La domanda è infatti: che intenzioni ha il Creatore?

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— Lei non ascolta — disse Hollus. — Mi rifiuto di andare via. Sono qui per un’importante ricerca e voglio proseguirla.

I due agenti del csis si guardarono. Alla fine il nero disse: — Senta, lei in teoria dovrebbe dire: “Portatemi dal vostro capo”. In teoria dovrebbe chiedere d’incontrare le autorità.

— Perché? — domandò Hollus.

I due agenti si guardarono di nuovo. — Perché? — ripeté il bianco. — Perché è questa, la procedura!

L’alieno spostò su di lui i peduncoli oculari. — Sospetto di avere più esperienza di voi in questo campo.

Il bianco estrasse una piccola pistola. — Devo proprio insistere — dichiarò.

I due poliziotti vennero avanti. — Vediamo i documenti — disse quello tarchiato.

Il nero del csis lo accontentò. Non ho idea di come sia fatto un tesserino d’identità del csis, ma il poliziotto parve soddisfatto e arretrò.

— Ora, per favore — disse il nero — venga con noi.

— Sono sicurissimo che non userà quell’arma — replicò Hollus — perciò faccio a modo mio.

— Abbiamo ordini — disse il bianco.

— Non ne dubito. E di sicuro i vostri superiori capiranno, se non siete stati in grado di eseguirli. — Indicò il videografo, che si agitava per cambiare cassetta. — La registrazione proverà che avete insistito, che io ho declinato l’invito e che la faccenda si è conclusa qui.

— Non è il modo di trattare un ospite! — gridò una donna tra la folla. Parevano in molti a pensarla così: altri protestarono sullo stesso tono.

— Vogliamo solo proteggere l’alieno — disse il bianco del csis.

— Col cavolo — replicò un visitatore del museo. — Ho visto gli X-Files. Se uscite di qui con lui, nessuno lo vedrà più.

— Lasciatelo in pace! — aggiunse un tipo anziano che parlava con inflessione europea.

I due agenti guardarono il videografo e il nero indicò al bianco una telecamera della sicurezza del museo. Senza dubbio avrebbero voluto che non ci fossero registrazioni d i quella scena.

— Con le maniere gentili — disse Hollus — non prevarrete.

— Be’, però non avrà niente da obiettare alla presenza di un nostro osservatore — disse il nero. — Qualcuno che garantisca che non le accada niente di male.

— Su questo non ho motivi di preoccupazione — disse Hollus.

Intervenne Christine. — Sono presidente e direttore del museo — dichiarò ai due del csis. Poi si rivolse a Hollus. — Senza dubbio si rende conto che ci piacerebbe avere una registrazione, una cronistoria, della sua visita qui. Se non le dispiace, faremo in modo che lei e il dottor Jericho siate accompagnati da almeno un operatore televisivo. — Il tizio della city-tv venne avanti, ben lieto di offrirsi volontario.

— Cero che mi dispiace! — disse Hollus. — Dottoressa Dorati, sul mio pianeta solo i criminali sono soggetti a osservazione costante; lei acconsentirebbe a che la tenessero d’occhio per tutto il giorno mentre lavora?

— Be’, veramente…

— Nemmeno io — disse Hollus. — Vi sono grato per l’ospitalità, ma… lei, lì. — Indicò il videografo. — Lei è il rappresentante di una stazione televisiva; mi consenta di fare una supplica. — Tacque per un secondo, mentre l’operatore regolava la telecamera. — Sono alla ricerca di accesso senza restrizioni a un’estesa raccolta di fossili — riprese, parlando a voce alta. — In cambio, condividerò informazioni raccolte dal mio popolo, quando lo riterrò opportuno ed equo. Se c’è un altro museo che mi offre ciò che cerco, sarò felice di presentarmi lì, anziché qui. Semplicemente…

— No! — disse Christine, precipitandosi avanti. — No, non sarà necessario. Naturalmente collaboreremo in tutti i modi possibili.

Hollus distolse dalla telecamera i peduncoli oculari. — Allora posso fare i miei studi a condizioni per me accettabili?

— Sì — dichiarò Christine. — Sì, qualsiasi cosa desideri.

— Il governo canadese pretenderà ancora… — iniziò il bianco del csis.

— Posso facilmente andare negli Stati Uniti — disse Hollus. — O in Europa o in Cina o in…

— Lasciategli fare ciò che vuole! — gridò un visitatore di mezz’età.

— Non intendo minacciare — disse Hollus, guardando prima un agente federale, poi l’altro — ma non m’interessa affatto diventare una celebrità né farmi mettere alle strette da documentaristi o da agenti della sicurezza.

— Onestamente, non abbiamo libertà nei nostri ordini — disse il bianco. — Lei deve semplicemente venire con noi.

I peduncoli oculari si inarcarono all’indietro, tanto che i globi guardarono il mosaico nel soffitto a cupola della Rotonda, composto da più di un milione di tessere di vetro veneziano; forse era l’equivalente forhilnor del roteare gli occhi. Le parole “Che tutti gli uomini possano conoscere la Sua opera”, una citazione dal Libro di Giobbe, erano disposte in un quadrato all’apice della cupola.

Dopo un momento i peduncoli si puntarono di nuovo in avanti e si fissarono uno sull’agente bianco, uno sull’agente nero. — Sentite — disse Hollus — ho passato più di un anno a studiare dall’orbita la vostra cultura. Non sono tanto sciocco da scendere sul pianeta in una forma che mi renderebbe vulnerabile. — Frugò in una piega della stoffa avvolta intorno al tronco (in un lampo anche l’altro agente del csis impugnò la pistola) ed estrasse un oggetto poliedrico delle dimensioni di una pallina da golf. Poi si mosse lateralmente nella mia direzione e mi diede l’oggetto. Lo presi: era più pesante di quanto non sembrasse.

— Quel congegno è un proiettore d’ologramma — disse Hollus. — Ha appena registrato le biometrie del dottor Jericho e funzionerà solo in suo possesso; anzi, posso fare in modo che si autodistrugga in maniera molto spettacolare, se qualcun altro lo maneggia; perciò vi consiglio di non tentare di portarglielo via. Inoltre il proiettore funzionerà soltanto nei posti da me approvati, come l’interno di questo museo. — Tacque per qualche istante. — Sono qui in forma di ologramma — riprese. — In realtà mi trovo ancora nella navetta d’atterraggio, davanti all’edificio accanto a questo; sono sceso sul pianeta solo per sovrintendere alla consegna del proiettore ora in mano al dottor Jericho. Quel proiettore usa olografia e campi di forza micromanipolati per dare l’impressione che io sia qui e per consentirmi di maneggiare oggetti. — L’alieno, o la sua immagine, si immobilizzò per alcuni secondi, come se il vero Hollus fosse impegnato a fare altro. — Ecco fatto — disse poi. — La mia navetta ritorna in orbita, col vero me stesso a bordo. — Alcuni corsero fuori per dare un’occhiata alla navetta che si allontanava. — Non potete fare niente per costringermi e non potete procurarmi danni fisici. Non voglio essere scortese, ma il contatto fra la razza umana e il mio popolo avverrà alle nostre condizioni, non alle vostre.

Il poliedro in mano mia emise un bip bitonale: la proiezione di Hollus tremolò per un secondo e svanì.

— Lei dovrà consegnarci quell’aggeggio, ovviamente — disse il bianco del csis.

Sentii l’adrenalina riversarsi nelle vene. — Mi spiace — dissi — ma avete visto che Hollus l’ha consegnato a me direttamente. Non credo che abbiate diritti su di esso.

— Ma è un manufatto alieno — disse il nero del csis.

— E allora? — replicai.

— Be’, insomma, dovrebbe essere in mano alle autorità.

— Lavoro anch’io per il governo — dichiarai in tono di sfida.

— Volevo dire, in mani sicure.

— Perché?

— Ah, be’, perché sì.

Non accetto “perché sì” come argomentazione nemmeno da mio figlio, che ha sei anni. — Non posso consegnarcelo — dichiarai. — Hollus ha detto che esploderebbe, l’avete sentito anche voi. Hollus è stato molto chiaro su come andrà la faccenda… e voi, signori, non vi avete parte. Perciò — guardai il bianco, quello che parlava con inflessione francese — vi dico adieu.

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