Robert Sawyer - L'equazione di Dio

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Come si sono estinti i dinosauri? Domanda vecchia, per il lettore di fantascienza. E che ha avuto mille risposte. Nel caso di questo brillante romanzo, tuttavia, l’interrogativo è molto più complesso e andrebbe riformulato così: provata scientificamente l’esistenza di Dio,
E soprattutto, perchè ha deciso di estinguere periodicamente le forme di vita superiori su tutti i mondi abitati? E’ l’assillo che tormenta Hollus, un ragno intelligente venuto dallo spazio che un bel giorno entra nel Royal Museum, a Toronto, e chiede di parlare con uno scienziato. Lo portano da Thomas Jericho, paleontologo, e l’aracnide rivela importanti informazioni sulle origini della vita. Non solo, ma propone alle menti migliori della Terra di unirsi in una ricerca che altri pianeti hanno già cominciato per loro conto, e che solo lo sforzo di tutte le intelligenze potrà coronare di successo. La domanda è infatti: che intenzioni ha il Creatore?

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Il rumore proveniva dalla sala Garfield Weston… dalla mostra Burgess Shale. Non riuscivo a immaginare contro chi si sparasse: a parte la guardia della sicurezza all’ingresso del personale, eravamo gli unici nell’edificio.

Christine aveva un telefono cellulare e già componeva il numero della polizia. Un’altra raffica squarciò l’aria e lì, più vicino, riuscii a distinguere un altro rumore, più familiare: roccia che si frantumava. All’improvviso capii che cosa succedeva. Qualcuno sparava agli inestimabili fossili del Burgess Shale, vecchi mezzo miliardo di anni.

Le raffiche cessarono proprio mentre i Wreed giungevano nella Rotonda. Avevamo fatto rumore: Christine parlava nel cellulare, i nostri passi avevano sollevato echi nelle sale, e i Wreed, confusi e disorientati (forse non avevano mai inventato armi a proiettile) parlavano animatamente, malgrado i miei tentativi di farli tacere.

Per quanto in parte assordati dal rumore delle loro stesse armi, evidentemente quelli che sparavano ai fossili avevano udito i rumori da noi prodotti. Prima uno, poi un altro, emersero dalla sala d’esposizione. Il primo, coperto di schegge di legno e di roccia, impugnava un’arma semiautomatica… una mitraglietta, forse. La puntò contro di noi.

Il gesto bastò se non altro a farci fare l’unica cosa sensata: restare immobili. Lanciai a Christine un’occhiata interrogativa, chiedendole senza parole se era riuscita a contattare la polizia. Lei annuì e inclinò il cellulare quanto bastava a mostrare che era ancora collegato. Grazie a Dio il centralinista aveva avuto il buon senso di restare zitto, non appena Christine aveva smesso di parlare.

— Dio santo — disse l’uomo con la mitraglietta. Si girò a mezzo verso il compagno più giovane, coi capelli a spazzola. — Dio santo, li vedi, quelli? — Aveva la cadenza degli stati del Sud.

— Alieni — disse quello dai capelli a spazzola, come se pesasse la parola; anche lui parlava con la stessa cadenza. Poi, un attimo dopo, come se avesse deciso che la parola andava bene, ripeté con più forza: — Alieni!

Mossi un passo avanti. — Sono proiezioni, ovviamente — dissi. — In realtà non sono qui.

Forhilnor e Wreed potevano anche avere modi differenti dagli umani, ma almeno non furono tanto sciocchi da contraddirmi.

— Chi siete? — domandò l’uomo armato. — Cosa ci fate, qui?

— Thomas Jericho, direttore del dipartimento paleobiologia qui al… — alzai un poco il tono, con la speranza che il centralinista ascoltasse, nel caso che Christine non avesse ancora indicato dove ci trovavamo — Royal Ontario Museum. — Naturalmente a quel punto la guardia di sicurezza doveva avere capito che era successo qualcosa e presumibilmente aveva anche chiamato la polizia.

— Nessuno dovrebbe essere qui a quest’ora di notte — disse quello dai capelli a spazzola.

— Dovevamo fare alcune fotografie. Volevamo farle mentre il museo era vuoto.

Forse venti metri ci separavano da quei due. Potevano essercene altri, nella sala d’esposizione, ma non se ne vedeva segno.

— Posso chiedere che cosa ci fate qui voi? — disse Christine.

— Tu chi sei? — replicò l’uomo armato.

— Dottoressa Christine Dorati, responsabile del museo. Cosa ci fate?

I due si scambiarono un’occhiata. Quello con i capelli a spazzola si strinse nelle spalle. — Distruggiamo quei fossili bugiardi — disse. Guardò gli alieni. — Voi alieni siete venuti sulla Terra, ma ascoltate la gente sbagliata. Questi scienziati — sputò quasi la parola — vi raccontano menzogne, con quei fossili e tutto il resto. Il nostro mondo ha seimila anni, il Signore lo creò in soli sei giorni e noi siamo il suo popolo eletto.

— Mio Dio — dissi, invocando l’entità in cui loro credevano e io no. Guardai Christine. — Creazionisti.

L’uomo armato cominciava a spazientirsi. — Basta così — disse. Puntò contro Christine la mitraglietta. — Butta il cellulare.

Christine lo lasciò cadere a terra; il cellulare urtò il pavimento e si ruppe, saltò via il microfono.

— Siamo venuti a fare un lavoro — disse l’uomo armato. — Ora vi stendete tutti a terra e io termino il lavoro. Cooter, tienili sotto tiro. — Tornò nella sala d’esposizione.

L’altro infilò la mano nella tasca della giacca ed estrasse una pistola. La puntò contro di noi. — L’avete sentito — disse. — Stendetevi a terra.

Christine si distese. Hollus e l’altro Forhilnor si acquattarono in un modo che non avevo mai visto prima, abbassando il tronco fino a toccare il pavimento. I due Wreed rimasero dov’erano, o perplessi o forse fisiologicamente incapaci di distendersi.

Nemmeno io mi distesi. Ero atterrito… su questo non c’erano dubbi. Sentivo il cuore battermi forte e il sudore imperlarmi la fronte. Quei fossili erano inestimabili, maledizione… fra i più importanti del mondo. Ed ero stato io a radunarli in un unico posto per esporli al pubblico.

Mossi un passo avanti— Per favore — dissi.

Un’altra serie di colpi dalla sala. Mi pareva che i proiettili colpissero me. Vedevo gli scisti andare a pezzi, i resti di Opabima e di Wiwaxia e di Anomalocaris e di Canadia, sopravvissuti 500 milioni di anni, esplodere in nuvole di polvere.

— No — dissi, con genuina supplica nel tono. — Non fatelo!

— Indietro! — disse il tipo dai capelli a spazzola. — Resta al tuo posto.

Inspirai. Non volevo morire… ma sarei morto comunque. Stanotte o fra qualche mese, sarebbe accaduto in ogni caso. Avanzai di un altro passo. — Se credete alla Bibbia, allora credete anche ai Dieci Comandamenti. E uno di essi… — sarei stato più convincente, lo so, se avessi precisato quale — dice: “Non ammazzare”. — Mossi ancora un paio di passi verso di lui. — Forse vuoi distruggere quei fossili, ma non credo che uccideresti me.

— Ti uccido — disse l’uomo.

Altre raffiche, con il contrappunto di vetri rotti e di roccia in frantumi. Avevo l’impressione che il petto mi esplodesse. — No — dissi — non mi ucciderai. Dio non te lo perdonerebbe.

L’uomo spinse la pistola nella mia direzione; distava da me forse quindici metri. — Ho già ucciso — disse. Pareva una confessione e nel tono c’era un’angoscia genuina. — Alla clinica; quel dottore.

Altri colpi, una serie di echi.

Oddio, pensai, l’esplosione della clinica per aborti…

Deglutii con forza. — Quello è stato un incidente — dissi tirando a indovinare. — Non puoi spararmi a sangue freddo.

— Ti sparo — disse l’uomo che l’altro aveva chiamato Cooter. — Quant’è vero il Signore, ti sparo. Sta’ indietro!

Se solo Hollus non fosse stata lì in carne e ossa! Se fosse stata presente in proiezione olografica, avrebbe potuto maneggiare oggetti solidi senza doversi preoccupare d’essere colpita dai proiettili. Ma era fin troppo reale, fin troppo vulnerabile… al pari degli altri extraterrestri.

All’improvviso mi accorsi del rumore di sirene in avvicinamento, appena percettibile lì dentro il museo. Evidentemente anche Cooter lo sentì. Girò la testa e lanciò un richiamo al suo compagno: — La polizia!

L’altro emerse dalla sala d’esposizione temporanea. Chissà quanti fossili era riuscito a distruggere. Inclinò la testa e tese l’orecchio. Sulle prime non udì le sirene: senza dubbio era ancora assordato dal rumore degli spari. Dopo un attimo tuttavia annuì e con la mitraglietta ci segnalò di muoverci. Christine si rialzò; i due Forhilnor si staccarono dal pavimento.

— Ora usciamo — disse l’uomo. — Tenete le mani in alto.

Alzai le mani; Christine mi imitò. Hollus e l’altro Forhilnor si scambiarono un’occhiata, poi alzarono anche loro le mani. I Wreed li imitarono un attimo dopo: tutt’e quattro le braccia in alto, ventitré dita allargate. Il secondo uomo, più alto e più vecchio di Cooter, ci spinse nella Rotonda semi buia. Da lì avevamo una chiara visuale del vestibolo con le porte a vetri. Cinque agenti in uniforme della Emergency Task Force risalivano la scala esterna. Due brandivano grosse pistole, uno aveva un megafono. — Siamo della polizia — gridò quest’ultimo: un suono distorto dai due strati di vetro. — L’edificio è circondato. Uscite a mani in alto.

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