Blake Pierce - La Vicina Perfetta

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“Un capolavoro del thriller e del mistero. Blake Pierce ha fatto un ottimo lavoro sviluppando dei personaggi con un lato psicologico così ben descritto da farci sentire come dentro alle loro teste, seguendo le loro paure e gioendo per i loro successi. Pieno di svolte, questo libro vi terrà svegli fino a che non girerete l’ultima pagina.” . –Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (riguardo a Il killer della rosa) . LA VICINA PERFETTA è il libro #9 di una nuova serie di thriller psicologici dell’autore campione d’incassi Blake Pierce, che inizia con La moglie perfetta, un bestseller numero #1 (scaricabile gratuitamente) con quasi 500 recensioni da 5 stelle. . In un quartiere ricco ed esclusivo a Manhattan Beach, una nuova inquilina si trasferisce in una casa di lusso, dove viene ritrovata morto poco dopo. Il caso porta Jessie in un’altra cittadina di mare, evocando i brutti ricordi del suo matrimonio e costringendola ad affrontare i propri demoni, mentre nel contempo tenta di smascherare le bugie di questa cittadina apparentemente perfetta… L’omicidio è collegato a una festa esclusiva dedicata all’élite?. O c’è in ballo un motivo ancora più atroce?. A peggiorare le cose, ora il marito di Jessie è uscito di prigione, tornando ad essere per lei una potenziale minaccia… Un thriller psicologico veloce e pieno di suspence, con dei personaggi indimenticabili, LA VICINA PERFETTA è il libro #9 di una nuova serie che vi terrà incollati alle pagine e non permetterà quasi di andare a dormire..

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Sentì Dolan sospirare pesantemente attraverso il telefono.

“Non c’è bisogno che tu mi convinca, Jessie,” le assicurò. “Sono dalla tua parte. Mi sto solo chiedendo se sia il caso di tirare indietro i nostri adesso, prima che faccia qualche accusa. Così potremo legittimamente affermare che non lo stiamo seguendo né importunando. Posso formulare per la stampa un messaggio dove diciamo che abbiamo solo impiegato degli agenti per controllarlo di tanto in tanto. Se ne verrà fuori un’immagine di lui come uno pieno di complessi di persecuzione, la cosa andrà a scalfire la sua credibilità. Non è l’unico a poter fare questo gioco.”

“No, ma è più bravo di chiunque altro a farlo. Non sottovalutarlo.”

“Non lo farò,” le promise Dolan. “Senti, sappiamo che Kyle è fuori di prigione perché ha convinto il cartello che era degno del loro tempo e del loro sforzo. Sappiamo che sono stati anche ben disposti ad aiutarlo a distruggere la tua vita per lui. Prima o poi dovrà sdebitarsi con loro. Molto presto qualcosa si incrinerà con questi tizi.”

“Sì. Spero solo che si incrini prima che lui trovi un modo per incrinare me.”

*

Jessie sentiva che Ryan stava cercando di non girare il dito nella piaga.

“Come sono state le vostre giornate?” chiese a lei e ad Hannah mentre lavava i broccoli per la cena, non facendo ovviamente alcun accenno al caso.

Hannah stava preparando una marinata per l’agnello mentre Jessie cercava la pentola da arrosto.

Era evidente che sperava che stando in silenzio sulla sua giornata, non l’avrebbe resa gelosa del fatto che lui stava indagando su un omicidio mentre lei era rinchiusa in appartamento. Pensò che fosse un gesto carino, anche se presto gli avrebbe dimostrato che era inutile.

“Solo altre due settimane di scuola,” disse Hannah allegramente. “Poi ci saranno le vacanze estive. È fatta.”

“Fantastico,” rispose Ryan.

“Non dimenticarti che hai i corsi estivi,” le ricordò Jessie, odiando il proprio tono da maestrina.

“Lo so,” disse Hannah, accentuando il sarcasmo. “Ma vale per le scuole per ‘ragazzi normali’ e non per i licei dove ci sono studenti che ‘affrontano estreme difficoltà emotive e psicologiche’. E poi sarebbe comunque tra un altro mese. Per favore, non schiacciare il mio spirito già di per sé fragile.”

“Scusa,” disse Jessie.

“E la tua giornata?” chiese Ryan a Jessie, cambiando rapidamente argomento.

“Sarebbe potuta andare meglio,” ammise lei. “Dolan mi ha detto che non sono riusciti a inchiodare Kyle. È stato praticamente un chierichetto da quando è uscito. Stanno considerando di ritirare la sorveglianza.”

“Che schifo.”

“Davvero,” confermò lei. “Quasi quanto essere tenuta da parte dal mio compagno e dal mio mentore professionale quando cerco di avere dettagli sul caso a cui stanno lavorando, perché sono preoccupati che mi metta a sbavare davanti a loro.”

“Uh-oh.”

“Uh-oh cosa?” gli chiese.

“Uh-oh, Garland mi aveva avvisato che saresti arrivata a chiedermi informazioni perché lui non ne aveva condivise.”

“Ah sì?” insistette lei. “Ti ha dato dei consigli su come gestirmi?”

“Ha detto di restare forte e di non lasciarmi intimidire dal tuo feroce interrogatorio.”

Jessie sorrise malevola.

“Come pensi che te la caverai?”

“Sono sicuro di potercela fare,” le disse, camminando verso la camera da letto. “Ma prima vado a farmi una doccia.”

“Sai che le tattiche di stallo funzionano solo fino a un certo punto,” gli gridò mentre scompariva alla vista senza rispondere.

Jessie fissò la porta, chiedendosi se avrebbe potuto bruciarla con la sola intensità del suo sguardo.

“Ehm,” mormorò Hannah titubante. “Odio infierire quando sei già così infervorata, ma l’agnello che volevo fare arrosto ha un odore strano. Penso che dovremo buttarlo via, il che significa che non ci sono programmi per la cena.”

Jessie sentì le spalle che si afflosciavano involontariamente. Questa giornata stava finendo male come era cominciata.

“Ho il piano di riserva,” disse alla fine.

“Ti prego, non dirmi che intendi provare a cucinare qualcosa,” disse Hannah con tono sinceramente preoccupato.

“Sai, sono riuscita a mettere la cena in tavola quasi tutte le sere per anni prima che tu venissi a vivere qui. Abbia un minimo di fede.”

Quasi tutte le sere?” ripeté Hannah.

“Certe sere non avevo così tanta fame,” disse Jessie sulla difensiva.

“Giusto,” rispose Hannah, poco convinta. “Ordini una pizza, vero?”

Jessie sentì una fitta di vergogna al sentire quelle parole.

“Sì, ordino la pizza.”

CAPITOLO SETTE

Quando Garland fu arrivato in cima alla collina, il sole era già tramontato.

Mentre percorreva la strada ormai familiare fino a Manhattan Beach, poteva ancora vedere l’oceano dove le onde si infrangevano in prossimità della spiaggia. Ma non aveva proprio la stessa maestosità della sera precedente, quando il crepuscolo stava solo iniziando a calare.

Si disse che non aveva importanza, che era tornato qui per la seconda sera di seguito per un’indagine, non per il panorama. Ma non ne era del tutto convinto neppure lui. Sì, qualcosa nella scena del crimine gli stava rodendo dentro. Però la verità era anche che stava cercando una scusa per fare due passi lungo le ventilate strade della spiaggia per surfisti, con i loro ristorantini con veranda e i negozi per la degustazione vini.

Trovò un parcheggio vicino alla strada principale e scese dall’auto, percorrendo la Highland Avenue fino alla stazione di polizia. Strada facendo, poté sentire un odore che assomigliava a costolette arrosto provenire a un ristorantino all’angolo. Passò accanto a una bancarella con stampe neozelandesi e indiane e resistette all’impulso di mettersi a curiosare.

Andò invece dritto fino al quartiere della centrale, dove diede il proprio nome al sergente al banco. L’agente Timms della sera precedente uscì dall’ufficio e gli diede la chiave della casa di Charles e Gail Bloom, dove Priscilla era morta.

“Posso venire con lei, se vuole,” si offrì il giovane agente. “Ho il turno di notte e qui le cose sono piuttosto tranquille.”

“Grazie,” rispose Garland. “Ma a volte mi piace stare da solo sulla scena, senza nessuna distrazione. Trovo che mi sia di aiuto per scoprire cose che prima mi sarebbero potute sfuggire. Ma prometto di restituire la chiave tra poche ore.”

Dopo aver lasciato la centrale, Garland passeggiò casualmente scendendo il ripido viale pedonale che conduceva alla Strand. A quell’ora, quasi le nove di sera, era per lo più tranquillo. C’era qualcuno che faceva jogging e alcune persone che portavano fuori il cane per l’ultima uscita prima della notte. In effetti dovette aggirare la scia di urina lasciata da un canide particolarmente negligente.

Percorse lentamente l’ultimo isolato fino alla casa dei Bloom, ascoltando il rumore delle onde e il richiamo dei gabbiani. Sapeva che una volta entrato in quella casa, il suo cervello sarebbe partito in quarta e tutti i piccoli piaceri che ora stava apprezzando sarebbero stati immediatamente dimenticati. Stava solo tentando di ritardare l’inevitabile.

Quando arrivò, scivolò sotto al nastro di delimitazione della polizia, assicurandosi di restare nell’ombra in modo che il recente vedovo Garth Barton non lo vedesse se per caso stesse guardando fuori dalla finestra. Solo perché era stato scagionato, non voleva dire che quell’uomo non fosse uno stronzo. Garland era felice che fosse la polizia del posto a farsi venire il mal di testa trattando con lui.

Aprì la porta ed entrò. La casa era buia, anche se ancora si vedeva il segno del gesso a indicare dove si era trovato il corpo di Priscilla Barton. Guardando quel punto, ricordò la conversazione che il detective Hernandez aveva detto di aver avuto quella mattina con i proprietari.

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