Come a dar voce al muto terrore di Rachel, l'urlo acuto di Corky Marlinson lacerò l'aria. Dietro di loro, superò la prima berma, e a quel punto rimasero tutti e tre sospesi in aria, mentre il pallone continuava ad arrancare come un animale selvaggio che cerchi di liberarsi dei lacci del cacciatore.
D'un tratto, come uno sparo nella notte, un colpo secco echeggiò in alto. La fune sfibrata cedette e il capo sfilacciato colpì il viso di Rachel. Sopra le loro teste il pallone Mylar rigonfio, finalmente libero dal suo carico, volteggiò verso il mare.
In un groviglio di moschettoni e imbracature, Rachel e Tolland si sentirono precipitare al suolo. Davanti si ergeva il cumulo bianco della seconda berma e Rachel si preparò all'impatto, ma riuscirono a superarla per precipitare nel successivo avvallamento. Il colpo fu parzialmente attutito dalle tute e dal contorno discendente della berma. Mentre il mondo circostante si trasformava in una confusione di braccia, gambe e ghiaccio, Rachel si sentì scivolare giù fino alla parte centrale del solco. Istintivamente aprì gambe e braccia, cercando di rallentare prima di urtare contro la berma successiva. Sentì che perdevano velocità, ma solo leggermente, e qualche secondo dopo si ritrovò con Tolland a risalire un piano inclinato. In cima, vi fu un altro istante di assenza di peso mentre oltrepassavano la cresta. Poi, in preda al terrore, Rachel sentì che scendevano di nuovo verso l'ultimo pianoro… gli ultimi trenta metri della banchisa di Milne.
In volo verso la scogliera, Rachel si accorse che venivano rallentati dal peso di Corky, ma troppo poco e troppo tardi. Il bordo del ghiacciaio correva loro incontro. Rachel emise un grido disperato.
Poi accadde.
Precipitarono. L'ultima cosa che Rachel avvertì fu la caduta.
I Westbrooke Place Apartments, situati al 2201 di N Street NW, sono reclamizzati come uno dei pochi indirizzi indiscutibilmente "in" di Washington. Gabrielle superò di corsa la porta girevole dorata ed entrò nell'atrio, dove echeggiava un'assordante cascata.
Il portiere al banco della reception parve sorpreso di vederla. «Signora Ashe? Non mi hanno informato che sarebbe passata, oggi.»
«Sono in ritardo.» Gabrielle firmò il registro dei visitatori. L'orologio alla parete segnava le diciotto e ventidue.
Il portiere si grattò la testa. «Il senatore mi ha dato un elenco, ma lei non…»
«Dimenticano sempre la gente più vicina a loro.» Gli rivolse un sorriso veloce e si avviò di buon passo verso l'ascensore.
Il portiere appariva a disagio. «Meglio che chiami su.»
«Grazie» disse Gabrielle, salendo in ascensore. "Tanto il telefono è staccato."
Al nono piano, si inoltrò nell'elegante corridoio. In fondo, davanti alla porta di Sexton, uno dei corpulenti addetti alla sicurezza — le beneamate guardie del corpo — sedeva con aria annoiata. Non la sorprese vederlo in servizio, mentre lui sembrò molto stupito di vedere lei. Balzò in piedi.
«Lo so» lo anticipò Gabrielle, ancora a metà del corridoio. «È una serata IP e non vuole essere disturbato.»
La guardia annuì con enfasi. «Mi ha dato ordine di non fare entrare assolutamente…»
«È un'emergenza.»
L'uomo le bloccò la strada. «È impegnato in un incontro privato.»
«Davvero?» Gabrielle prese la cartellina che teneva sottobraccio e gli sbatté in faccia il sigillo della Casa Bianca. «Vengo adesso dallo Studio Ovale. Devo fare avere queste informazioni al senatore. I vecchi amici con cui spettegola stasera, di chiunque si tratti, dovranno fare a meno di lui per qualche minuto. Ora mi faccia entrare.»
La guardia sembrò intimidita alla vista del sigillo presidenziale.
"Non farmela aprire" pensò Gabrielle.
«Me la lasci. Gliela porto io.»
«Neanche per sogno. Ho ordini precisi di consegnargliela personalmente. Se non gli parlo al più presto, domattina dovremo cercarci tutti un altro lavoro. Mi ha capito?»
L'uomo parve profondamente dibattuto e Gabrielle si rese conto che Sexton doveva avere impartito direttive severe di sbarrare la porta a chiunque. Tentò il tutto per tutto. Tenendogli la cartellina davanti al viso, abbassò la voce e mormorò le cinque parole che tutti gli addetti alla sicurezza temevano di più: «Lei non capisce la situazione».
I responsabili della protezione dei politici non capivano mai la situazione e la cosa li mandava su tutte le furie. Erano guardie del corpo private, tenute all'oscuro di tutto, e non sapevano se attenersi rigidamente agli ordini o se avrebbero rischiato il posto ignorando testardamente un'evidente emergenza.
La guardia deglutì rumorosamente, lanciando un'altra occhiata alla cartellina della Casa Bianca. «D'accordo, ma dovrò far presente al senatore che lei mi ha costretto a lasciarla entrare.»
Aprì la porta e Gabrielle lo spinse di lato prima che cambiasse idea. Entrò nell'appartamento e la chiuse a chiave alle sue spalle, senza far rumore.
Nell'ingresso, udì provenire dal salotto di Sexton voci attutite: voci maschili. Quella serata IP non era il genere di incontro privato che lui aveva lasciato intuire nella sua telefonata.
Mentre si avvicinava alla sala, notò che in un armadio aperto era appesa una mezza dozzina di cappotti maschili molto costosi, cachemire e tweed. C'erano parecchie cartelle sul pavimento. Evidentemente, quella sera avevano lasciato fuori il lavoro. Stava per proseguire, quando una delle ventiquattrore attirò la sua attenzione. Una targhetta riportava il logo di una nota compagnia, un missile rosso fiamma. Si inginocchiò per leggere.
SPACE AMERICA, INC.
Interdetta, esaminò le altre.
BEAL AEROSPACE. MICROCOSM, INC. ROTARY ROCKET COMPANY. KISTLER AEROSPACE.
Riecheggiò nella sua mente la voce rauca di Marjorie Tench. "È al corrente che il senatore Sexton accetta sottobanco enormi somme di denaro per la sua campagna da parte di società aerospaziali private?"
Gabrielle sentì il polso accelerare nel guardare in fondo al corridoio buio l'arco che conduceva al salotto del senatore. Sapeva che avrebbe dovuto parlare ad alta voce, annunciare la sua presenza, ma qualcosa la spinse ad avanzare in silenzio. Arrivò a pochi metri dall'arco e rimase nell'ombra… e ascoltò.
Delta-Tre rimase indietro a recuperare il corpo di Norah Mangor e la slitta, mentre i due compagni scendevano rapidi lungo il ghiacciaio per inseguire i fuggitivi.
Portavano ai piedi sci ElektroTread azionati da batterie. Creati sul modello degli sci a motore Fast Trax in commercio, gli ElektroTread, coperti da segreto militare, erano sostanzialmente sci da neve su cui erano applicati cingoli, come minuscole motoslitte calzate ai piedi. La velocità veniva controllata premendo i sensori posti sul pollice e l'indice del guanto destro. Una potente batteria a gelatina, modellata intorno al piede, svolgeva la doppia funzione di isolamento e di avanzamento silenzioso degli sci. L'energia cinetica generata dalla gravità e dai cingoli rotanti dello sciatore nelle discese era ingegnosamente sfruttata per ricaricare le batterie per il pendio successivo.
Lasciandosi sospingere dal vento, Delta-Uno buttò tutto il peso in avanti e scrutò il ghiacciaio con gli occhiali per la visione notturna, l'ultima evoluzione del modello Patriot in dotazione al corpo dei marine. La montatura aveva lenti da quaranta millimetri per novanta, un duplicatore di focale e un illuminatore a infrarossi a lungo raggio. Anziché del solito verde, il mondo esterno appariva colorato di un azzurro freddo, colore specificamente scelto per le zone con grande riflesso luminoso come l'Artide.
Mentre si avvicinava alla prima berma, Delta-Uno notò parecchie strisce recenti sulla neve; nel buio risaltavano come una freccia al neon. Evidentemente i tre fuggitivi non avevano pensato di sganciare l'improvvisata vela, oppure non c'erano riusciti. In entrambi i casi, se non l'avevano mollata prima dell'ultima berma, erano ormai finiti in mare. Delta-Uno sapeva che con gli abiti protettivi avrebbero prolungato la loro sopravvivenza in acqua ma, trasportati al largo dalle impetuose correnti, avrebbero finito inevitabilmente per annegare.
Читать дальше