Dan Brown - La verità del ghiaccio

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La verità del ghiaccio: краткое содержание, описание и аннотация

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Un meteorite, sepolto sotto i ghiacci del circolo polare artico, è stato localizzato dalla Nasa e sembra contenga fossili di insetti che proverebbero una volta per tutte l'esistenza di vite extraterrestri. Prima di divulgare la notizia, il presidente degli Stati Uniti vuole essere sicuro dell'autenticità della scoperta, anche per non compromettere la sua futura (ma già incerta) rielezione. La giovane Rachel Sexton e il professor Michael Tolland sono inviati sul posto insieme ad altri studiosi ma presto si rendono conto che si tratta di una truffa colossale, orchestrata ad arte. Ma da chi? E chi ha assoldato la banda di killer che li ha presi di mira, costringendoli a scappare e a rifugiarsi tra i banchi galleggianti di ghiaccio?

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«Aiu… to!» L'urlo era impercettibile alle sue stesse orecchie. Si avvicinò al bordo e cercò di tirarsi fuori. Davanti a lui, un muro verticale di ghiaccio, senza neppure un appiglio. Sott'acqua, scalciava con gli scarponi cercando un punto d'appoggio. Niente. Si diede una spinta per arrivare al bordo, ma era fuori dalla sua portata.

I muscoli stentavano a reagire. Batté con più forza le gambe, cercando di spingersi fino al bordo, ma il corpo pareva di piombo e i polmoni sembravano essersi ridotti, come stretti nella morsa di un pitone. Il giaccone impregnato d'acqua si faceva ogni secondo più pesante. Cercò di sfilarlo, ma il tessuto gli stava incollato addosso.

«Aiutatemi!»

Il terrore lo annichiliva.

Una volta aveva letto dell'annegamento, la morte più orribile. Mai avrebbe immaginato di trovarsi sul punto di sperimentarlo di persona. I muscoli rifiutavano di collaborare con la mente, e già faticava a tenere la testa fuori dall'acqua. Gli abiti intrisi lo spingevano in basso mentre con le dita prive di sensibilità graffiava le pareti del pozzo.

Le urla, ormai, erano solo nella sua mente.

E poi accadde.

Ming andò sotto. Non avrebbe mai immaginato di provare la terribile consapevolezza dell'imminenza della propria morte. Eppure, eccola… mentre lui sprofondava lentamente giù per la nuda parete di un pozzo profondo settanta metri. Migliaia di immagini gli sfrecciarono davanti agli occhi. Momenti dell'infanzia, della carriera. Si chiese se qualcuno l'avrebbe mai trovato o se sarebbe congelato sul fondo… sepolto per l'eternità dentro il ghiacciaio.

I polmoni imploravano ossigeno. Trattenne il fiato, continuando a battere i piedi nel tentativo di risalire. "Respira!" Cercò di contrastare quel riflesso, stringendo le labbra ormai insensibili. "Respira!" Cercò invano di riemergere. "Respira!" In quell'istante, in un duello mortale tra istinto e ragione, l'automatismo della respirazione vinse la sua capacità di tenere la bocca chiusa.

Wailee Ming inspirò.

L'acqua aggredì come olio bollente il delicato tessuto polmonare. Sentì un acuto bruciore dentro di sé. Purtroppo, l'acqua non uccide istantaneamente. Ming trascorse parecchi terribili secondi inalando acqua ghiacciata, ogni respiro più straziante del precedente, senza riuscire a ottenere ciò che il suo corpo disperatamente agognava.

Finalmente, mentre precipitava nella gelida oscurità, sentì di perdere conoscenza. Accolse con sollievo quella via di fuga. Intorno a sé, notò nell'acqua minuscole particelle luminescenti. La cosa più bella che avesse mai visto.

37

L'East Appointment Gate della Casa Bianca è l'ingresso situato su East Executive Avenue, tra il dipartimento del Tesoro e l'East Lawn. La recinzione rinforzata e la palizzata di cemento installata dopo l'attacco alla caserma dei marine a Beirut conferiscono al luogo un'aria tutt'altro che accogliente.

Fuori dal cancello, Gabrielle Ashe controllò l'ora con crescente nervosismo. Erano le cinque meno un quarto e ancora non si vedeva nessuno.

EAST APPOINTMENT GATE, ORE 16.30. VIENI SOLA.

"Io ci sono, ma tu dove sei?"

Passò in rassegna i visi dei turisti che si aggiravano curiosi, nella speranza che qualcuno rispondesse al suo sguardo. Alcuni uomini le lanciarono un'occhiata prima di proseguire. Gabrielle cominciava a chiedersi se avesse fatto bene. Si accorse che l'agente della sicurezza nella guardiola la stava tenendo d'occhio. Pensò che il suo informatore avesse cambiato idea. Poi, dopo un'ultima occhiata alla Casa Bianca al di là della massiccia recinzione, si voltò con un sospiro, pronta ad andarsene.

«Gabrielle Ashe?» chiese l'uomo della sicurezza alle sue spalle.

Gabrielle si voltò con il cuore in gola. «Sì?»

L'uomo nella guardiola la richiamò con un cenno della mano. Era un tipo smilzo, il viso inespressivo. «La persona con cui ha appuntamento è pronta a riceverla, adesso.» Aprì il cancello principale e le fece cenno di entrare.

I piedi di Gabrielle rifiutarono di muoversi. «Devo venire dentro?»

«Sì. Mi è stato detto di chiederle scusa per l'attesa.»

Gabrielle guardò il cancello aperto, ancora incapace di muoversi. "Cosa sta succedendo?" Quella svolta la coglieva del tutto impreparata.

«Lei è Gabrielle Ashe, vero?» L'agente apparve impaziente, a quel punto.

«Sì, signore, ma…»

«Allora le consiglio vivamente di seguirmi.»

Gabrielle si avviò esitante e, non appena varcò la soglia, sentì il cancello chiudersi rumorosamente alle sue spalle.

38

Due giorni senza la luce del sole avevano scombussolato l'orologio biologico di Michael Tolland. Anche se era tardo pomeriggio, il suo organismo sembrava convinto che fosse piena notte. A quel punto, apportati gli ultimi ritocchi al documentario e convertito il video in formato digitale, si incamminò nell'habisfera buia. Arrivato nell'area stampa, consegnò il dischetto al tecnico della NASA incaricato di mandare in onda la presentazione.

«Grazie, Mike.» Il tecnico ammiccò sollevando il disco in aria. «Questo ridefinirà le trasmissioni "imperdibili", eh?»

Tolland rispose con una risata stanca. «Spero che piaccia al presidente.»

«Non c'è dubbio e, comunque, il tuo lavoro l'hai fatto. Siedi tranquillo e goditi lo spettacolo.»

«Grazie.» Nell'area stampa sfavillante di luci, Tolland osservò l'euforico personale della NASA che brindava al meteorite con latrine di birra canadese. Anche se aveva voglia di festeggiare, si sentiva stanco, emotivamente prosciugato. Si guardò intorno in cerca di Rachel Sexton, che evidentemente stava ancora parlando con il presidente. "Vuole mandarla in onda" pensò. E non lo biasimava: Rachel sarebbe stata un inserimento perfetto nel cast di portavoce convocati per illustrare la scoperta. Oltre a essere di bell'aspetto, possedeva una spontaneità e una sicurezza raramente riscontrate da lui in altre donne. In fin dei conti, la maggior parte di quelle che frequentava erano personaggi televisivi: donne assetate di potere oppure bellezze mediatiche totalmente prive di personalità.

Si allontanò silenzioso dalla folla entusiasta e girovagò per la rete di passatoie stesa nella cupola, chiedendosi dove fossero scomparsi gli altri scienziati civili. Se si sentivano esausti quanto lui, probabilmente erano nella zona cuccette a schiacciare un pisolino prima del grande evento. Davanti a sé, a una certa distanza, vide il cerchio di coni QUTSUC intorno al pozzo di estrazione deserto. La cupola vuota in alto sembrava riecheggiare le voci incorporee di ricordi lontani. Tolland cercò di respingerli.

"Dimentica i fantasmi" si impose. Spesso lo tormentavano in momenti come quelli, quando era stanco o solo, oppure quando avrebbe dovuto rallegrarsi per un successo personale. "Lei dovrebbe essere qui con te, adesso" sussurrava la voce. Nel buio, si sentì trascinare indietro, verso il passato.

Celia Birch era stata la sua ragazza fin dai tempi dell'università. Per un San Valentino, Tolland l'aveva invitata nel suo ristorante preferito. Al momento del dessert, il cameriere le aveva portato una rosa e un anello di brillanti. Celia aveva compreso immediatamente. Con le lacrime agli occhi, aveva pronunciato una sola parola che aveva reso Michael Tolland felice come non lo era mai stato.

«Sì.»

Pieni di entusiasmo, avevano comprato una casetta vicino a Pasadena, dove Celia aveva trovato lavoro come insegnante di scienze. Lo stipendio era modesto, ma pur sempre un inizio, e poi la sede distava poco dallo Scripps Institution di oceanografia di San Diego, dove Tolland aveva realizzato il suo sogno di lavorare a bordo di una nave per le ricerche geologiche. Quell'incarico lo teneva lontano per tre o quattro giorni di seguito ma, quando si ritrovavano, trascorrevano momenti appassionati ed emozionanti.

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