Rachel cominciava a perdere la pazienza. «Bene, signori. Croste di fusione, condri, contenuto di nichel medio, tutti elementi che dimostrano che arriva dallo spazio.» Posò il campione sul tavolo di Corky. «Ma io perché sono qui?»
Corky sospirò con fare teatrale. «Vuole vedere un campione del meteorite rinvenuto dalla NASA nel ghiaccio sotto di noi?»
"Ci terrei tanto, prima di morire."
A quel punto Corky estrasse dal taschino un piccolo disco di pietra. Assomigliava a un CD musicale, spesso un centimetro, simile in composizione al meteorite roccioso che Rachel aveva appena visto. «Questa sezione appartiene a un campione che abbiamo carotato ieri.» Glielo porse.
In apparenza, nulla di sconvolgente. Roccia pesante, bianco arancio. Parte del bordo era carbonizzata, annerita, evidentemente un segmento della superficie esterna del meteorite. «Noto che c'è la crosta di fusione» commentò lei.
Corky annuì. «Già. È stato preso verso l'esterno del meteorite, quindi presenta parte della crosta.»
Rachel inclinò il disco alla luce e notò i piccoli globuli di metallo. «Vedo che ci sono i condri.»
«Ottimo.» Corky aveva il tono teso per l'entusiasmo. «E, avendo esaminato questo campione con un microscopio polarizzante petrografico, le posso assicurare che il suo contenuto di nichel è medio, e quindi assolutamente diverso da quello che si riscontra nelle rocce terrestri. Congratulazioni, lei ha dunque giustamente confermato che la roccia che ha in mano proviene dallo spazio.»
Rachel alzò lo sguardo, confusa. «Dottor Marlinson, questo è un meteorite e, in quanto tale, è ovvio che arrivi dallo spazio. Ma mi sfugge forse qualcosa?»
Corky e Tolland si scambiarono un'occhiata d'intesa, poi Tolland posò una mano sulla spalla di Rachel e le sussurrò: «Voltalo».
Rachel girò il disco dall'altra parte. Il suo cervello impiegò un solo istante a comprendere ciò che stava guardando.
Poi la verità le piombò addosso come un treno in corsa. "Impossibile!" Rimase senza fiato e, mentre continuava a fissare il frammento, comprese che la sua definizione di "impossibile" a quel punto era cambiata per sempre. Incastonata nella pietra c'era una forma che in un campione terrestre sarebbe apparsa comune, ma in un meteorite risultava assolutamente inconcepibile. «È…» Esitò, quasi incapace di pronunciare la parola. «… Un insetto ! Questo meteorite contiene il fossile di un insetto!»
Tolland e Corky erano raggianti. «Benvenuta a bordo» le disse Corky.
L'ondata di emozioni che la travolse la ammutolì per qualche istante, eppure, malgrado lo sbigottimento, vedeva chiaramente che quel fossile era stato un tempo un organismo biologico vivente. Nell'impronta pietrificata, lunga circa otto centimetri, si vedeva la parte ventrale di un enorme coleottero. Sette paia di zampe articolate erano alloggiate dentro un involucro protettivo esterno, che sembrava segmentato come quello di un armadillo.
Era frastornata. «Un insetto proveniente dallo spazio…»
«È un isopode» precisò Corky. «Gli insetti hanno tre paia di zampe, non sette.»
Rachel non gli prestò ascolto. Con un senso di vertigine studiava il reperto davanti a sé.
«Come può vedere chiaramente, l'involucro dorsale è segmentato in placche, come quello di un armadillidium , un porcellino di terra, eppure le due prominenti appendici simili a code lo differenziano, assimilandolo casomai a un pidocchio.»
La mente di Rachel aveva ormai interrotto la comunicazione con l'esterno. La classificazione della specie era del tutto irrilevante. I pezzi del mosaico si stavano ricomponendo in fretta: la segretezza del presidente, l'entusiasmo della NASA…
"C'è un fossile in questo meteorite! Non solo una traccia di batteri o di microbi, ma una forma di vita progredita! La dimostrazione che esiste la vita nell'universo!"
Dieci minuti dopo l'inizio del dibattito alla CNN il senatore Sexton si chiese come potesse essersi preoccupato. Marjorie Tench era un'avversaria decisamente sopravvalutata. Malgrado la reputazione di implacabile acume, il consigliere si stava rivelando sostanzialmente un agnello sacrificale.
Certo, all'inizio della conversazione la Tench aveva avuto la meglio quando aveva martellato il senatore sul suo programma antiabortista definendolo maschilista, ma poi, proprio quando stava per stringere la presa, aveva compiuto un errore marchiano. Mentre gli chiedeva come pensava di incrementare i finanziamenti all'educazione senza aumentare le tasse, aveva alluso ai costanti attacchi di Sexton contro la NASA.
Il senatore intendeva sicuramente affrontare l'argomento NASA verso la fine della discussione, ma Marjorie Tench gli aveva spianato la strada in anticipo. "Che idiota!"
«A proposito della NASA» l'attaccò Sexton con indifferenza. «Come commenta le voci che continuo a sentire secondo cui l'agenzia spaziale è incorsa di recente in un altro insuccesso?»
Marjorie Tench non mosse un muscolo. «A me non risulta.» Aveva la voce abrasiva della fumatrice incallita.
«Dunque, no comment?»
«Proprio così.»
Sexton gongolò. Nel mondo dei media, "no comment" si traduceva liberamente in una dichiarazione di colpevolezza.
«Capisco. E che mi dice della voce di una riunione segreta di emergenza tra il presidente e il direttore della NASA?»
A quel punto, la Tench parve sorpresa. «Non capisco a quale riunione si riferisca. Il presidente partecipa a molte riunioni.»
«Ovvio.» Sexton decise di puntare dritto alla gola. «Signora Tench, lei è una grande sostenitrice dell'agenzia spaziale, vero?»
La Tench sospirò, quasi fosse stufa del cavallo di battaglia di Sexton. «Io credo nell'importanza di mantenere la superiorità tecnologica americana, sia essa militare, industriale, nel campo dell'intelligence o delle telecomunicazioni. La NASA rientra chiaramente in questa visione.»
Sexton si accorse che gli occhi di Gabrielle, dalla cabina di regia, lo sollecitavano a lasciar perdere, ma lui già assaporava il gusto del sangue. «Sono curioso di sapere quanto lei influisca sulle decisioni del presidente di continuare a finanziare questa agenzia chiaramente allo sbando.»
La Tench scosse la testa. «Anche il presidente ha grande fiducia nella NASA. E decide autonomamente.»
Sexton stentava a credere alle sue orecchie. Aveva appena offerto a Marjorie Tench la possibilità di esonerare in parte il presidente addossando su di sé la colpa dei finanziamenti alla NASA ma lei, invece di coglierla al volo, ributtava ogni responsabilità su Herney. "Il presidente decide autonomamente." A quanto pareva, la Tench stava già cercando di prendere le distanze da quella disastrosa campagna elettorale. Non c'era da sorprendersi. Dopotutto, quando si fosse placato il polverone, Marjorie Tench avrebbe dovuto cercarsi un nuovo lavoro.
Nei minuti successivi, i due si limitarono a schivare i colpi dell'avversario. La Tench fece qualche debole tentativo di cambiare argomento, ma Sexton continuò a torchiarla sul bilancio della NASA.
«Senatore» disse a un certo punto il consigliere del presidente «lei vuole tagliare i fondi alla NASA, ma ha idea di quanti posti di lavoro ad alta specializzazione andrebbero perduti?»
Per poco Sexton non le rise in faccia. "E questa passa per una delle menti più brillanti di Washington?" Era evidente che la Tench aveva molto da imparare sui dati economici del paese. I lavori ad alta specializzazione non avevano alcun peso in confronto all'enorme numero di tute blu americane.
Sexton insistette. «Qui si sta parlando di miliardi di risparmio, Marjorie, e se il risultato è che un pugno di scienziati della NASA dovranno salire sulla loro BMW e mettersi sul mercato, sia pure. Io mi impegno a essere molto attento alla spesa.»
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