Carol O'Connell - Amanda È Morta Nel Parco

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Amanda È Morta Nel Parco: краткое содержание, описание и аннотация

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Il cadavere di una donna dalle mani spappolate viene ritrovato al Central Park di Manhattan. In assenza di impronte e di documenti il detective Palanski identifica la vittima in base al nome sull'etichetta della giacca: è Cathy Mallory, geniale e irriducibile cane sciolto della sezione Crimini Speciali della Polizia di New York, recentemente sospesa dal servizio per motivi disciplinari. Quando il notiziario di mezzogiorno la informa della propria morte, Mallory si getta nelle indagini con foga. E scopre che la vittima è in realtà Amanda Bosh, venticinquenne da tempo coinvolta nella relazione con un facoltoso uomo sposato. Per stanare l'assassino Mallory è pronta a tutto, persino a trasformarsi in un vera e propria esca umana.

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Per tutta la durata della sospensione dal servizio, la protuberanza della Smith & Wesson 357 non avrebbe deformato le linee eleganti dei suoi blazer di sartoria. Sarebbe potuta passare per una comune cittadina, una civile, non fosse stato per quegli occhi verdi, che di civile avevano ben poco. Si era comodamente sistemata su un divano di broccato del Settecento, in una calda chiazza di sole pomeridiano. La gamba snella fasciata di jeans era ripiegata sotto il corpo, ma la suola della scarpa da jogging non toccava il tessuto. Helen Markowitz le aveva insegnato a rispettare i mobili, fossero quelli antichi di cui era pieno il suo ufficio, con i tappeti persiani e i paralumi di vetro colorato, o quelli più spartani del Dipartimento di Polizia di New York.

«Parlagli, Mallory», le disse Effrim Wilde, che, conoscendola da quasi dieci anni, si guardava bene dal chiamarla Kathy o Kathleen.

Quando si voltò verso Effrim i suoi occhi dal taglio allungato erano aperti solo a metà. «Spero che il ragazzo non sia posseduto dal diavolo», disse. Lanciò un'occhiata a Charles. «È una cosa che detesto, davvero.»

Charles Butler sfoderò un largo sorriso. Effrim Wilde non era altrettanto divertito.

Effrim era una sagoma tondeggiante nella luce smorzata che si diffondeva dall'ampia finestra centrale. Rimpicciolito dall'imponenza delle tre finestre ad arco, faceva pensare a un chierichetto, sebbene avesse passato da un pezzo i cinquanta. Il viso di cherubino cresciutello era incorniciato da capelli ondulati, ormai più sale che pepe.

«Charles, la questione è affascinante.»

«Smettila, Effrim.»

Charles avrebbe volentieri scambiato il proprio grosso naso con quello rincagnato di Effrim. Non poteva guardare da nessuna parte senza vederlo, o senza notare l'ombra che quella sua specie di proboscide proiettava su tutti i muri. Charles non era un bell'uomo, lo sapeva. Si era da tempo rassegnato al fatto che quanti lo incontravano per la prima volta tendessero a prenderlo per un lunatico appena scappato dal manicomio, forse a causa dei suoi grandi occhi ovoidali e delle iridi che come piccole biglie azzurre roteavano in mezzo a tanto bianco, conferendogli l'aspetto di uno perennemente colto di sorpresa.

«Non ho alcuna voglia di occuparmi di certe sciocchezze», proseguì, alzandosi da una sedia Queen Anne e incombendo senza volere sull'uomo più piccolo. Charles era alto quasi due metri e per lui incombere era inevitabile.

«Non sono sciocchezze, Charles. Ho i dati…»

«Dei russi o dei cinesi? Non importa. In entrambi i casi quegli esperimenti non mi convincono, non sono stati condotti con alcun rigore. Perché non appioppi il caso a Malakhai?»

«Malakhai, quello che smaschera i finti fenomeni paranormali? Credevo che fosse morto.»

«No. Adesso è in pensione, ma non credo che il caso di un ragazzino rappresenterebbe uno sforzo eccessivo. Non verrà a costarti troppo per un quarto d'ora di lavoro, vedrai.» Charles si girò verso Mallory. «Malakhai è un vecchio amico di famiglia. Ha girato l'Europa con mio cugino Max quando faceva il mago. Naturalmente tu eri di là da venire.»

«Charles, non sono i costi a preoccuparmi», disse Effrim.

«Bene. Non che Malakhai abbia bisogno di denaro. Vuoi che gli telefoni?»

«Assolutamente no. Ogni caso di cui si è occupato in vita sua è diventato un vero circo. Io ho bisogno di discrezione. Si tratta di un bambino, un bambino con dei grossi problemi.»

«Ah sì?» Charles si sollevò sulla punta dei piedi, sorridendo affabilmente. «Credevo che stessi lisciando il padre del ragazzo perché controlla un comitato per la concessione di fondi. È in questo periodo dell'anno che l'istituto va a caccia di contributi, giusto? Io mi occupo solo di talenti concreti, quantificabili.»

«Far levitare oggetti non è un talento?» Gli occhi di Effrim rotearono pieni di incredulità.

«Effrim, sai benissimo che la storia del ragazzo è una bufala. Non fa levitare proprio niente. Ed è inutile che guardi Mallory con quegli occhi supplichevoli. Non è particolarmente sentimentale quando si tratta di bambini, vecchiette o cagnolini. Lei non crede che gli oggetti inanimati possano volare senza una causa fisica. A proposito, il termine appropriato è "psicocinesi".»

«D'accordo, d'accordo, conosci il gergo tecnico meglio di me», disse Effrim, agitando la mano in un gesto di concessione. «Terrò conto della precisazione. Grazie.»

«E se il ragazzo fa levitare del cibo, si chiama maleducazione.»

«Grazie, Charles.»

Charles osservò Effrim, che sorrise amaramente prima di emettere un sospiro afflitto, consapevole del fatto che il suo vecchio amico stava solo raccogliendo le forze prima di un nuovo attacco.

«Questo bambino è passato attraverso una fase di terribile travaglio emotivo» disse Effrim nel tono che avrebbe usato per dire: "Fratelli e sorelle, preghiamo". «Sua madre morì che aveva appena nove anni. E quattordici mesi più tardi la stessa sorte toccò alla sua prima matrigna.»

«Niente da fare, Effrim. La psicocinesi non è il mio campo.»

Effrim levò gli occhi al cielo, alla maniera dei santi emaciati della pittura del Trecento. «Il tuo campo è scoprire nuove doti e trovare il modo di applicarle, giusto? Questo bambino è un caso eccezionale. Il suo quoziente d'intelligenza è pari al tuo. E poi il caso è piuttosto urgente. L'attuale moglie di suo padre è terrorizzata. Sembra che il ragazzo abbia deciso di impiegare le sue facoltà in un modo piuttosto terrificante.»

Un braccio lungo e sottile, terminante in cinque unghie laccate di rosso, si allungò sul retro del divano mentre Mallory si riscuoteva dall'apparente stato di letargo.

«Allora il suo bersaglio è la nuova matrigna?»

Charles guardò Effrim mentre questi rivalutava mentalmente Mallory come possibile alleata, studiando una strategia su misura per lei.

«Spero proprio di no» disse Effrim con squisita ipocrisia. «Il ragazzo si diverte a far levitare oggetti affilati.»

Charles riempì di sherry il bicchiere vuoto di Mallory.

Si scambiarono uno sguardo, e in quello sguardo ebbe luogo una breve conversazione, nel corso della quale l'uomo la scongiurò di non incoraggiare Effrim.

Poi Charles offrì la bottiglia di vetro al suo buon amico di tanti anni, sulla cui onestà e affidabilità non avrebbe certo scommesso. «Effrim, se credi che il ragazzo sia traumatizzato, non sarebbe il caso di mandarlo da uno psichiatra?»

«Probabilmente no» disse Mallory, rispondendo al posto di Effrim. «Quanti psichiatri davvero in gamba ci sono al mondo? Se si tratta di un trucco e il ragazzo è sveglio come dici, uno strizzacervelli qualunque non sarebbe certo in grado di aiutarlo.»

Charles guardò nella sua direzione, con un sorriso tirato che significava: "Ti avevo pregato di non farlo".

Mallory ignorò il suo sguardo. Charles trovò curioso che lei prendesse le parti di Effrim pur nutrendo tanta istintiva diffidenza nei suoi confronti.

«Come sono morte la madre e la prima matrigna?» chiese Mallory a Effrim.

Ecco la ragione dell'interesse di Kathy. Charles avrebbe dovuto intuirlo. Era stufa di lavorare con lui. Finito il periodo di sospensione, Mallory sarebbe tornata a lavorare nella Sezione Crimini Speciali. Charles non aveva nulla da offrirle, niente cadaveri né rompicapo appassionanti quanto un omicidio.

Effrim guardò nel suo bicchiere, leggendo nello sherry la mossa successiva. «Due tragedie, due vere tragedie. La madre naturale del ragazzo morì per un attacco cardiaco. Fatto strano, visto che era molto giovane, solo ventott'anni.» Alzò lo sguardo per saggiare l'effetto dell'esca lanciata a Mallory, ma il suo volto non esprimeva alcuna emozione. La fissò negli occhi troppo a lungo e il suo sguardo lo turbò. Tornò al bicchiere e si rivolse allo sherry. «La prima matrigna si suicidò… senza lasciare un biglietto.»

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