Fu solo a quel punto che udì i passi felpati che si stavano dirigendo verso di lui. Si voltò. Non si aspettava visite in quel posto isolato. Nessuno, a parte sua moglie, sapeva che era lì. E non aveva neppure sentito arrivare un’automobile.
La vista della donna lo fece sbiancare in volto.
Remmy Battle indossava un lungo soprabito di pelle nera con il bavero rialzato. Portava un paio di grandi occhiali da sole, stivali di pelle e guanti, benché non facesse freddo.
«Mrs Battle! Che cosa ci fa qui?»
La donna si fermò a mezzo metro dal carpentiere. «Volevo parlarti, Junior, a quattr’occhi.»
«Come diavolo faceva a sapere che ero qui?»
«So tante cose, Junior, molte di più di quello che la maggior parte della gente pensa. Ecco perché volevo parlare con te.»
Junior alzò le mani in un gesto di resa. «Senta, mi sono preso un avvocato. Farebbe meglio a parlare con lui.»
«Ho già parlato con lui. Adesso voglio parlare con te.»
Junior la osservò con diffidenza, poi si guardò intorno come se si aspettasse di veder sbucare gli agenti di polizia venuti ad arrestarlo. La sua espressione si fece ostinata. «Non capisco di cosa dovremmo discutere. Mi ha già fatto sbattere in galera.»
«Ma ora sei fuori, no?»
«Be’, sì, ma abbiamo dovuto pagare una bella cauzione. Ci ha quasi prosciugato. Noi non disponiamo di cifre del genere.»
«Ma andiamo, Junior, tua moglie guadagna molto bene in quel… club. Lo so per certo. Mio marito frequentava quel locale. È probabile che Lulu abbia guadagnato una piccola fortuna proprio grazie a lui.»
«Non ne so niente.»
La donna ignorò l’affermazione. «Il mio defunto marito.»
«L’ho sentito dire» borbottò Junior in risposta.
«È stato assassinato, sai?» disse lei in un tono stranamente basso e piatto.
«Ho sentito anche questo.»
«Tu esci di prigione e lui finisce morto ammazzato.»
Junior la guardò con occhi sbarrati. «Senta, non vorrà incolparmi anche di quello, signora, eh?»
«Oh, sono sicura che hai un alibi.»
«Ci può scommettere.»
«Buon per te, ma non è per questo che sono qui.» Remmy gli si avvicinò ulteriormente e si levò gli occhiali da sole. Aveva gli occhi gonfi e arrossati.
«Allora perché è venuta?»
«La rivoglio, Junior. La rivoglio subito.»
«Maledizione, Mrs Battle, non l’ho presa io la sua fede!»
Improvvisamente Remmy cominciò a urlare: «Non me ne frega un cazzo di quella dannata fede! Rivoglio le altre cose. Tutto. Devi restituirmele. Ridammi subito le mie cose!»
Junior si batté una mano sulla coscia in un gesto di frustrazione. «Quante volte dovrò ripeterlo? Io non ce l’ho quella roba perché non sono entrato in casa sua per rubare!»
«Ti pago quello che vuoi» insistette Remmy, ignorando il suo rifiuto. Guardò la casa costruita a metà. «Pagherò una squadra di operai specializzati perché vengano qui a finire la casa al posto tuo. La farò raddoppiare di superficie, ti darò una dannata piscina, qualunque cosa vorrai.» Gli si piantò davanti, e con una mano gli afferrò il giubbino jeans sbiadito con una stretta saldissima. «Qualsiasi cosa tu o Lulu vogliate ve la darò. Ma in cambio voglio che mi restituisci quelle cose. Non devi fare altro che restituirmele e ritirerò la denuncia, e avrete una casa veramente bella. E potrai tenerti quella dannata fede.»
«Mrs Battle, io…»
Remmy lo schiaffeggiò in piena faccia, facendolo ammutolire. Junior avrebbe potuto uccidere chiunque avesse osato fargli una cosa simile. Eppure non mosse un solo dito per reagire.
«Ma se non mi ridai ciò che voglio ti farò desiderare con tutta l’anima una condanna a vent’anni di galera. Implorerai per averla dopo che avrò finito con te. Conosco le persone giuste, Junior, non credere. Verranno a trovarti. E non ti scorderai mai la loro visita.» Remmy gli lasciò andare il giubbino. «Ti concederò un po’ di tempo per pensarci su, ma non troppo.»
La donna si voltò per andarsene, ma poi girò la testa per guardarlo un’ultima volta. «Ancora una cosa, Junior. Se cercherai di usare qualcosa di quello che hai rubato, in qualsiasi modo, o se la farai vedere a un altro essere umano, tornerò qui di persona. Con un fucile calibro dodici che mi regalò mio padre prima di morire. E ti farò saltare quella grossa brutta testa dal collo. Mi hai capito bene, figliolo?» Tutto ciò fu pronunciato con un tono estremamente calmo ma nondimeno raggelante. Junior sentiva il sangue pulsargli nelle orecchie.
Remmy Battle non mostrò di dover ricevere una risposta. Inforcò di nuovo gli occhiali da sole, si voltò e se ne andò in silenzio proprio come era venuta.
Junior restò fermo là, in piedi, con lo stomaco che gli si rivoltava, a guardarla allontanarsi. In vita sua si era trovato coinvolto in molte risse da bar con energumeni più grossi di lui che avevano tutta l’intenzione di fargli del male. Si era perfino preso delle coltellate. Nel corso di quegli incidenti si era anche spaventato. Tuttavia non era nulla in confronto al terrore che provava in quel preciso istante, poiché non aveva nessun dubbio che quella pazza credesse veramente a ogni parola che aveva pronunciato.
A metà settimana Chip Bailey dell’FBI convocò di prima mattina una riunione delle forze dell’ordine impegnate a dare la caccia all’assassino, o agli assassini, di cinque persone. Fu tenuta alla stazione di polizia di Wrightsburg. King — che vi partecipava insieme a Michelle, a Todd Williams e a un vario assortimento di agenti dell’FBI e della polizia di Stato della Virginia — la considerò un’evidente dimostrazione di chi comandava veramente in quella situazione. Dopotutto l’FBI era rappresentata da quel gorilla da due quintali, il cui caratteraccio si manifestò alquanto in fretta.
«Abbiamo un profilo psicologico» esordì Bailey mentre il suo assistente distribuiva cartelline a tutti i presenti seduti intorno al tavolo di consiglio.
«Lascia che indovini» disse King. «Maschio, caucasico, tra i venti e i trenta, cultura come minimo da scuole superiori, e forse addirittura a livello universitario. Quoziente intellettivo al di sopra della media, ma grosse difficoltà a mantenere un posto di lavoro; primogenito di genitori di classe operaia, traumi infantili, madre dominante; probabilmente figlio illegittimo, con un forte interesse per le forze dell’ordine, è un mostro solitario con manie di comando che ha anche espresso un precoce entusiasmo per la pornografia sadomaso, il voyeurismo e la tortura di animaletti.»
«Hai già ricevuto una copia del rapporto?» brontolò Bailey.
«No. Ma la maggior parte dei profili psicologici dice le stesse cose, o qualcosa di dannatamente simile.»
«È perché la maggior parte dei serial killer ha in comune questo tipo di caratteristiche» ribatté Bailey in tono irato. «È stato chiaramente dimostrato con il passar degli anni. In effetti ogni dettaglio di questo profilo psicologico è stato comprovato nel tempo. Purtroppo abbiamo avuto un mare di esperienze. Più dei tre quarti dei serial killer al mondo vivono negli Stati Uniti, con un record di oltre mille omicidi a partire dal 1977, e due terzi delle vittime sono donne. L’unica cosa interessante su questo tizio è che nel suo approccio pare ci sia un misto di organizzazione e di disorganizzazione. Legacci usati in un caso e non negli altri. Una vittima trasportata in spalla, le altre no. Un cadavere occultato nel bosco, gli altri lasciati esattamente dove sono stati uccisi. Arma assente in un caso, ma non negli altri. Tutto questo è basato sui dati, Sean.»
«La maggior parte dei quali probabilmente calza a pennello su questo profilo, ma non tutti. Alcuni non rientrano in nessuna casella.»
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