«Tutte quante? Da dove?»
«Katmandu. Abbiamo un eliporto nascosto sull’altro versante della montagna.»
«Davvero? E non siete mai stati scoperti?»
Anna scrollò le spalle. «È semplicemente una questione di coordinare i nostri voli con le dozzine di giri turistici e di squadre di alpinisti che escono ogni giorno. Il pilota dovrebbe essere di ritorno entro un’ora.»
Painter annuì. Aveva intenzione di usare al meglio quell’ora, raccogliendo informazioni. Per ogni problema c’era una soluzione. O almeno così sperava.
Uscirono dalla stanza. I corridoi erano affollati: evidentemente si era sparsa la voce. Tutti sembravano indaffarati e arrabbiati oppure li guardavano di traverso, come se Painter e Lisa fossero in qualche modo responsabili del sabotaggio. Ma nessuno si avvicinava troppo. Il passo pesante di Gunther apriva loro un varco. Il carceriere era diventato il loro protettore.
Finalmente raggiunsero lo studio di Anna.
Un lungo tavolo era stato apparecchiato davanti al fuoco, con una gran quantità di vassoi pieni di cibo: salsicce, pane nero, stufati fumanti, porridge, formaggi stagionati, un assortimento di frutti di bosco, prugne e meloni.
«Aspettiamo qualcuno?» chiese Painter.
«Un costante apporto di combustibile è fondamentale nei climi freddi, sia per la casa, sia per il cuore», rispose Anna, da brava tedesca.
Si misero a tavola e condivisero il cibo, come una grande famiglia felice.
«Se c’è qualche speranza di trovare una cura, dovremo sapere di più della Campana», disse Lisa. «La sua storia, come funziona…»
Anna, che si era incupita durante il tragitto fin lì, s’illuminò. Esiste forse un ricercatore cui non piaccia parlare delle proprie scoperte? «È cominciato come esperimento per un generatore di energia: un nuovo motore. La Campana ha preso il nome dal suo contenitore esterno: un involucro di ceramica a forma di campana, appunto, grande come un fusto da quattrocento litri e rivestito di piombo. All’interno c’erano due cilindri di metallo, l’uno dentro l’altro, che giravano in direzioni opposte.» Anna riprodusse il movimento con le mani. «A lubrificare il tutto e a riempire la Campana c’era un metallo liquido simile a mercurio: lo Xerum 525.»
«È la sostanza che ha detto di non poter riprodurre», puntualizzò Painter.
«Esatto. Ci abbiamo provato per decenni, cercando di ricostruire a ritroso la composizione del metallo liquido, ma presenta alcuni aspetti che è impossibile esaminare. Sappiamo che contiene perossidi di torio e di berillio, ma non molto altro. L’unica cosa che sappiamo per certo è che lo Xerum 525 era un sottoprodotto della ricerca nazista sull’energia del punto zero. È stato ottenuto in un altro laboratorio, distrutto subito dopo la guerra.»
«E voi non avete scoperto un modo per produrne dell’altro?» chiese Painter.
Anna scosse la testa.
«Ma che cosa faceva la Campana, esattamente?» chiese Lisa.
«Come dicevo prima, era semplicemente un esperimento. Molto probabilmente l’ennesimo tentativo di attingere all’infinita energia del punto zero. Ma, a un certo punto, i ricercatori nazisti hanno notato effetti strani quando la mettevano in funzione. La Campana emetteva una debole luminescenza. Andavano in corto circuito apparecchiature elettriche in un raggio di distanza enorme. Sono stati segnalati anche alcuni decessi. Durante una serie di esperimenti successivi, il dispositivo è stato affinato ed è stata costruita una schermatura. Sono stati eseguiti esperimenti in una miniera abbandonata, a grande profondità. Non si sono verificate altre morti, ma gli abitanti dei villaggi a un chilometro di distanza dalla miniera hanno riferito insonnia, vertigini e crampi muscolari. La Campana emanava qualcosa e l’interesse aumentava.»
«Era ritenuta una potenziale arma?» ipotizzò Painter.
«Non saprei. Gran parte degli archivi è stata distrutta dal responsabile della ricerca. Ma sappiamo che la squadra originaria ha esposto ogni genere di forma biologica alla Campana: felci, muffe, uova, carne, latte; e un’intera gamma di specie animali, invertebrate e vertebrate: scarafaggi, lumache, camaleonti, rospi e, naturalmente, topi.»
«E il vertice della catena alimentare?» chiese Painter. «Esseri umani?»
«Temo di sì. L’etica spesso è la prima vittima del progresso.»
«E che cosa è successo durante quegli esperimenti?» chiese Lisa, che aveva smesso di mangiare, non per repulsione, ma per il grande interesse che l’argomento suscitava in lei.
Anna intuì che avevano qualcosa in comune e rivolse l’attenzione a Lisa. «Ancora una volta gli effetti erano inspiegabili. Nelle piante la clorofilla scompariva, facendole diventare bianche. Nel giro di poche ore si decomponevano, riducendosi a una poltiglia viscida. Negli animali, il sangue gelava nelle vene e nei tessuti si formava una sostanza cristallina, che distruggeva le cellule dall’interno.»
«Vediamo se indovino», intervenne Painter. «Soltanto gli scarafaggi rimanevano indenni.»
Lisa lo guardò di traverso, poi si rivolse di nuovo ad Anna: «Avete qualche idea di che cosa causasse quegli effetti?»
«Possiamo solo fare congetture. Tuttora, riteniamo che la Campana, girando, crei un forte vortice elettromagnetico. Lo Xerum 525, un sottoprodotto delle ricerche precedenti sull’energia del punto zero, quando è esposto a questo vortice genera un’aura di strane energie quantiche.»
Painter mise assieme i pezzi mentalmente. «Perciò lo Xerum 525 è il combustibile e la Campana è il motore. »
Anna fece un cenno d’assenso.
«E la Campana diventa una specie di impastatrice», brontolò una nuova voce.
Tutti si voltarono a guardare Gunther, che stava masticando della salsiccia. Era la prima volta che mostrava un qualche interesse alla conversazione.
«Una descrizione grezza, ma corretta», convenne Anna. «Immaginate la natura onnipresente del punto zero come impasto per torte. Quando gira, la Campana è come la pala di un’impastatrice che ci s’immerge e provoca un risucchio dell’energia quantica verso l’esterno, verso la nostra esistenza, schizzando tutt’attorno strane particelle subatomiche di ogni genere. I primi esperimenti erano tentativi di manipolare la velocità di questa impastatrice, per poter controllare quegli schizzi.»
«Per fare meno pasticci, insomma.»
«E anche per alleviare gli effetti collaterali degenerativi. Hanno avuto successo: gli effetti avversi sono diminuiti e qualcosa di straordinario ha preso il loro posto.»
Painter capì che stavano arrivando al nocciolo della questione.
Arma si chinò verso di loro. «Al posto della degenerazione dei tessuti biologici, gli scienziati nazisti hanno cominciato a notare miglioramenti : crescita accelerata nelle muffe, gigantismo nelle felci, riflessi più rapidi nei rospi e intelligenza maggiore nei ratti. Data la loro coerenza, i risultati non potevano essere attribuiti soltanto a mutazioni casuali. E sembrava che negli animali di ordine più elevato i vantaggi dell’esposizione fossero maggiori.»
«Perciò sono passati agli esperimenti sugli esseri umani», aggiunse Painter.
«Mantenga una prospettiva storica, signor Crowe. I nazisti erano convinti che avrebbero dato origine a una razza superiore e d’un tratto si sono ritrovati davanti uno strumento per farlo entro una sola generazione. L’etica non presentava vantaggi. C’era un imperativo maggiore.»
«Creare una razza che potesse dominare il mondo.»
«Così credevano i nazisti. A quello scopo, hanno dedicato molti sforzi per far progredire le ricerche sulla Campana, ma il tempo a loro disposizione terminò. La Germania capitolò. Tuttavia la Campana è stata evacuata, così da poter proseguire la ricerca in segreto. Era la grande speranza del Terzo Reich: l’opportunità, per la razza ariana, di rinascere, di risorgere e dominare il mondo.»
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