Lei aggrottò le sopracciglia. «Io… non saprei. Solo che… diamo tutti per scontato che le cose… stiano in un certo modo. Come dovrebbero essere, forse. E non sono mai così. Sono sempre più… Non so. Oscure? Più umane. Come questa. Il poliziotto dovrebbe voler catturare l’assassino, non è questo che fanno i poliziotti? Prima d’ora non avevo mai pensato che ci potessero essere questioni di politica in un omicidio.»
«Tutto è politica», ribattei. Svoltai nella sua strada e rallentai di fronte alla sua casetta, graziosa e uguale a tante altre.
«Ma tu», riprese Rita, che sembrava non fare caso a dove fossimo e a cosa avessi detto. «Tu parti da questo. La maggior parte della gente nemmeno arriverebbe a pensarci.»
«Non sono così profondo, Rita», dissi, mentre infilavo l’auto in un parcheggio.
«È come se tutto avesse due facce. Quella che fingiamo di vedere e quella vera. E tu lo sai già. Per te è come un gioco.»
Non avevo idea di cosa stesse cercando di dire. Per la verità, avevo rinunciato a capire e, mentre lei parlava, la mia mente tornava al nuovo omicidio, al biancore della carne, all’improvvisazione nei tagli, a quella completa e immacolata assenza di sangue…
«Dexter…» disse Rita. Mi appoggiò una mano sul braccio.
La baciai.
Non so chi dei due si sia sorpreso di più. Non l’avevo assolutamente premeditato. E di sicuro non era effetto del suo profumo. Fatto sta che incollai le mie labbra alle sue e ce le tenni a lungo.
Lei mi respinse.
«No… no, Dexter.»
«Va bene», sussurrai, ancora sotto choc per quanto avevo fatto.
«Non credo di volerlo… Non sono ancora pronta per… Dannazione, Dexter.» Sganciò la cintura di sicurezza, aprì la portiera e corse in casa.
Oddio , pensai. Che cosa diavolo ho fatto?
Sapevo che me lo sarei dovuto chiedere e che forse avrei dovuto sentirmi deluso per avere distrutto il mio travestimento, dopo averlo faticosamente mantenuto per un anno e mezzo.
Ma non riuscivo a pensare che a quel mucchio di pezzi di cadavere.
Niente sangue.
Neppure una goccia.
Il corpo è disteso proprio come piace a me. Le braccia e le gambe sono immobilizzate, la bocca è tappata con il nastro adesivo. Così non ci saranno né rumori né zampilli di sangue nel mio spazio di lavoro. Il coltello è ben saldo nella mia mano. Di sicuro questa sarà un’esperienza molto soddisfacente…
Solo che non è un coltello, è una specie di…
Solo che la mano non è la mia. Anche se si muove in armonia con quest’altra, non è la mia mano a tenere la lama. E la stanza è piccola, angusta, e ha senso perché è… cosa?
E adesso eccomi galleggiare in questo ristretto spazio di lavoro, davanti a questo corpo così stimolante, e per la prima volta sento il freddo soffiare intorno a me, in qualche modo persino dentro me. E se solo avessi la percezione dei miei denti sono certo che li sentirei battere. E la mia mano, all’unisono con l’altra, si solleva preparandosi al taglio perfetto…
E naturalmente mi svegliai nel mio appartamento. Non sapevo perché, ero in piedi di fronte alla porta d’ingresso, completamente nudo. Va bene camminare nel sonno, ma fare anche lo strip-tease? Sul serio. Barcollai fino al mio piccolo letto montato su rotelle. Le coperte erano un cumulo sul pavimento.
Il condizionatore aveva fatto piombare la temperatura a quindici gradi. Mi era parsa una buona idea la sera prima, sentendomi leggermente stranito da quanto era successo con Rita. Un atto di prepotenza. Dexter, il bandito dell’amore, ladro di baci. Per cui, rientrato in casa, mi ero fatto una lunga doccia calda e avevo abbassato il termostato al minimo prima di andare a letto. Non ho la presunzione di capirne il perché, ma nei miei momenti più oscuri trovo che il freddo sia terapeutico. Lo avverto come una necessità.
E in effetti faceva freddo. Troppo ormai, per essere l’ora del caffè e il principio della giornata, tra le ultime schegge del mio sogno. Di norma non ricordo i miei sogni ma, quando mi capita, non vi attribuisco grande importanza. Perciò era ridicolo che questo non se ne volesse andare.
… galleggiare in questo ristretto spazio di lavoro… E la mia mano, all’unisono con l’altra, si solleva preparandosi al taglio perfetto…
Ho letto i libri. Forse perché non diventerò mai uno di loro, trovo gli esseri umani molto interessanti. Perciò conosco ogni simbolismo. Galleggiare è come volare e rappresenta il sesso. E il coltello…
Ja, herr doktor , il coltello ist eine madre, ja?
Svegliati, Dexter.
Non è che uno stupido sogno, privo di significato.
Il telefono squillò, facendomi sobbalzare.
«Che ne dici di fare colazione al Wolfie’s Deli?» disse Deborah. «Offro io.»
«È sabato mattina. Non riusciremo nemmeno a entrare.»
«Ci arrivo prima io e mi assicuro un tavolo. Ci vediamo lì.»
Il Wolfie’s Deli è una tradizione a Miami. E, dal momento che i Morgan sono una famiglia di Miami, era lì che si andava quando c’era una grande occasione. Mi sfuggiva il motivo per cui Deborah avesse inserito quella giornata nel novero delle grandi occasioni, ma ero certo che mi avrebbe illuminato per tempo. Sicché feci una doccia, mi abbigliai nel mio miglior casual da sabato mattina e partii in auto verso l’area di Miami Beach. Il traffico era scarso sulla nuova MacArthur Causeway. Ben presto mi facevo cortesemente largo a gomitate tra la folla che si assiepava al Wolfie’s.
Fedele alla consegna, Deborah si era impadronita di un tavolo d’angolo. Stava chiacchierando con una cameriera della vecchia guardia, che persino io conoscevo. «Rose, amore mio», dissi, chinandomi a darle un bacio sulla guancia rugosa. «La mia selvatica rosa irlandese.»
Lei si voltò, mostrandomi il suo viso perennemente severo. «Dexter», gracchiò lei, col suo marcato accento. «Lascia perdere i baci, neanche fossi un faigelah .»
« Faigelah ? Vuol dire ‘fidanzato’ in irlandese?»
« Feh », rispose lei e si trascinò in cucina, scuotendo il capo.
«Credo di piacerle», dissi a Deborah.
«A qualcuno piaci, evidentemente. A proposito, com’è andata la tua serata fuori?»
«Molto divertente. Dovresti provare, qualche volta.»
« Feh », rispose Deborah.
«Non puoi passare tutte le tue serate in biancheria intima sulla Tamiami Trail, Deb. Hai bisogno di vivere la tua vita.»
«Ho bisogno di un bel trasferimento», ringhiò lei. «Alla Squadra Omicidi. Poi alla vita ci pensiamo.»
«Capisco. Per i bambini sarebbe molto meglio poter dire: ‘La mamma è alla Omicidi’.»
«Dexter, per l’amor di Dio», protestò lei.
«È un pensiero naturale, Deborah. Figli e nipotini. Altri piccoli Morgan. Perché no?»
Lei espirò lentamente, il segreto del suo autocontrollo. «Pensavo che la mamma fosse morta», mormorò.
«Sono un medium. Il suo spirito mi parla attraverso i biscotti alla ciliegia.»
«Metti lo spirito sotto spirito. Che cosa sai della cristallizzazione cellulare?»
Battei le palpebre. «Wow. Hai appena stravinto la gara di Salto di Palo in Frasca.»
«Dico sul serio.»
«Mi cogli impreparato, Deb. Che cosa intendi per cristallizzazione cellulare?»
«A freddo. Cellule che cristallizzano a freddo.»
Una luce mi inondò il cervello. «Ma certo», dissi. «Bellissimo.» E da qualche parte nella mia mente cominciarono a tintinnare campanelli. Freddo… Freddo puro e limpido e il coltello gelido che quasi frigge sulla carne tiepida. Un freddo pulito e asettico, il sangue rallentato e impotente, un freddo così assolutamente giusto e totalmente necessario… «Perché non ci ho…» cominciai. Mi interruppi quando vidi l’espressione di Deborah.
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