«Non l’ha detto.»
«Ha preso la macchina?»
«Sì, la Batmobile.»
«Tanto per sapere, come è fatta una Batmobile?»
«Esternamente è come una Corvette nera. Ho fatto un giro per cercarla, ma non l’ho vista da nessuna parte.»
«Forse dovresti sporgere denuncia alla polizia.»
«Neanche per sogno! Il vecchio Dougie si ritroverebbe nei guai con la garanzia di cauzione.»
Non so perché, ma avevo un brutto presentimento. Il Luna era nervoso e considerata la sua personalità era un caso raro. Il Luna era di solito la tranquillità fatta persona.
«C’è sotto qualcos’altro» dissi. «Cosa mi stai nascondendo?»
«Ehi, niente, piccola. Te lo giuro.»
Sarò scema, ma Dougie mi piace. Lui sarà anche un sempliciotto e un intrallazzatore, ma almeno è uno di quelli innocui. E adesso era scomparso e io avevo una brutta sensazione allo stomaco.
«Che mi dici della famiglia di Dougie? Hai parlato con qualcuno?» gli chiesi.
«No, piccola, sono tutti da qualche parte in Arkansas. Il vecchio Dougie non parlava molto di loro.»
«Dougie ha un elenco del telefono?»
«Non ne ho mai visto uno. Ma chissà, può darsi che sia in camera sua.»
«Tu stai qui con Bob e controlla che non mangi niente. Faccio un salto in camera di Dougie.»
Al piano di sopra c’erano tre camere da letto. Ero già stata a casa sua e quindi sapevo quale era quella di Dougie. E sapevo anche cosa aspettarmi in quanto ad arredamento. Dougie non era uno che perdeva tempo con le minuzie dei lavori domestici. Il pavimento della camera era un tappeto di vestiti sparsi dovunque, il letto era sfatto, sul cassettone c’era una montagna di pezzi di carta, un modellino della navicella spaziale Enterprise , riviste con donnine nude, piatti e tazze sporchi.
C’era un telefono sul comodino ma niente elenco telefonico. Vicino al letto, sul pavimento, c’era un pezzo di carta gialla per appunti. Sopra vi erano scritti una serie di nomi e di numeri alla rinfusa, alcuni semicancellati da una macchia di caffè. Diedi una rapida scorsa alla pagina e scoprii che diversi Kruper avevano numeri telefonici dell’Arkansas. Nessuno nel New Jersey. Mi feci largo tra il casino sopra il cassettone e tanto per non lasciare nulla di intentato misi il naso nell’armadio.
Nessun indizio.
Non avevo alcun buon motivo per controllare le altre camere, ma sono ficcanaso di natura. La seconda camera, scarsamente ammobiliata, era destinata agli ospiti. Il letto era stropicciato e pensai che probabilmente il Luna ci dormiva di tanto in tanto. La terza camera era piena fino al soffitto di varia merce rubata. Scatole di tostapane, telefoni, sveglie, montagne di T-shirt e Dio solo sa cos’altro. Dougie era tornato in attività.
«Luna!» gridai. «Vieni su! Subito! »
«Accidenti» esclamò il Luna quando mi vide sulla soglia della terza camera. «Da dove viene tutta quella roba?»
«Credevo che Dougie avesse smesso di trafficare.»
«Non è riuscito a trattenersi, piccola. Ti giuro che ci ha provato, ma ce l’ha nel sangue, capisci? È nato per fare il commerciante.»
Ora capivo meglio il perché del nervosismo del Luna. Dougie aveva ancora a che fare con dei brutti ceffi. I brutti ceffi non sono un problema finché va tutto bene. Ma cominciano a diventare una preoccupazione quando viene fuori che il tuo amico è scomparso.
«Sai da dove vengono questi scatoloni? Sai con chi lavorava Dougie?»
«Mi trovi, per così dire, impreparato. Ha risposto a una telefonata e poi è spuntato un camion sul vialetto con tutto questo magazzino di roba. Non sono stato molto attento. In TV c’erano Rocky and Bullwinkle , e sai quant’è difficile resistere al vecchio Rocky.»
«Dougie doveva dei soldi a qualcuno? C’era qualcosa che non andava nei suoi traffici?»
«Non credo. Sembrava fosse proprio contento. Diceva che la roba che aveva preso andava via come il pane. Tranne per i tostapane. Ehi, ne vuoi uno?»
«Quanto vuoi?»
«Dieci verdoni.»
«Affare fatto.»
Feci una breve sosta da Giovichinni per comprare qualche genere di prima necessità, poi io e Bob ci fiondammo a casa per il pranzo. Tenevo il tostapane sotto un braccio e la borsa della spesa nell’altro quando scesi dall’auto.
Benny e Ziggy si materializzarono improvvisamente dal nulla.
«Lascia che ti aiuti con quella borsa» disse Ziggy. «Una signora come te non dovrebbe portare la spesa da sola.»
«E questo cos’è? Un tostapane» disse Benny, mentre me lo toglieva da sotto il braccio e guardava la scatola. «Ed è pure uno di quelli buoni. Ha delle aperture più grandi del normale, così se vuoi ci puoi scaldare anche le focacce.»
«Non c’è bisogno» dissi, ma si erano già presi borsa e tostapane e mi precedettero all’ingresso del mio palazzo.
«Abbiamo pensato di fermarci per vedere come andavano le cose» disse Benny mentre schiacciava il pulsante dell’ascensore. «Novità su Eddie?»
«L’ho visto da Stiva, ma mi è scappato.»
«Sì, lo sappiamo. Che peccato.»
Aprii la porta di casa, mi restituirono borsa e tostapane e sbirciarono dentro l’appartamento.
«Non è che stai nascondendo Eddie a casa tua?» chiese Ziggy.
«No!»
Ziggy scrollò le spalle. «È stata un’ipotesi azzardata.»
«Tentar non nuoce» disse Benny.
E se ne andarono.
«Non è necessario superare una prova di intelligenza per entrare nella malavita» dissi a Bob.
Inserii la spina del mio tostapane nuovo e ci infilai due fette di pane. Preparai un panino al burro di arachidi per Bob e un toast al burro di arachidi per me e mangiammo in piedi in cucina, godendoci quel momento.
«Fare la casalinga non è poi così difficile» dissi a Bob «se hai un po’ di pane e del burro di arachidi.»
Chiamai la mia amica Norma all’Ufficio immatricolazione veicoli e mi feci dare il numero di targa della Corvette di Dougie. Poi chiamai Morelli per vedere se aveva sentito qualcosa in giro.
«Il referto dell’autopsia di Loretta Ricci non è ancora pronto» disse Morelli. «Nessuno è riuscito ad acciuffare DeChooch, e Kruper non è ancora venuto a galla. Tocca a te fare la prossima mossa, dolcezza.»
Perfetto.
«Allora ci vediamo stasera» disse Morelli. «Vengo a prendere te e Bob alle cinque e mezzo.»
«Va bene. Hai in mente qualcosa di speciale?»
Silenzio all’altro capo del telefono. «Credevo che fossimo invitati a casa dei tuoi per cena.»
«Oh accidenti! Maledizione. Merda.»
«Ti eri dimenticata, eh?»
«Ci sono già andata ieri.»
«Vuoi dire che non dobbiamo andarci per forza?»
«Se solo fosse così semplice.»
«Vengo a prenderti alle cinque e mezzo» disse Morelli, e riagganciò.
I miei genitori mi piacciono, davvero. È solo che mi fanno uscire di testa. Prima di tutto c’è la mia sorella perfetta, Valerie, con le sue due figlie perfette. Per fortuna vive a Los Angeles e quindi la loro perfezione è mitigata dalla distanza. Poi c’è il mio preoccupante stato civile, che mia madre si sente in obbligo di regolarizzare. Per non parlare poi del lavoro, di come mi vesto, di quello che mangio, della frequentazione della chiesa (o meglio della non frequentazione).
«Okay, Bob» dissi «è ora di tornare al lavoro. Mettiamoci in moto.»
Avrei passato il pomeriggio a cercare auto. Dovevo trovare una Cadillac bianca e una Batmobile. Decisi di iniziare dal Burg per poi allargare l’area di ricerca. Mi ero fatta mentalmente una lista dei ristoranti e dei posti dove servivano pasti a prezzi scontati per gli anziani. Quelli li avrei lasciati per ultimi, magari avrei trovato la Cadillac bianca prima.
Lasciai un pezzo di pane nella gabbietta di Rex e gli dissi che sarei tornata a casa per le cinque. Avevo in mano il guinzaglio di Bob e stavo per uscire quando qualcuno bussò alla porta. Era un fattorino della StateLine Florist.
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