Niccolo Macchiavelli - Mandragola

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Niccolò Machiavelli

MANDRAGOLA

PERSONAGGI

Callimaco

Siro

Messer Nicia

Ligurio

Sostrata

Frate Timoteo

Una donna

Lucrezia

Canzone

da dirsi innanzi alla commedia,

cantata da ninfe e pastori insieme

Perché la vita è brieve

e molte son le pene

che vivendo e stentando ognun sostiene;

dietro alle nostre voglie,

andiam passando e consumando gli anni,

ché chi il piacer si toglie

per viver con angosce e con affanni,

non conosce gli inganni

del mondo; o da quai mali

e da che strani casi

oppressi quasi sian tutti i mortali.

Per fuggir questa noia,

eletta solitaria vita abbiamo,

e sempre in festa e in gioia

giovin leggiadri e liete Ninfe stiamo.

Or qui venuti siamo

con la nostra armonia,

sol per onorar questa

sí lieta festa e dolce compagnia.

Ancor ci ha qui condutti

il nome di colui che vi governa,

in cui si veggon tutti

i beni accolti in la sembianza eterna

Per tal grazia superna,

per sí felice stato,

potete lieti stare,

godere e ringraziare chi ve lo ha dato.

PROLOGO

Iddio vi salvi, benigni uditori,

quando e’ par che dependa

questa benignità da lo esser grato.

Se voi seguite di non far romori,

noi vogliàn che s’intenda

un nuovo caso in questa terra nato.

Vedete l’apparato,

qual or vi si dimostra:

quest’è Firenze vostra,

un’altra volta sarà Roma o Pisa,

cosa da smascellarsi delle risa.

Quello uscio, che mi è qui in sulla man ritta,

la casa è d’un dottore,

che ’mparò in sul Buezio legge assai;

quella via, che è colà in quel canto fitta,

è la via dello Amore,

dove chi casca non si rizza mai;

conoscer poi potrai

a l’abito d’un frate

qual priore o abate

abita el tempio che all’incontro è posto,

se di qui non ti parti troppo tosto.

Un giovane, Callimaco Guadagni,

venuto or da Parigi,

abita là, in quella sinistra porta.

Costui, fra tutti gli altri buon compagno,

a’ segni ed a’ vestigi

l’onor di gentilezza e pregio porta.

Una giovane accorta

fu da lui molto amata,

e per questo ingannata

fu, come intenderete, ed io vorrei

che voi fussi ingannate come lei.

La favola Mandragola si chiama:

la cagion voi vedrete

nel recitarla, come io m’indovino.

Non è el componitor di molta fama;

pur, se vo’ non ridete,

egli è contento di pagarvi il vino.

Uno amante meschino,

un dottor poco astuto,

un frate mal vissuto,

un parassito, di malizia el cucco,

fien questo giorno el vostro badalucco.

E, se questa materia non è degna,

per esser pur leggieri,

d’un uom, che voglia parer saggio e grave,

scusatelo con questo, che s’ingegna

con questi van pensieri

fare el suo tristo tempo più suave,

perch’altrove non have

dove voltare el viso,

ché gli è stato interciso

mostrar con altre imprese altra virtue,

non sendo premio alle fatiche sue.

El premio che si spera è che ciascuno

si sta da canto e ghigna,

dicendo mal di ciò che vede o sente.

Di qui depende, sanza dubbio alcuno,

che per tutto traligna

da l’antica virtú el secol presente,

imperò che la gente,

vedendo ch’ognun biasma,

non s’affatica e spasma,

per far con mille suoi disagi un’opra,

che ’l vento guasti o la nebbia ricuopra.

Pur, se credessi alcun, dicendo male,

tenerlo pe’ capegli,

e sbigottirlo o ritirarlo in parte,

io l’ammonisco, e dico a questo tale

che sa dir male anch’egli,

e come questa fu la sua prim’arte,

e come, in ogni parte

del mondo ove el sí sona,

non istima persona

ancor che facci el sergieri a colui,

che può portar miglior mantel che lui.

Ma lasciàn pur dir male a chiunque vuole.

Torniamo al caso nostro

acciò che non trapassi troppo l’ora.

Far conto non si de’ delle parole,

né stimar qualche mostro,

che non sa forse s’ e’ si è vivo ancora.

Callimaco esce fuora

e Siro con seco ha,

suo famiglio, e dirà

l’ordin di tutto. Stia ciascuno attento,

né per ora aspettate altro argumento.

ATTO PRIMO

SCENA PRIMA

Callimaco, Siro.

CallimacoSiro, non ti partire, i’ ti voglio un poco.

SiroEccomi.

CallimacoIo credo che tu ti maravigliassi assai della mia subita partita da Parigi; ed ora ti maravigli, sendo io stato qui già un mese sanza fare alcuna cosa.

SiroVoi dite el vero.

CallimacoSe io non ti ho detto infino a qui quello che io ti dirò, non è stato per non mi fidare di te, ma per iudicare, che le cose che l’uomo vuole non si sappino, sia bene non le dire, se non forzato. Pertanto, pensando io di potere avere bisogno della opera tua, ti voglio dire el tutto.

SiroIo vi sono servitore: e servi non debbono mai domandare e padroni d’alcuna cosa, né cercare alcuno loro fatto, ma quando per loro medesimi le dicano, debbono servirgli con fede; e cosí ho fatto e sono per fare io.

CallimacoGià lo so. Io credo che tu mi abbi sentito dire mille volte, ma e’ non importa che tu lo intenda mille una, come io avevo dieci anni quando da e mia tutori, sendo mio padre e mia madre morti, io fui mandato a Parigi, dove io sono stato venti anni. E perché in capo di dieci cominciorono, per la passata del re Carlo, le guerre in Italia, le quali ruinorono quella provincia, deliberai di vivermi a Parigi e non mi ripatriare mai, giudicando potere in quel luogo vivere piú sicuro che qui.

SiroEgli è cosí.

CallimacoE commesso di qua che fussino venduti tutti e mia beni, fuora che la casa, mi ridussi a vivere quivi, dove sono stato dieci altr’anni con una felicità grandissima…

SiroIo lo so.

Callimaco…avendo compartito el tempo parte alli studii, parte a’ piaceri, e parte alle faccende. Ed in modo mi travagliavo in ciascuna di queste cose, che l’una non mi impediva la via dell’altra. E per questo, come tu sai, vivevo quietissimamente, giovando a ciascuno, ed ingegnandomi di non offendere persona: tal che mi pareva essere grato a’ borghesi, a’ gentiluomini, al forestiero, al terrazzano, al povero ed al ricco.

SiroEgli è la verità.

CallimacoMa, parendo alla Fortuna che io avessi troppo bel tempo, fece che e’ capitò a Parigi uno Cammillo Calfucci.

SiroIo comincio a indovinarmi del male vostro.

CallimacoCostui, come gli altri fiorentini, era spesso convitato da me; e, nel ragionare insieme, accadde un giorno che noi venimmo in disputa dove erono piú belle donne, o in Italia o in Francia. E perché io non potevo ragionare delle italiane, sendo sí piccolo quando mi partii, alcuno altro fiorentino, che era presente, prese la parte franzese, e Cammillo la italiana; e, dopo molte ragione assegnate da ogni parte, disse Cammillo, quasi che irato, che, se tutte le donne italiane fussino monstri, che una sua parente era per riavere l’onore loro.

SiroIo sono or chiaro di quello che voi volete dire.

CallimacoE nominò madonna Lucrezia, moglie di messer Nicia Calfucci: alla quale dette tante laude e di bellezza e di costumi, che fece restare stupidi qualunche di noi, ed in me destò tanto desiderio di vederla, che io, lasciato ogni altra deliberazione, né pensando piú alle guerre o alle pace d’Italia, mi messi a venire qui: dove arrivato, ho trovato la fama di madonna Lucrezia essere minore assai che la verità, il che occorre rarissime volte, e sommi acceso in tanto desiderio d’esser seco, che io non truovo loco.

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