Morto il padre, abbandonata dal principe, si sentiva sola nel mondo: sola, se non co’ suoi rimorsi, co’ pensieri non lieti delle cose malvagie da lei poste in atto.
Col tempo, il ricordo di Roberto ch’ella credeva aver cancellato per sempre dal cuore, vi si ravvivava.
Provava spesso una inquietudine, una smania inesplicabili: non pigliava sonno, non trovava in nulla diletto: avea da opporre a tutto, da censurar tutto, profanava ciò ch’è più sacro, bruttava ciò ch’è più bello: la vita amarissima di chi ha trasgredito le grandi leggi morali, inviolabili della coscienza.
S’era fitta in capo un’idea sin da quella memorabil mattina: riconquistar la grazia del principe.
E, nel corso di anni, vi era riuscita. Il principe ormai la trattava con benevolenza paterna: con una affabilità indulgente e un po’ motteggiatrice.
S’era formata fra loro come una certa tregua: vivevano abbastanza in pace: la principessa, tutta intesa al riconquistare; il principe sempre attento, perchè temeva d’insidie, e per provvedere, senza por tempo in mezzo, nel caso di pericoli.
In tale condizione noi li abbiamo trovati, insieme col nostro lettore, una mattina seduti a un tavolino, prendendo il tè, nel salotto della principessa.
Qual differenza tra questa mattina e l’altra da noi dianzi descritta! Allora il principe amava, stimava a bastanza la moglie: or non avea più per lei nè affetto, nè fiducia.
Anche il salotto non era lo stesso: quello ove si era svolta la disgustosissima scena era un salotto verde, con grandi fiori rossastri, nelle pareti, tappezzate di seta: questo era un salotto, in cui le pareti, i mobili, erano coperti di seta azzurra, splendente, con fiorellini bianchi, di mughetto, a rari intervalli.
La principessa, il principe si può dire vivessero ormai in ottimi rapporti, e quasi cordiali, siccome abbiamo avuto modo di rilevare dal dialogo riferito nel principio di questo capitolo.
Il principe scherzava volentieri nelle domande che faceva alla principessa sulle sue speciali occupazioni, sull’impiego della sua giornata, sulle persone, uomini e donne, che vedea più di frequente.
Anche la principessa scherzava nelle sue risposte, e talvolta nelle sue domande.
Ma, l’uno e l’altra, sempre in tuono assai dolce.
Dopo lo screzio con la moglie, il principe si era mostrato molto assiduo in casa della duchessa Rignatelli, giovane vedova, e dama della Regina.
Nell’alta società napoletana si raccontava che il principe avea un tempo fatto molto la corte a una zia della duchessa, bellissima donna, sebbene un po’ matura, e che ora avea rivolto alla nipote i suoi omaggi.
Il carattere della giovane vedova era molto confacente a quello del principe.
Anch’essa era delicata, poetica, studiosa, musicista, innamorata d’ogni arte: e, malgrado la sua delicatezza, coraggiosa, anzi intrepida.
La relazione fra il principe e la gentildonna non era più un mistero per tutta Napoli; e naturalmente anche la principessa ne avea udito parlare, e sovente, e magari con esagerazioni, da’ suoi corteggiatori.
Ella avea ben capito fin dalle prime che fra quei due, sì affini nella bontà della indole, nella elevatezza degli ideali, vi dovea essere una corrispondenza di animi, profonda, esaltata.
Siccome era fierissima, non avea mai voluto mostrarsene gelosa.
Ricevea la duchessa, le rendea puntualmente le sue visite, l’abbracciava, la baciava al cospetto delle amiche; con ciò intendeva gratuirsi il principe.
Egli non avrebbe tollerato, con la singolar buona fede la quale è in ogni uomo, che la moglie facesse ciò che egli pur faceva senza molto ritegno: ed era pronto a punire ogni scandalo, anche col più grave rischio della sua vita.
La principessa lo sapeva: e adoperava molta prudenza.
In casa della duchessa il principe passava la miglior parte delle sue giornate, o delle sue serate. Leggevano insieme: insieme parlavano, discutevano, si eccitavano, a proposito d’un quadro, di una statua, dello spettacolo del San Carlo, della commedia nuova, udita la sera innanzi: insieme entravano nei comitati di carità: e tutti dicevano ch’era un peccato non si fossero conosciuti prima, e non si fossero sposati: perchè avrebbero formato una coppia davvero felice. Erano fatti l’uno per l’altro: questo pensavano tutti.
– Come sta Luisa? – domandò placidamente quella mattina la principessa al marito: e alludeva alla duchessa. – È un pezzo che non la vedete? – aggiunse con sguardi molto maliziosi.
– L’ho veduta iersera, – disse con molta franchezza il principe, – e la rivedrò oggi, per un affare assai importante.... Essa sta benissimo.... E anche ieri mi ha domandato di voi....
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