Ali Bey - Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2
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- Название:Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2
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La pianta più comune ne' contorni di Marocco è la palma. Quest'albero si solleva ad una prodigiosa altezza; ma i frutti nè uguagliano quelli di Taffilet, nè possono conservarsi secchi tutto l'anno: chiamansi billòh . Entro e fuori del circondario di Semelalia io possiedo molte di queste piante; e nel mio giardino io mangiavo frequentemente del midollo, ossia della parte centrale del tronco, che è un'eccellente cosa.
In una foresta di palme tra Semelalia e Marocco si è formata una specie di repubblica di corvi, le di cui costumanze sono affatto singolari. Ogni mattino allo spuntar del giorno questi uccelli partono tutti in traccia di cibo, recandosi in luoghi assai lontani senza che che rimanga un solo in quel contorno: tornano poi verso sera riunendosi a migliaja nel bosco e facendo un orribile fracasso, quasi fra di loro si facessero il racconto delle avventure di quel giorno: cosa da me più volte osservata tanto in tempo d'estate che d'inverno. A fronte delle praticate diligenze io non ho mai potuto trovare in queste parti i corvi a piedi rossi osservati da altri viaggiatori e naturalisti.
Trovasi a breve distanza da questo bosco un sobborgo isolato abitato soltanto da famiglie che hanno la sventura di essere infette da una espulsione somigliante alla lepra, che si propaga di padre in figlio. Quest'infelici sono esclusi dalla società degli altri abitanti, e non avvi persona che ardisca di avvicinarli.
Vedesi stando a Marocco la Cordelliera dell'Atlante, di cui un quarto rimane costantemente coperto dalla neve. Ho calcolato che nella sua totalità possa avere 13,200 piedi d'altezza sopra il livello del mare; ciò dico per approssimazione, giacchè per averne un'esatta misura avrei dovuto eseguire delle operazioni trigonometriche, che avrebbero allarmato i barbari che mi circondavano, e sagrificai quest'oggetto, siccome molti altri, al mio grande progetto. Questa cordelliera è posta obbliquamente innanzi a Marocco dirigendosi dal S. O. al N. E., ma la parte più immediata trovasi al S. della città non più distante di sei leghe. Essa si prolunga nell'interno dell'Affrica, e si volge al levante passando al S. d'Algeri, e di Tunisi fino ai confini di Tripoli. Avremo opportunità di parlare altrove di queste montagne, esaminandole sotto un diverso rapporto.
I viveri sono più a buon mercato a Marocco, che a Tanger, o a Fez. Questa sgraziata capitale quasi spopolata affatto dalle guerre e dalla peste ha perduto ogni commercio. Le arti e le scienze non possono prosperarvi, nè avervi incoraggiamento, mancando Marocco perfino d'una scuola di qualche importanza. Il circuito delle mura, l'immenso ammasso di ruine, gl'infiniti acquedotti resi inutili, i vasti cimiterj che la circondano, possono soli rendere credibile una distruzione così rapida, e così sorprendente.
L' alcaïsseria di Marocco non è paragonabile a quella di Fez, ma gli Arabi delle vicine montagne vengono a farvi le loro provvisioni; lo che anima alcun poco il mercato.
Questi Arabi montagnardi sono tutti di piccola statura, negri, abbrustoliti del sole, e di un ributtante aspetto. Sono conosciuti sotto il nome di Brebi , e formano una nazione separata. Quantunque la maggior parte di loro sappia parlare l'arabo come gli altri abitanti, si valgono d'un idioma affatto diverso dalla lingua araba, fuorchè nelle espressioni prese dalla medesima. Io mi feci spiegare alcuni vocaboli, di cui ne do la seguente nota:


I Brebi contano così fino al venti, ch'essi chiamano aascharinn come gli Arabi, di cui ne hanno adottate le espressioni numerali di decine, che combinano colle unità brebe; per esempio

Usano pure le espressioni;

Secondo la costumanza de' Francesi, che dicono sessanta dieci , quattroventi dieci .
Rimarcansi nelle montagne diversi dialetti della lingua breba: tutti estremamente poveri e formanti misti d'arabo; di modo che si può prevedere che la lingua breba scomparirà in pochi secoli. Per iscrivere in questa lingua si adoperano i caratteri e l'ortografia araba: ma a fronte delle mie più diligenti ricerche non ebbi notizia di verun altro libro scritto in questo idioma.
CAPITOLO XVI
Malattia d'Ali Bey. – Storia naturale. – Eclissi della luna. – Ritorno del Sultano. – Regalo di donne. – Annuncio del viaggio alla Mecca. – Visita di etichetta, e regalo del Sultano. – Tenda mandata dal medesimo. – Ali Bey parte da Marocco.
Mentre mi trovavo a Semelalia fui sorpreso da grave malattia, che mi ridusse agli estremi. Nel corso di tre mesi ebbi cinque gravi ricadute, che mi lasciarono così debole da non potermi neppure leggermente occupare de' miei più favoriti studj. Rimasi costantemente nel mio palazzo di Semelalia senza medico, perchè non voleva prevalermi di quelli del paese, e non eravi in Marocco alcun medico europeo. Dovetti perciò curarmi da me stesso, adoperando i medicamenti, di cui ne aveva meco un abbondante provvisione, accompagnata da una apposita istruzione intorno al modo di farne uso; ed ebbi la fortuna nel tristo stato di trovarmi affatto abbandonato a me medesimo, di non perdere affatto i sensi. Quando potevo alzarmi del letto non omettevo di fare qualche operazione astronomica; e rispetto alla storia naturale raccolsi i seguenti fatti.
In maggio i pomi granati erano perfettamente fioriti, come ancora le palme e gli ulivi: gli albicocchi erano maturi, e tagliavasi l'orzo.
In sul finire di giugno incominciava la stagione dei fichi che durava fino alla metà d'agosto.
In luglio eranvi popponi e pastinache, e verso la fine d'agosto si ebbero i primi dattili di Taffilet.
Alla metà d'agosto i mercati incominciarono ad essere abbondantemente provveduti di uve.
In giugno ed in luglio eranvi molti citriuoli, pomi d'oro, ec., legumi di varie sorti, e si raccolsero le granaglie.
Il giorno 31 luglio i miei domestici uccisero nel mio giardino d'estate un serpente lungo sei piedi e quattro pollici, e della circonferenza di cinque pollici ed otto linee nella parte più grossa. Questo rettile mi parve analogo al coluber molurus o al boa ; ma egli aveva sulla testa alcune grandi piastre, che lo avvicinavano al Scitale. Io sono di parere che sia d'una specie sconosciuta: ma per mala sorte era un animale immondo, che la legge non permetteva di toccare; onde non potei esaminarlo attentamente, nè disegnarlo, lo che sarebbe stato un delitto in faccia alla gente che mi stava intorno. Perciò i miei domestici si affrettarono di levarmelo dinnanzi e portar lontano quest'animale così bello e curioso. Come mai potrebbero le scienze naturali fare alcun progresso ne' paesi mussulmani!
Ne' tre mesi di maggio, giugno e luglio l'atmosfera fu quasi sempre serena.
Nel medesimo giorno in cui si trovò il bel serpente un vento di S. O. portò una specie di turbine che si mantenne molto elevato, o dirò forse meglio, una massa di vapori che aveva un orribile aspetto. Non vedevasi alcuna nube, ed il lontano orizzonte sembrava un immenso vortice di fiamme, mentre una linea rubiconda sembrava circondarci da ogni lato all'altezza apparente di sei gradi; e di là fino allo zenit il cielo era tutto di colore citrino. Il disco solare era bianco smaccato, affatto privo di splendore e rassomigliava ad un globo di terraglia, o a dir meglio ad un disco di carta bianca. Il termometro era salito al 36°, ed il calore era effettivamente soffocante. Questa meteora si mantenne tutto il giorno; e fu portata senza dubbio dal vento simoum dal deserto, comechè non abbia potuto per cagione del monte Atlante dispiegare al di qua delle cordelliere la sua forza distruggitrice.
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