Luigi Amabile - Fra Tommaso Campanella, Vol. 2

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Luigi Amabile

Fra Tommaso Campanella, Vol. 2 / la sua congiura, i suoi processi e la sua pazzia

«La così detta congiura, che il Baldacchini e i più dei biografi Campanelliani qualificano eterno ed insolubile problema degli eruditi».

– Berti, T. Campanella, 1878

eruditi». – Berti, T. Campanella, 1878

CAP. IV

PROCESSI DI NAPOLI E PAZZIA DEL CAMPANELLA
A. – Processo della congiura (primi mesi del 1600)

I. Al declinare del giorno 8 novembre 1599, le quattro galere provenienti dalla Calabria giungevano in vista di Napoli, e poco dopo un battello spiccavasi dal Regio «tarcenale», come allora si diceva, ed andava ad incontrarle. Nella sera, all'entrare in porto, dalle antenne di ciascuna galera si vide spenzolare un uomo appiccato, e due altri si videro squartare in mezzo alle galere medesime, «per spavento del populo di questa città, concorso in numero infinito alla fama di questi funesti spettacoli» 1 1 Così nel Carteggio del Residente di Venezia; ved. Doc. 184, pag. 94. . L'indomani, i carcerati venivano sbarcati e rinchiusi parte nel Castel nuovo e parte nel Castello dell'uovo.

Ecco come era andata la faccenda di queste esecuzioni: ce ne danno notizie abbastanza precise in ispecie tre documenti autentici da noi raccolti, una lettera Vicereale del 9 novembre rinvenuta in Simancas, e due certificati scritti più tardi da' sacerdoti che avevano assistito alcuni di quegl'infelici, inserti poi nel processo di eresia. Il Vicerè scriveva a S. M.tà: «D. Garzia di Toledo con le quattro galere giunse ieri con Carlo Spinelli e i prigioni di Calabria, de' quali si aveano da giustiziare in Monteleone sei che erano convinti e confessi, e per non trattenere le galere li condussero con gli altri. Prima di sera mi avvertirono di quanto accadeva, e comandai che andassero ad incontrare le galere alcuni Religiosi i quali li aiutassero a ben morire, e che all'entrata del porto ne appiccassero quattro alle antenne e ne squartassero due, come si fece; ma ordinai che dapprima li strozzassero, ed essi morirono molto bene confessando i loro delitti, quantunque uno rimanesse pertinace sino all'ultimo ed infine morisse come gli altri. Oggi i prigioni sono stati posti ne' Castelli» etc. 2 2 Ved. nel Carteggio Vicereale il Doc. 36, pag. 42. . Adunque l'ordine delle esecuzioni anche questa volta fu dato dal Vicerè; e da una lettera del Nunzio, come vedremo più sotto, risulta che le galere si fermarono in Nisida per entrare la sera nel porto, od almeno che si era diffusa la voce di questo avvenimento, senza dubbio insieme con la fama del funesto spettacolo, secondo l'espressione del Residente Veneto. Nè fu vero che que' due infelici venissero squartati vivi, siccome dissero di poi il Parrino e il Giannone ed anzi lo stesso Residente, il quale lo riferì al suo Governo del pari il 9 novembre, mostrando bene che tale era stata l'impressione avutane in Napoli; il Vicerè fu tanto caritatevole da pensare non solo a questo, ma anche a far salvare le anime di quegl'infelici coll'invio de' Religiosi, mentre sulle galere non mancavano mai i rispettivi Cappellani, sicchè in Madrid doverono rimanerne edificatissimi. Un certificato appunto del Cappellano della galera denominata S.ta Maria, D. Eligio Marti, che poi con la stessa qualità passò a servire nell'ospedale degl'Incurabili, ed un certificato di Gio. Luca de Crescenzio de' Padri Ministri degl'infermi, o Padri della Crocella com'erano chiamati volgarmente, ci rivelano il resto, mostrandoci a quale ordine di Religiosi il Vicerè fosse ricorso 3 3 Ved. Doc. 382, pag. 395. . Erano allora in gran voga, e giustamente, i Padri Ministri degli infermi: lo stesso venerabile Camillo de Lellis li avea condotti in Napoli nel 1588, ed avea fatto grandemente apprezzare la loro caritatevole istituzione, sicchè ben presto, per le beneficenze di D.a Giulia Castelli, ebbero una distinta casa di Noviziato di rimpetto al Castello dell'ovo (alle Crocelle), oltrechè s'istallarono negli ospedali dell'Annunziata, degl'Incurabili, di S. Giacomo, venendo poi anche il De Lellis pel servizio corporale degl'infermi all'Annunziata; solo più tardi, col crescere della loro fortuna, preferirono il servizio spirituale , onde finirono per mantenersi in riputazione principalmente con la volgare credenza che avessero una speciale preghiera per abbreviare l'agonia degl'infermi accelerandone la morte! Più Religiosi di quest'ordine andarono a confortare quelli che doveano essere giustiziati, e al De Crescenzio toccò di confortare Gio. Battista Vitale, «il quale fu all'hora affocato dalli ministri di giustitia sopra uno schiffo e poi squartato in mezzo alle dette galere»; ma «in quel medesimo tempo che stava per morire, publice et in presentia nostra, e del fiscale sciarava, che si ritrovava in dette galere con detto Carlo Spinello, dichiarò, che quello che esso havea detto contro quelle persone da lui nominate nelle sue depositioni, e specialmente contro monaci, tanto in materia di Ribellione, quanto in materia di heresia non era vero, ma che il tutto havea detto per dolori de' tormenti datili dal predetto fiscale sciarava». Al Marti poi toccò di udire la stessa dichiarazione, durante il viaggio, non solo dal Vitale ma anche dai Caccia e dal Pisano, e da ultimo toccò di trovarsi presente ed aiutare a ben morire «apparandosi detto acto di giustitia sopra la detta galiera S.ta Maria» per Gio. Battista Vitale e per Gio. Tommaso Caccia, i quali ad alta voce innanzi al fiscale Sciarava là presente ripeterono la dichiarazione e volevano che fosse scritta; «qual dechiaratione da loro facta, fu eseguita la detta giustitia, et furono li predetti Gio. Battista et Gio. Thomaso affoghati sopra uno schifo, et poi squartati in mezo di dette Galiere». Intanto come mai il Vicerè non disse nulla su tale proposito, e parlò invece della temporanea pertinacia irreligiosa mostrata da uno di questi infelici? Verosimilmente essi fecero dichiarazioni di discolpe, ma parziali, avendo in realtà rivelato per atroci torture più di quello che conoscevano, e noi l'abbiamo fatto avvertire a suo tempo, nè il Vitale potè smentire ciò che avea rivelato in materia di eresia, mentre non era stato mai interrogato su tale materia; quanto poi alla pertinacia di uno di loro, la cosa fu vera ed accadde appunto in persona del Vitale. Difatti si ebbe in sèguito la testimonianza di Maurizio, il quale sul punto di morte narrò a' Delegati del S.to Officio che suo cognato «che fu giustitiato qua in Napoli sopra, il molo dentro mare… non si voleva convertere, perchè diceva havere inteso da fra Dionisio che non ci era Christo, ciò e, che non ci credeva» 4 4 Ved. Doc. 307, pag. 256. . Si ebbe poi anche, nel processo di eresia, la testimonianza del Barone di Cropani, il quale a detto altrui, giacchè soffrendo il mal di mare non vide nulla, disse che «tre che furo giustificiati sopra la galera», dove egli si trovava, gridavano essere stato loro estorto co' tormenti quanto aveano rivelato intorno alla ribellione, aggiungendo che «un Gio. Battista de Nicastro quale fu giustificato non si voleva convertire, ma disse che voleva andare a casa del diavolo, et ivi aspettare don loyse sciarava, si ben ala fine si ridusse et morì devotamente» 5 5 Ved. Doc. 373, pag. 383. . È facile ravvisare che si alluderebbe qui propriamente a Gio. Battista Bonazza, il quale come vedremo or ora dovè essere giustiziato del pari; se non che in quanto alla pertinacia irreligiosa da lui mostrata probabilmente il Barone equivocò, confondendolo con Gio. Battista Vitale.

Ma, oltre il Caccia e il Vitale, vi furono quattro altri semplicemente appiccati, e su' nomi di costoro non abbiamo la benchè menoma notizia.

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