Pietro Giannone - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3
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Dall'altro canto Pandolfo Principe di Capua, che mal seppe conoscergli, era venuto, per la sua crudeltà ed avarizia, nell'indignazione di tutti: le frequenti scorrerie e rapine che faceva al monastero Cassinense erano così insopportabili, che finalmente obbligarono quei Monaci, per liberarsi della sua tirannia, di ricorrere in Germania all'Imperadore Corrado, al quale avendo esposto con pianti e querele i guasti che dava a quel Santuario, lo pregarono a calar in Italia per liberarlo dalle mani di quel Tiranno, rammentandogli dover a lui appartenere la loro liberazione, essendo quel Monastero sotto la tutela sua, come era stato sotto li suoi predecessori, e immediatamente sotto la sua protezione [169] Ost. lib. 2 cap. 65.
.
S'aggiunsero ancora, per affrettar la venuta di Corrado in Italia, le rivoluzioni accadute in quest'istesso tempo in Lombardia, autore delle quali in gran parte era riputato l'Arcivescovo di Milano [170] Antonin. 2 part. tit. 16 cap. 2. §. 1.
. Per queste cagioni finalmente fu risoluto Corrado intraprender il cammino verso queste nostre parti, e nell'anno 1036 con valido esercito, avendo passato l'Alpi entrò in Italia, ed a Milano fermossi, ove sedati i tumulti colla prigionia de' rebelli, imprigionò ancora l'Arcivescovo di Milano autore di quelli. Passò indi a poco in Roma, ove ascoltò le querele, che contro il Principe di Capua gli furon portate da gente infinita: volle conoscere de' suoi falli, e portatosi nel monastero di Cassino, mandò Legati a Pandolfo per ridurlo di buon accordo a restituire ciò, che ingiustamente avea occupato a quel monastero; ma ostinandosi nella sua perfidia, sdegnato Corrado venne a Capua egli stesso, e Pandolfo fuggendo la sua indignazione ritirossi nella Rocca di S. Agata. L'Imperadore ricevuto in Capua con solenne apparato ed allegrezza, nel giorno di Pentecoste fu quivi incoronato con gran celebrità, e colle consuete cerimonie. Era allor costume degl'Imperadori d'Occidente di replicar sovente queste funzioni ne' giorni più celebri dell'anno, nel che è da vedersi l'incomparabile Pellegrino nelle gastigazioni all'Anonimo Cassinense; poichè Corrado non in Capua fu la prima volta incoronato Re o Imperadore: fu egli prima salutato Re nell'anno 1026, ed Imperadore nell'anno seguente, quando la prima volta venne in Roma.
(In quest'anno appunto, che fu il 1027 fu coronato in Roma da Papa Giovanni l'Imperador Corrado , siccome narrano Wippone Prete pag. 433 . Ottone Frisingense VI. cap. 29 che dice: Anno ab Incarnatione Domini MXXVII. Conradus Romam veniens etc. a summo Pontifice Joanne coronatus, ab omni Populo Romano Imperatoris, et Augusti nomen sortitur . Lo stesso scrissero Ermanno Contratto , Lamberto Schafnaburgense , Sigeberto Gemblacense , ed il Cronografo Sassone ad An. 1027. Passò in Puglia, e da poi in Germania fece ritorno. Nella fine da poi dell'anno 1036 ritornò di nuovo in Italia: sedò i tumulti in Milano: imprigionò quell'Arcivescovo, ed avendo celebrata la Pasqua dell'an. 1037 in Ravenna, sedati nel seguente anno 1038 i romori di Parma, tornò di nuovo in Alemagna. Così scrissero Wippone Prete pag. 440 et seqq. Ottone Frisigense VI. c. 31. dicendo: Italiam ingreditur, Nataleque Domini celebrans, per Brixiam ac Cremonam, Mediolanum venit, ejusdemque Urbis Episcopum, eo quod conjurationis erga cum factae reus diceretur, cepit, ac Pupioni Aquilejensi Patriarchae custodiendum commisit etc. Concordano Ermanno Contratto , gli Annali Ildesheimensi, il Cronografo Sassone , Alberico , e Lione Ostiense lib. 2. cap. 65 .)
Intanto Pandulfo con tutti i mezzi proccurava placar l'ira di Corrado, chiedendogli perdono; finalmente gli offerì trecento libbre d'oro, la metà delle quali offeriva sborsar prontamente, l'altra metà a certo tempo, promettendo frattanto insino all'intero pagamento di dargli per ostaggi una sua figliuola ed un nipote: gli accordò l'Imperadore l'offerta, al quale egli tosto mandò il denaro e gli ostaggi. Ma non molto da poi pentitosi questo Principe del fatto, e reputando di poter con facilità rientrare in Capua, subito che Corrado se ne fosse partito, negò finalmente, dopo molto prolungare, di mandargli il restante dell'oro. Corrado allora avendo scorto l'animo di questo Principe, e che appena egli partito, sarebbe col suo mal talento ritornato ben presto alle rapine ed alle crudeltà, pensò di privarlo affatto del Principato di Capua, e darne ad altri l'investitura.
Convocò per quest'effetto un'assemblea di Proceri e Magnati, e di molti suoi Baroni, alla quale volle che intervenissero ancora i Magnati stessi di Capua, acciocchè anche col loro parere e consiglio il facesse, e nel caso di doversi Pandolfo deporre dal Principato, più maturamente innalzarvi altro personaggio, che ne fosse meritevole. Fu pertanto deposto Pandolfo, e non ritrovandosi chi potesse meglio sustituirsi in suo luogo, del Principe di Salerno Guaimaro, Principe prudentissimo, e ch'era in somma grazia dell'Imperadore Corrado, fu a lui conceduto: e furon allora veduti questi due Principati uniti in un'istessa persona.
Pandulfo lasciato suo figliuolo nella Rocca di S. Agata, andò in Costantinopoli a chieder soccorsi dall'Imperadore. Ma questi prevenuto da Guaimaro, in vece di somministrargli ajuto, lo mandò in esilio, ove per due anni, e più insino che visse l'Imperadore, dimorò: morto costui, dal suo successore fu liberato, ma non potendo ricever alcun ajuto, se ne tornò senza alcun frutto [171] Ostiens. lib. 2 cap. 65.
.
Allora fu che Guaimaro riconoscente de' segnalati servigj, che gli avean prestato i Normanni, non tralasciava occasion d'ingrandirgli, e di mostrar loro il desiderio, che nudriva in esaltargli, proccurò dall'Imperadore Corrado l'investitura del Contado d'Aversa a favor di Rainulfo [172] Ostiens. lib. 2 cap. 65. Rainulfum quoque, ipsius Guaimarii suggestione, de Comitatu Aversano investivit.
; poichè se bene, come abbiam narrato, Rainulfo da Sergio Duca di Napoli fosse sopra i Normanni stato fatto Conte; nulladimanco quel, che si fece allora, fu solamente un conceder in ufficio a Rainulfo quella dignità, cioè di costituirlo Capitano sopra i suoi commilitoni, come dottamente spiegò il Pellegrino. Gl'Imperadori d'Occidente riputavano allora ad essi solo appartenere il concedere ed investire i Feudi in tutta Italia, ed esser questa, loro singolar prerogativa: ad imitazion de' quali pretesero da poi i Pontefici romani, che ad essi soli s'appartenessero l'investiture de' Beneficj, di che ci tornerà occasione altrove di favellare. Perciò Guaimaro, per istabilire maggiormente i Normanni nel Contado d'Aversa, proccurò che Rainulfo dall'Imperadore ne fosse investito, in virtù della quale investitura se gli concedeva non solo in ufficio, ma anche in Feudo la Città, ed il Contado e tutte quelle regalie, che sogliono venir comprese in simili concessioni.
Ma ben Guaimaro ne fu corrisposto da' Normanni, poichè non molto da poi co' loro ajuti prese Sorrento, e ritenendo per se il titolo di Duca di Sorrento, concedè questa città a Guido suo fratello. Conquistò ancora col loro ajuto Amalfi, che per se la ritenne, ed al suo Principato la sottopose [173] Ostiens. l. 2 c. 65. Eodem tempore Guaimarius, Normannis faventibus, Surrentum cepit, et fratri suo Guidoni contulit. Amalfim nihilominus suo dominatui subdidit.
. S'usurpò poco da poi, il titolo di Duca di Puglia e di Calabria; in guisa che nella sua persona s'unirono tanti titoli e Signorie, che non fu Principe alcuno veduto in questi tempi, innalzato a tanta sublimità e grandezza in queste nostre province, quanto lui. Per queste ragioni in alcune carte rapportate dall'Ughello nella sua Italia sacra, fatte sotto il Principato di Guaimaro IV si osservano tanti titoli, che a questo Principe s'attribuivano, come in una data in Melfi, Vigesimo sexto anno Principatus Salerni Domini nostri Guaimarii gloriosi Principis; et sexto anno Principatus ejus Capuae, et quinto anno Ducatus illius Amalfis, et Sirrenti; et secundo anno suprascriptorum Principatuum, et Ducatuum Domini Gisulfi eximii Principis, et Ducis filii ejus; et secundo anno Ducatus eorum Apuliae, et Calabriae, mense Junii duodecima Indictione [174] Ughell. de Archiep. Amalf. pag. 255 t. 7.
.
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