Iain Banks - La fabbrica degli orrori

Здесь есть возможность читать онлайн «Iain Banks - La fabbrica degli orrori» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию без сокращений). В некоторых случаях можно слушать аудио, скачать через торрент в формате fb2 и присутствует краткое содержание. Город: Roma, Год выпуска: 1996, ISBN: 1996, Издательство: Fanucci, Жанр: Современная проза, на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале библиотеки ЛибКат.

La fabbrica degli orrori: краткое содержание, описание и аннотация

Предлагаем к чтению аннотацию, описание, краткое содержание или предисловие (зависит от того, что написал сам автор книги «La fabbrica degli orrori»). Если вы не нашли необходимую информацию о книге — напишите в комментариях, мы постараемся отыскать её.

Frank Cauldhame, il diciassettenne protagonista della
, è uno dei personaggi più cattivi della letteratura, non solo contemporanea. Frank uccide: a sangue freddo, minuscoli insetti e innocenti bambini. Frank odia: il padre, ex hippy con manie da scienziato pazzo; la madre, che lo ha abbandonato subito dopo averlo messo al mondo; tutte le donne, quasi tutti gli uomini e la maggior parte degli animali. Ha un fratello, maniaco incendiario appena uscito dal manicomio (le cui vittime preferite sono i cani). E ha un amico, Jamie il nano, con cui beve birra al pub. Frank non piace a nessuno e nessuno piace a lui, in realtà non piace nemmeno a se stesso, e sull’isolotto scozzese sul quale vive da recluso vive una vita scandita da complessi rituali, plasmati sulla base di una personalissima religione…
Una favola inquietante di «educazione alla violenza», un romanzo micidiale che mescola l’universo giovanile a un immaginario allucinato al limite dell’incubo.

La fabbrica degli orrori — читать онлайн бесплатно полную книгу (весь текст) целиком

Ниже представлен текст книги, разбитый по страницам. Система сохранения места последней прочитанной страницы, позволяет с удобством читать онлайн бесплатно книгу «La fabbrica degli orrori», без необходимости каждый раз заново искать на чём Вы остановились. Поставьте закладку, и сможете в любой момент перейти на страницу, на которой закончили чтение.

Тёмная тема
Сбросить

Интервал:

Закладка:

Сделать

Tornai a sedermi, sospirando. Mi passai una mano tra i capelli e restai col busto inclinato in avanti a guardare la vespa che intanto era caduta. La vidi arrampicarsi a fatica sulla pallina d’acciaio annerita e striata coi colori dell’arcobaleno che mi era stata venduta come filtro da tè ma che ora si era trasformata in filtro da benzina. Un sorriso afflitto mi incurvò le labbra. Lo scomparto era ben aerato per via dei numerosi buchi nel coperchio e nel fondo di metallo che corredavano il tubo di vetro, quindi la vespa non sarebbe soffocata per le esalazioni del carburante. A pensarci bene si avvertiva una leggera perdita di benzina tutte le volte che la Fabbrica veniva innescata. Sentivo l’odore di quella benzina mentre guardavo la vespa, e forse l’aria esalava anche un lieve sentore di vernice fresca, ma non ne avevo la certezza. Mi strinsi nelle spalle e schiacciai l’interruttore della scatola, in modo tale che un pezzo di spago scivolò lungo i binari (costituiti dal picchetto da tenda in alluminio) e giunse a contatto con la rotella e il meccanismo di erogazione del gas dell’accendino usa e getta sospeso sopra la pozza di benzina.

Non ci vollero neanche diversi tentativi per azionare il meccanismo: si accese al primo colpo, e le fiamme sottili, ancora piuttosto luminose in contrasto con l’oscurità del primo mattino in cui era immersa la soffitta, si arricciavano e lambivano la pallina aperta del filtro. Le fiamme non fuoriuscivano dalle maglie, ma il calore sì, e la vespa schizzò verso l’alto, ronzando rabbiosamente sopra le fiamme mute, e andò a urtare contro il vetro, poi ricadde all’indietro, colpì le pareti del filtro, si arrampicò sul bordo, cominciò a scivolare tra le fiamme, si rialzò in volo per allontanarsi, sbatté due o tre volte contro il tubo metallico dell’imbuto, poi tornò a cadere nella trappola d’acciaio. Si tirò su un’ultima volta e svolazzò disperatamente per qualche secondo, ma ormai le ali dovevano essersi bruciacchiate, perché si muoveva in modo folle e irregolare, poi cadde nella rete metallica del filtro e morì, dimenandosi fino all’ultimo, finché non rimase immobile, con un sottile filo di fumo che saliva dal suo corpicino.

Mi sedetti a guardare l’insetto annerito che sfrigolava e si accartocciava; a guardare le fiamme che si levavano tranquille e sventagliavano attorno al filtro da tè come una mano; a guardare il riflesso delle fiammelle tremolanti sulla parete opposta del tubicino di vetro. Alla fine mi sporsi in avanti, svitai la base del cilindro, feci scivolare verso di me la semisfera metallica con la benzina e spensi il fuoco. Aprii il coperchio di quella sezione della Fabbrica e ci infilai un paio di pinzette per rimuovere il corpo. Lo riposi in una scatola di fiammiferi vuota e l’appoggiai sull’altare.

Non sempre la Fabbrica restituisce i cadaveri delle sue vittime. L’acido e le formiche non lasciano resti, e la trappola di Venere e quella del Ragno fanno avanzare solo qualche rimasuglio accartocciato, e a volte neanche quello. Ancora una volta, comunque, mi era rimasto un cadaverino bruciato. Ancora una volta avrei dovuto fare qualcosa per sistemarlo. Mi presi la testa fra le mani, dondolando avanti e indietro sullo sgabello. La Fabbrica era tutt’intorno a me, l’altare mi stava alle spalle. Lanciai un’occhiata alle attrezzature della Fabbrica, ai tanti modi di morire che offriva, ai suoi corridoi, alle strettoie, alle piccole camere, alle lucine in fondo ai tunnel, ai serbatoi e alle cisterne, ai meccanismi a leva, ai fili e alle batterie, ai sostegni e ai supporti, ai tubi e ai cavi. Schiacciai alcuni interruttori, e dei piccoli propulsori ronzarono dentro ai corridoi, emanando un risucchio d’aria che si diresse verso i fori di uscita sopra ai mucchietti di marmellata fino ad arrivare alla facciata della Fabbrica. Rimasi in ascolto per qualche istante, finché non sentii l’odore della marmellata, che serviva per allettare le vespe più pigre e spingerle tra le braccia della morte. Disattivai i meccanismi.

Cominciai a spegnere tutto, a staccare i fili, a svuotare e a ricaricare la Fabbrica. La luce del mattino si stava facendo strada nella parte di cielo visibile dal lucernario, e si sentiva anche nell’aria fresca lo stridio di qualche uccello più mattiniero degli altri. Quando la disattivazione rituale della Fabbrica fu portata a termine tornai all’altare, con lo sguardo che vagava tutt’attorno alla ricerca delle varie componenti, soffermandosi sui piedistalli in miniatura e sui barattolini, sui ricordi della mia vita, su tutti quegli oggetti del passato che avevo trovato e conservato. Le fotografie dei miei parenti morti, sia di quelli che avevo ucciso io, sia di quelli che erano morti e basta. Le fotografie dei vivi: Eric, mio padre, mia madre. Fotografie di oggetti: una BSA 500 (non quella moto, purtroppo; credo che mio padre abbia distrutto tutte le foto in cui compariva), la casa quand’era ancora dipinta con colori sgargianti, e anche una foto dell’altare stesso.

Passai la scatola di fiammiferi con dentro la vespa morta sopra all’altare, la scossi un po’ al cospetto di tutti gli oggetti appoggiati là sopra, il barattolo di sabbia raccattata dalla spiaggia, le boccette dei miei preziosi fluidi, qualche pelo della barba di mio padre prelevato dal suo stick emostatico, un’altra scatola di fiammiferi con i primi denti di Eric avvolti nell’ovatta, una provetta con dei capelli di mio padre, un’altra con ruggine e pittura scrostate dal ponte che congiunge l’isola alla terraferma. Accesi le candele con le vespe invischiate nella cera, chiusi gli occhi e mi portai il piccolo sarcofago di cartone davanti alla fronte, in modo tale da sentire dentro la testa la presenza della vespa contenuta nella scatolina; una sensazione di prurito, di solletico, proprio dentro il cranio. Subito dopo spensi le candele, coprii l’altare, mi alzai in piedi, mi tolsi la polvere dai pantaloni, presi la foto di Eric che avevo posato sul vetro della Fabbrica e con quella incartai il sarcofago, legai il tutto ben stretto con un elastico e me lo misi nella tasca della giacca.

Mi avviai a passi lenti lungo la spiaggia alla volta del Bunker, con le mani in tasca e la testa bassa, con gli occhi fissi sulla sabbia e sui miei piedi, ma senza guardare veramente né l’una né gli altri. Dovunque mi voltassi c’era il fuoco. La Fabbrica l’aveva detto due volte, e io ne avevo fatto uso istintivamente quando quel maledetto coniglio aveva sferrato il suo attacco, e alla fine avevo spinto le fiamme in ogni angolo della mia mente. E poi Eric non faceva che portare quel fuoco sempre più vicino.

Sollevai il volto verso l’aria pungente e il cielo pastello dalle sfumature azzurre e rosate, con la sensazione del vento umido sulla pelle, ascoltando il sibilo della marea che scemava in lontananza. Da qualche parte una pecora si mise a belare.

Dovevo provare col Vecchio Saul, dovevo fare il tentativo di contattare il mio fratello pazzo prima che tutti questi fuochi si congiungessero e spazzassero via Eric, o spazzassero via la mia vita dall’isola. Cercai di convincermi che la situazione non fosse poi così grave, ma dentro di me sentivo che lo era; la Fabbrica non diceva mai bugie, e una volta tanto era stata anche piuttosto specifica. Mi stavo iniziando a preoccupare.

Nel Bunker, con il sarcofago della vespa di fronte al teschio del Vecchio Saul e la luce che filtrava dalle orbite dei suoi occhi ormai da tempo inariditi, mi inginocchiai nell’oscurità pungente davanti all’altare, col capo chino. Pensai a Eric. Pensai a com’era prima che gli capitasse quella spiacevole esperienza. A quando, sebbene si trovasse a distanza dall’isola, ne faceva ancora parte. Mi ricordai di com’era allora: un ragazzo intelligente, gentile, entusiasta. E poi pensai a com’era diventato: una forza del fuoco e della distruzione che si avvicinava all’isola come un angelo folle, con la testa brulicante di urla riecheggianti di pazzia e illusioni.

Читать дальше
Тёмная тема
Сбросить

Интервал:

Закладка:

Сделать

Похожие книги на «La fabbrica degli orrori»

Представляем Вашему вниманию похожие книги на «La fabbrica degli orrori» списком для выбора. Мы отобрали схожую по названию и смыслу литературу в надежде предоставить читателям больше вариантов отыскать новые, интересные, ещё непрочитанные произведения.


Iain Banks - Der Algebraist
Iain Banks
Iain Banks - L'Algébriste
Iain Banks
Iain Banks - Matter
Iain Banks
Iain Banks - A barlovento
Iain Banks
Iain Banks - Inversiones
Iain Banks
Iain Banks - El jugador
Iain Banks
Iain Banks - Pensad en Flebas
Iain Banks
Iain Banks - The Algebraist
Iain Banks
Отзывы о книге «La fabbrica degli orrori»

Обсуждение, отзывы о книге «La fabbrica degli orrori» и просто собственные мнения читателей. Оставьте ваши комментарии, напишите, что Вы думаете о произведении, его смысле или главных героях. Укажите что конкретно понравилось, а что нет, и почему Вы так считаете.

x