Serna Moisés De La Juan - Contatto Per La Felicità
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E fu così che riuscimmo ad avere i nostri primi momenti da soli, a proposito, la mia amica e suo marito sono felicemente sposati, anche se non li sento da molto tempo, perché si sono trasferiti in un’altra città, ma l’ultima volta che li abbiamo visti, avevano avuto due bellissimi bambini.
Andai in cucina per cenare, la verità è che non avevo quasi mai fame, nonostante ciò ogni giorno dovevo sforzarmi, perché in più di un’occasione ero stata ricoverata a causa dell’anemia.
Cenai guardando la TV, poi accesi un po’ la radio, che, anche se non l’ascoltavo molto, perché non ero interessata a quello che diceva, mi faceva solo compagnia.
Anche se non potevo parlare e rispondere al presentatore radiofonico come se fosse presente, era bello sentire una voce umana in quella casa.
Molti furono gli anni che condividemmo lì dentro e anche la sofferenza, alcuni amiche mi dicevano che era come un mausoleo, poiché lo tenevo come quando mio marito era in vita, ma quello che non loro non sapevano è che io in qualche modo lo aspettavo ancora.
Dopo l’incidente stradale e la successiva riabilitazione, mio marito fu colpito da una commozione cerebrale, di tanto in tanto aveva dei vuoti di memoria, come dicono i medici, e non ricordava il passato, ma la cosa più grave fu quando i vuoti iniziarono nel presente, dimenticando dove si trovava o con chi era.
Fu molto difficile, perché era una lotta quotidiana perché si ricordasse di me, rinnovare il nostro amore, con qualcuno che a malapena mi riconosceva.
Soffrii molto in silenzio, ringraziando Dio per la fortuna di averlo al mio fianco nonostante la sua malattia, ma un giorno non tornò. Un fine settimana quando stavamo per mangiare uscì dalla porta e io non seppi nulla di lui, poche ore dopo chiamai i suoi amici e nessuno seppe dove potesse essere e preoccupata chiamai la polizia, gli ospedali e tutti i che mi vennero in mente ma nessuno aveva sue notizie.
Un giorno senza di lui, poi una settimana, un mese, un anno e da allora la mia vita è stata così, aspettando che tornasse, sperando che dicesse «tesoro, sono a casa.»
Con il tempo mi abituai a stare da sola, fino a quando un’amica mi regalò un cucciolo, era così piccolo e tanto carino che non potei rifiutare e così mi presi cura di lui come il bambino che non avevamo mai avuto desiderando che mio marito lo vedesse se mai fosse tornato.
La verità è che non mi sentivo triste, quella fase della mia vita era già passata, ora ero abbastanza calma, piena di vitalità, non so perché quella ragazza mi aveva riempito di amore, penso che fosse quello, quello che lei stessa provava per suo figlio era ciò che mi aveva trasmesso.
Spensi la radio e andai a riposare con un gran sorriso sul viso, la verità è che era la migliore fine della giornata che avessi avuto da molti anni e con quel sorriso mi addormentai.
CAPITOLO 2. IL SECONDO GIORNO
Sapevo che mi restavano solo due giorni prima di lasciare la città e che ieri avevo fatto ben poco, solo salire su un autobus e percorrere le strade per conoscere il luogo.
Ora mi rimaneva la parte più difficile, toccare il maggior numero di persone possibili, prima di andarmene, in modo che gli effetti sulle persone si diffondessero come se fosse un virus, ma questa volta si trattava di un virus positivo, un virus della felicità.
Sapevo che la mia missione era importante, e che il tempo giocava a mio sfavore, così lasciai il motel e andai alla fermata dell’autobus, dopo aver aspettato a lungo seduto, passò un operaio che camminava con un pneumatico e mi disse,
«State aspettando invano, non avete sentito parlare della manifestazione? L’intero centro è stato chiuso, nessun veicolo passerà di qui oggi, è meglio rimanere a casa.»
Mi sembrava incredibile, non so perché ogni volta che andavo in una città, per una ragione o per l’altra, sembrava che le circostanze si alleassero per rendere difficile il mio lavoro.
Ricordo ancora quando in una città ci fu la simulazione di uno tsunami, era una città costiera molto tranquilla dove c’era poca o nessuna possibilità che una tale situazione si verificasse, ma per la prima volta nella storia della città, scelsero il giorno che ero lì per la simulazione.
Come quando ci fu un incendio nella parte vecchia della città e buona parte dell’arteria principale venne chiusa al traffico, per paura che le fiamme si diffondessero tra gli edifici in legno circostanti.
C’era quasi sempre una ragione comprensibile, ma inaspettata, come se a qualcuno non piacesse il lavoro che facevo, o come quella volta che arrivò un gruppo di motociclisti, come se fosse un pellegrinaggio, e distrussero l’intera città.
Personalmente, non mi importava se c’erano molte persone, perché rendeva il mio compito più facile, in quanto ampliava gli effetti prima, ma purtroppo non potevo toccare nessuno di loro perché in sella alle motociclette.
Allora non posso iniziare il mio compito, che come un pezzo di domino si trasmette uno dopo l’altro, e più persone si incontrano, più si infettano.
Avevo solo bisogno di toccare qualcuno che volontariamente accettasse il mio regalo, ed era tutto fatto, perché quella persona avrebbe trasmesso la sua felicità a tutti quelli che incontrava e che si avvicinavano a lui a meno di un metro di distanza. Mi sorprese il fatto che riuscissi a raggiungere le persone, ma sapendo che il mio destino era camminare, iniziai a farlo fino a quando sentii,
«Non fate così — disse l’uomo, lasciando cadere la gomma a terra —. Se avete tanta fretta, tutto quello che dovete fare è dirmelo, e io vi porterò lì.»
«Lo fareste?» gli chiesi con stupore.
«Certo, per questo che esistono le persone di buona volontà, per aiutarsi a vicenda quando ce n’è bisogno, aspettate un momento.»
Detto questo, percorse una stradina, e dopo un po’ tornò con un’auto piuttosto vecchia, che stava cadendo a pezzi. L’uomo aprì la portiera del passeggero dall’interno e disse,
«Scusate per il mio catorcio, lo sto riparando a poco a poco, ma non preoccupatevi che tra qualche anno sarà come nuovo.»
«Spero che non vada troppo veloce» dissi scherzosamente.
«Non preoccupatevi che non supera i quaranta, se no fuma e non si vede nulla, a proposito, dove siete diretto?»
«Sto cercando una chiesa aperta, ne conosce qualcuna?»
«Brutta storia, tutte quelle che conoscono sono coinvolte nella manifestazione, tutte… tranne una. È vecchia e piccola, ma è la mia preferita, si trova in una zona che non frequento da parecchio tempo. Sapete lì ci sono nato, e in quella chiesa mi hanno battezzato. Non ho fatto il resto dei sacramenti, ma Dio non lo scoprirà, vero?» Chiese scherzosamente.
«Si suppone che sia dovunque,» gli risposi senza ridere.
«Beh, sì, ma credete che si accorgerà di un umile carrozziere la cui unica ambizione è riparare un’auto sgangherata?»
«Un brav’uomo,» puntualizzò.
«Bene, potete fare quello che volete, ma come vi ho detto, la chiesa non fa per me.»
«Non dovete scusarvi, ci siamo sentiti tutti feriti o traditi quando i piani non vanno come ci aspettiamo.»
«Sì, effettivamente, non sapete nulla.»
«Chi è stato?» chiesi con trepidazione.
«Cioè?»
«Di chi sentite dolore per la sua perdita?»
«Non so se sia dolore, a volte penso che sia rabbia o impotenza,» disse l’uomo, stringendo forte il volante.
«Ma Dio non è da biasimare per questo, lascia semplicemente fare alle sue creature, non sceglie il momento.»
«Non va bene per me, ho pregato tantissimo, gli ho persino chiesto di prendermi e lasciare il mio amore con me. Non ci diede neanche il tempo di sposarci, sebbene lo volessi.»
«Perché non l’avete fatto?»
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