Terminarono la chiamata e, anche se si sentiva un po’ meglio dopo aver parlato con lui, non poteva negare la tensione che avvertiva ancora. Ma non si concesse il tempo di soffermarsi su quello. Si diresse verso Kingsville in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti per passare il tempo prima di dirigersi verso la casa della dottoressa Haggerty.
***
La dottoressa Haggerty viveva da sola in una casa a due piani in stile coloniale, che sorgeva al centro di un bellissimo cortile. Un folto gruppo di olmi e querce nel cortile posteriore si innalzava dietro la casa fornendo un manto d’ombra naturale. La dottoressa Haggerty accolse Mackenzie sulla porta d'ingresso con un sorriso e il profumo intenso del caffè appena preparato che si diffondeva alle sue spalle. Pareva sulla cinquantina, i capelli che erano ancora per la maggior parte castani. Scrutò Mackenzie da dietro un piccolo paio di occhiali. Quando la invitò all'interno, fece un gesto verso la porta d'ingresso con le braccia esili come fuscelli e la voce che era poco più di un sussurro.
"Grazie ancora per avermi incontrata", disse Mackenzie. “Nonostante il poco preavviso."
"Nessun problema", disse la dottoressa. “Detto tra noi, spero che riusciremo a trovare una ragione sufficiente perché lo sceriffo Tate riesca a convincere la contea a demolire quel maledetto ponte."
Haggerty versò a Mackenzie una tazza di caffè e le due donne si sedettero al tavolino in un rustico angolo per la colazione appena fuori dalla cucina. Una finestra al lato del tavolo si affacciava sul retro, incorniciando le querce e gli olmi nel cortile.
"Immagino che sia stata informata delle notizie di ieri pomeriggio?" chiese Mackenzie.
"Sì", confermò Haggerty. “Kenny Skinner. Ventidue anni, giusto?”
Mackenzie annuì mentre sorseggiava il suo caffè. “E Malory Thomas diversi giorni prima. Ora... può dirmi perché si è interessata così tanto alle indagini dello sceriffo?”
"Ecco, Kingsville ha ben poco da offrire. E anche se nessuno che vive in una minuscola città vuole ammetterlo, non c'è mai niente per adolescenti e giovani adulti. E quando ciò accade, sono punti di riferimento morbosi come il Miller Moon Bridge che diventano simboli. Se si guarda indietro ai documenti della città, le persone si toglievano la vita da quel ponte già nel 1956, quando era ancora in uso. I ragazzini di oggi sono esposti a tanta negatività e problemi di autostima che qualcosa di simbolico come quel ponte può diventare molto di più. Giovani che cercano una via d'uscita dal paese compiono gesti estremi e non si tratta più di fuggire dalla città... si tratta di fuggire dalla vita”.
"Quindi pensa che il ponte dia ai ragazzi con tendenze suicide una via d'uscita facile?"
"Non una via d’uscita facile", obiettò Haggerty. “È quasi come un faro per loro. E quelli che sono saltati giù dal ponte prima di loro hanno solo aperto la strada. Quel ponte non è più nemmeno un ponte. È una piattaforma suicida.”
"La scorsa notte, lo sceriffo Tate mi ha anche riferito che secondo lei è difficile credere che questi suicidi siano tutti soltanto dei suicidi. Può spiegarsi meglio?”
"Sì... e credo di poter usare Kenny Skinner come esempio. Kenny era un ragazzo popolare. Detto tra noi, probabilmente non avrebbe combinato nulla di straordinario. Magari gli sarebbe stato bene condurre il resto della sua vita qui, lavorando alla Kingsville Tire o alla Tractor Supply. Ma aveva una bella vita qui, sa? Da quello che so, era una specie di playboy e in una città come questa – anzi, in una contea come questa – ciò ti assicura fine settimana divertenti. Ho parlato personalmente con Kenny più o meno un mese fa, quando ho forato una gomma. Lui mi ha aiutata a rattopparla. Era educato, allegro, un ragazzo per bene. Trovo molto difficile credere che si sia ucciso in questo modo. E se si torna indietro nella lista delle persone che sono saltate da quel ponte negli ultimi tre anni, ci sono almeno un paio di casi che trovo molto sospetti... persone che non avrei mai considerato avere tendenze suicide.”
"Quindi pensa che si tratti di omicidio?" volle sapere Mackenzie.
Haggerty impiegò un momento prima di rispondere. “È un sospetto che ho, ma non mi sentirei a mio agio ad affermarlo con assoluta certezza."
"E presumo che sia la sua opinione professionale, non solo il commento di qualcuno rattristato da tanti suicidi, giusto?" incalzò Mackenzie.
"Esatto”, confermò Haggerty, anche se parve quasi offesa da quella domanda.
"Per caso, ha mai avuto Kenny Skinner o Malory Thomas come pazienti?"
"No. E nessuna delle altre vittime fin dal 1996.”
"Quindi ha avuto in cura almeno uno dei suicidi del ponte?"
"Sì, in una occasione. E in quel caso me lo aspettavo. Feci tutto il possibile per convincere la famiglia che la ragazza aveva bisogno di aiuto. Ma prima ancora che riuscissi a convincerli almeno a prendere in considerazione quell’ipotesi, lei saltò giù da quel ponte. Vede... in questa città, il Miller Moon Bridge è sinonimo di suicidio. Ed è per questo che mi piacerebbe davvero che la contea lo demolisse”.
"Perché sente che sia una sorta di richiamo per chiunque abbia pensieri suicidi?"
"Esattamente."
Mackenzie intuì che la conversazione era sostanzialmente finita. E per lei andava bene. Poteva tranquillamente affermare che la dottoressa Haggerty non era il tipo da esagerare solo per farsi ascoltare. Sebbene avesse cercato di minimizzare la questione per paura di sbagliarsi, Mackenzie era abbastanza sicura che Haggerty credesse fermamente che almeno alcuni dei casi non fosse un suicidio.
E quel pizzico di scetticismo era tutto di cui Mackenzie aveva bisogno. Se c'era anche la minima possibilità che uno degli due ultimi corpi fosse stato vittima di omicidio, voleva accertarsene prima di tornare a Washington.
Finì il suo caffè, ringraziò la dottoressa Haggerty per il suo tempo, e poi tornò fuori. Mentre raggiungeva la sua auto, guardò verso la foresta che delimitava la maggior parte di Kingsville. Guardò a ovest, dove il Miller Moon Bridge si ergeva nascosto alla vista, vicino ad una serie di strade secondarie e una strada sterrata che sembrava indicare che tutti i viaggiatori stavano arrivando alla fine di qualcosa.
Mentre pensava a quelle rocce macchiate di sangue sotto il ponte, avvertì un brivido gelido nel cuore.
Lo spinse via, accendendo il motore e tirando fuori il suo cellulare. Se voleva una risposta definitiva su tutto ciò, avrebbe dovuto trattare il caso come se fosse un caso di omicidio. Questo significava iniziare a parlare con i famigliari delle vittime.
Prima di visitare la famiglia di Kenny Skinner, Mackenzie chiamò per ottenere il permesso esplicito da McGrath. La sua risposta fu breve e andò dritta al punto: non mi interessa se deve parlare con qualcuno della fottuta squadra di baseball della Little League, faccia tutto quello che deve per saltarci fuori.
Quella conferma la spinse verso la residenza di Pam e Vincent Skinner. McGrath le aveva spiegato che Pam Skinner si chiamava in precedenza Pam Wilmoth. Sorella maggiore del vicedirettore Wilmoth, lavorava da casa come specialista per un'agenzia ambientale. Per quanto riguardava Vincent Skinner, guarda caso era il proprietario del Kingsville Tire e del Tractor Supply, avendo fornito così un lavoro a suo figlio da quando Kenny aveva quindici anni.
Quando Mackenzie bussò alla porta, non fu nessuno dei due ad aprire. Invece, Mackenzie si ritrovò davanti il pastore della Chiesa Presbiteriana di Kingsville. Quando Mackenzie gli mostrò il suo tesserino e gli disse perché era lì, l’uomo la lasciò entrare e le chiese di aspettare nell'ingresso. La famiglia Skinner viveva in una bella casa su un lotto ad angolo, in quello che lei immaginò potesse considerarsi il centro di Kingsville. Sentì odore di cucinato provenire da un lungo corridoio. Da un altro punto dentro casa udì il suono di un cellulare. Sentì anche la voce ovattata del pastore che informava Pam e Vincent Skinner che c'era una signorina dell'FBI che aveva delle domande su Kenny.
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