"Uno spettacolo orribile, vero?" commentò Tate, in piedi accanto a lei.
"Già. Cosa può dirmi di certo al momento?”
"Dunque, la vittima è un maschio di ventidue anni. Kenny Skinner. A quanto ho capito, è imparentato con uno dei suoi grandi capi.”
"Esatto. È il nipote del vicedirettore dell'FBI. Quanti tra i suoi uomini lo sanno?”
"Solo io e il mio vice”, la rassicurò Tate. “Abbiamo già parlato con i suoi amici di Washington. Sappiamo di dover mantenere il massimo riserbo.”
"Grazie", disse Mackenzie. “Ho sentito che è stato rinvenuto un altro corpo qui, qualche giorno fa. È vero?"
"Tre mattine fa, sì” confermò Tate. “Una donna di nome Malory Thomas."
"Qualche indizio che si tratti di un delitto?"
"Beh, era nuda. E i suoi vestiti sono stati trovati sul ponte. A parte questo, non c'era niente. Abbiamo pensato che fosse solo un altro suicidio.”
"Ce ne sono molti da queste parti?"
"Sì” ammise Tate con un sorriso nervoso. “Può dirlo forte. Tre anni fa, sei persone si sono uccise saltando giù da questo fottuto ponte. È stato una specie di record in tutto lo stato della Virginia. L'anno dopo erano tre. L'anno scorso, cinque.”
"Erano tutti del luogo?" volle sapere Mackenzie.
"No. Di quelle quattordici persone, solo quattro vivevano nel raggio di ottanta chilometri.”
"E che lei sappia, esiste una qualche leggenda metropolitana che possa spiegare perché così tante persone scelgano questo ponte per togliersi la vita?"
"Ci sono delle storie di fantasmi, quello sì" disse Tate. “Ma c'è una storia di fantasmi legata a quasi tutti i ponti dismessi nel paese. Non saprei. Io do la colpa al gap generazionale. I giovani d’oggi credono che l’unica soluzione possibile quando vengono feriti sia farla finita. È piuttosto triste.”
"E che mi dice degli omicidi?" proseguì Mackenzie. “Quanti ne avete a Kingsville?"
"Ce ne sono stati due l'anno scorso. E finora, solo uno quest'anno. È una città tranquilla. Tutti conoscono tutti e, se non ti piace qualcuno, gli stai semplicemente alla larga. Perché lo chiede? Crede che stavolta si tratti di omicidio?”
"Non lo so ancora", disse Mackenzie. “Due corpi nell'arco di quattro giorni, nella stessa posizione. Penso che valga la pena indagare. Per caso sa se Kenny Skinner e Malory Thomas si conoscessero?”
"Probabilmente sì, anche se non so a che livello. Come le dicevo... tutti conoscono tutti, qui a Kingsville. Ma se mi sta chiedendo se Kenny si sia suicidato perché lo ha fatto Malory, ne dubito. C'erano cinque anni di differenza tra loro e non frequentavano gli stessi giri, a quanto ne so”.
"Le dispiace se do un'occhiata?" chiese Mackenzie.
"Faccia pure” disse Tate allontanandosi subito da lei per unirsi agli altri agenti che stavano perlustrando la scena.
Mackenzie si avvicinò con apprensione al masso dove si trovava il corpo di Kenny Skinner. Più si avvicinava, più si rendeva conto dei tremendi danni che aveva subito nell’impatto. Aveva visto alcune cose piuttosto orribili nel suo lavoro, ma quello era tra i peggiori.
Il sangue proveniva da una zona in cui sembrava che la testa di Kenny si fosse schiantata contro la roccia. Non si preoccupò di esaminarla da vicino, perché tutto quel nero e rosso illuminati dai riflettori non era qualcosa che voleva rivedere nella sua mente quella notte. La terribile ferita nella parte posteriore della testa mostrava i suoi effetti sul resto del cranio, distorcendo i tratti del viso. Vide anche che il petto e lo stomaco sembravano essere stati gonfiati dall'interno.
Fece del suo meglio per guardare oltre, controllando gli abiti di Kenny e la pelle esposta per eventuali segni di colluttazione. Nel fascio di luce dei riflettori era difficile dirlo con certezza, e dopo diversi minuti, Mackenzie era riuscita a trovare nulla. Quando si allontanò, sentì il proprio corpo rilassarsi. Senza accorgersene, era stata in tensione durante l’esame del cadavere.
Tornò dallo sceriffo Tate, che stava parlando con un altro poliziotto, dando disposizioni per informare la famiglia della vittima.
"Sceriffo, pensa che potrebbe farmi avere la documentazione sui quattordici suicidi degli ultimi tre anni?"
"Certo, posso farlo. Farò una chiamata da qui tra un attimo e mi assicurerò di farle trovare tutto alla stazione di polizia. E poi... c'è qualcuno con cui probabilmente dovrebbe parlare. Si tratta di una signora in città che lavora come psichiatra e insegnante di sostegno. Mi è stata appiccicata al culo per l'ultimo anno o giù di lì, insistendo che non fosse possibile che tutte quelle morti a Kingsville fossero suicidi. Potrebbe essere in grado di offrirle qualche informazione che potrebbe non trovare nei rapporti.”
"Sarebbe grandioso."
"Farò in modo di farle avere il suo recapito insieme alla documentazione. Ha finito qui?”
"Per ora, sì. Potrei avere il suo numero, per contattarla più facilmente?”
"Certo. Ma questo dannato affare è difettoso. Dovrei aggiornarlo. Avrei dovuto farlo circa cinque mesi fa. Quindi se mi chiama e parte la segreteria, non è perché la sto ignorando. La richiamerò appena posso. Maledetto aggeggio, odio i cellulari.”
Dopo essersi sfogato sulla tecnologia moderna, Tate le diede il proprio numero di cellulare, che Mackenzie memorizzò in rubrica.
"Ci vediamo" disse Tate. “Il medico legale sta venendo qui. Sarò dannatamente felice quando potremo spostare questo corpo.”
Sembrava una cosa insensibile da dire, ma quando Mackenzie tornò a guardare e vide di nuovo la scena raccapricciante, non poté fare a meno di essere d’accordo con lo sceriffo.
Erano le 10:10 quando entrò nella stazione di polizia. Il luogo era assolutamente morto, l'unico movimento proveniva da una donna annoiata seduta dietro una scrivania - che Mackenzie immaginò essere il centralino del dipartimento della polizia di Kingsville - e da due ufficiali che parlavano animatamente di politica in un corridoio al di là del bancone.
Nonostante l’impressione scialba, apparentemente la centrale era molto ben gestita. La donna alla scrivania aveva già fatto una copia di tutta la documentazione che lo sceriffo Tate aveva richiesto, che adesso era raccolta in una cartellina, pronta per Mackenzie. Ringraziò la donna quindi le chiese consiglio per un motel in zona. Alla fine, Kingsville aveva solo un motel, a meno di tre chilometri dal dipartimento di polizia.
Dieci minuti più tardi, Mackenzie stava aprendo la porta della sua stanza in un Motel 6. Sicuramente aveva alloggiato in topaie ben peggiori durante la sua carriera, ma di certo non avrebbe trovato recensioni entusiaste su Yelp o su Google. Senza badare alla sciattezza della camera, posò la cartellina sul tavolino accanto al letto singolo e senza perdere altro tempo si mise a esaminarli.
Prese appunti mentre leggeva i documenti. La prima cosa che scoprì, e forse la più allarmante, fu che undici dei quattordici suicidi degli ultimi anni erano avvenuti proprio al Miller Moon Bridge. Altri due si erano tolti la vita con un colpo di pistola e uno solo si era impiccato ad una trave in casa propria.
Mackenzie ne sapeva abbastanza delle città di provincia per capire il fascino di una struttura come il Miller Moon Bridge. Tutta la sua storia e l’atmosfera inquietante che emanava erano allettanti, specialmente per gli adolescenti. Infatti, come dimostravano i dati che aveva davanti agli occhi, sei dei quattordici suicidi avevano meno di ventun anni.
Passò al setaccio tutti i fogli; nonostante non fossero dettagliati quanto avrebbe voluto, erano meglio di ciò che aveva visto nella maggior parte dei dipartimenti di polizia provinciali. Scribacchiò una parola dopo l’altra, fino ad ottenere un elenco completo di dettagli che la aiutassero a indagare a fondo sulle molte morti collegate al Miller Moon Bridge. Dopo circa un'ora, aveva racimolato abbastanza informazioni da poter elaborare alcune ipotesi approssimative.
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