Come Keri, Ray era entrato a far parte della squadra più tardi della maggior parte degli agenti, quando era alla ricerca di un nuovo scopo, all’inizio dei suoi trent’anni. Era salito di livello velocemente e ora era detective senior dell’Unità persone scomparse, o MPU, della Divisione Pacific.
“Sembri una donna che sogna oceani e whiskey,” disse.
“È così ovvio?” chiese Keri.
“Sono un bravo detective. La mia capacità di osservazione è senza pari. In più hai già parlato dei tuoi eccitanti programmi per la serata due volte, oggi.”
“Che cosa posso dire? Insisto nel perseguimento dei miei obiettivi, Raymond.”
Sorrise, e l’occhio buono tradiva un calore che il suo atteggiamento fisico nascondeva. Keri era l’unica a cui fosse permesso chiamarlo col nome vero. Le piaceva mischiarlo con altri titoli meno lusinghieri. Spesso lui faceva lo stesso con lei.
“Senti, Piccola miss California, forse faresti meglio a trascorrere gli ultimi pochi minuti del turno verificando con il CSU il caso Sanders invece di fare sogni a occhi aperti da piccola alcolizzata.”
“Da piccola alcolizzata?” disse lei, fingendo di essere offesa. “Non è alcolismo se si comincia a bere alle cinque, Gigantor.”
Stava per replicare quando suonò il telefono. Keri rispose prima che Ray potesse dire qualcosa e gli fece una linguaccia divertita.
“Divisione Pacific, Persone scomparse. Detective Locke.”
Anche Ray alzò il ricevitore, ma non parlò.
La donna che era al telefono dalla voce sembrava giovane, tra i venti e i trent’anni. Prima ancora che dicesse perché aveva chiamato, Keri notò la preoccupazione nel suo tono.
“Sono Mia Penn. Vivo in Dell Avenue, nel distretto di Venice Canal. Sono preoccupata per mia figlia, Ashley. Sarebbe dovuta tornare da scuola per le tre e mezza. Sapeva che l’avrei portata dal dentista alle quattro e quarantacinque. Mi ha mandato un messaggio appena prima di lasciare la scuola, alle tre, ma non è qui e non risponde alle telefonate né ai messaggi. Non è per niente da lei. È molto responsabile.”
“Signora Penn, Ashley di solito torna a casa a piedi o in auto?” chiese Keri.
“A piedi. Fa solo la decima classe – ha quindici anni. Non ha ancora cominciato il corso di guida.”
Keri guardò Ray. Sapeva che cosa stava per dire e lei certo non avrebbe potuto che dargli ragione. Ma qualcosa nel tono di Mia Penn l’aveva colpita. Sapeva che la donna stava a malapena mantenendo il controllo. C’era il panico appena sotto la superficie. Voleva chiedergli di lasciar perdere il protocollo ma non riuscì a pensare a una ragione credibile per cui avrebbe dovuto farlo.
“Signora Penn, sono il detective Ray Sands. Prendo la parola. Voglio che faccia un respiro profondo e che poi mi dica se è già accaduto che sua figlia tornasse a casa in ritardo.”
Mia Penn si mise a parlare subito, dimenticandosi del respiro profondo.
“Certo,” ammise, cercando di nascondere l’esasperazione della voce. “Come ho detto, ha quindici anni. Ma ha sempre mandato un messaggio o chiamato se non tornava entro un’ora o giù di lì. E non l’ha mai fatto se avevamo degli appuntamenti.”
Ray rispose senza guardare quello che, lo sapeva, sarebbe stata l’occhiataccia truce di disapprovazione di Keri.
“Signora Penn, ufficialmente sua figlia è una minorenne e perciò le tipiche leggi per le persone scomparse non vengono applicate come se si trattasse di un’adulta. Abbiamo un’autorità di investigazione più ampia. Ma, a essere sincero, un’adolescente che non risponde ai messaggi della madre e che non è arrivata a casa meno di due ore dopo la fine della scuola – è una situazione che non susciterà il tipo di risposta immediata che lei spera. A questo punto non c’è molto che possiamo fare. In una situazione del genere, il meglio che lei possa fare è venire in stazione a rilasciare una dichiarazione. Dovrebbe farlo assolutamente. Non c’è nulla di male a farlo e potrebbe accelerare le cose se dovessimo cominciare a lavorarci.”
Ci fu una lunga pausa prima che Mia Penn rispondesse. La voce aveva una sfumatura affilata che prima non c’era.
“Quanto devo aspettare perché cominciate a ‘lavorarci,’ detective?” chiese. “Altre due ore bastano? Devo aspettare finché non fa buio? Finché non la trovo in casa neanche domattina? Scommetto che se dicessi…”
Qualsiasi cosa stesse dicendo Mia Penn, si fermò, come se sapesse che qualsiasi altra cosa detta sarebbe stata controproducente. Ray stava per risponderle ma Keri alzò la mano e gli lanciò la solito occhiata che diceva “lascia che me ne occupi io”.
“Ascolti, signora Penn, sono di nuovo io, la detective Locke. Ha detto che vivete a Venice Canal, vero? È sulla strada per casa mia. Mi dia il suo indirizzo email. Le invierò il modulo per persone scomparse. Può già cominciare a compilarlo e io passerò da lei per aiutarla a finirlo e velocizzare il sistema. Che ne dice?”
“Che va bene, detective Locke. Grazie.”
“Nessun problema. E, ehi, magari Ashley sarà a casa per quando arrivo e potrò farle una severa lezione sul tenere sempre informata la propria madre – gratis.”
Keri afferrò la borsa e le chiavi, preparandosi ad andare a casa della Penn.
Ray non diceva una parola da quando avevano riattaccato. Keri sapeva che fumava silenziosamente di rabbia, ma si rifiutò di alzare lo sguardo. Se lui avesse colto il suo sguardo, sarebbe stata lei a prendersi la lezioncina e non era dell’umore giusto.
Ma Ray apparentemente non aveva bisogno del contatto visivo per dire quello che voleva dire.
“Venice Canal non è sulla strada per casa tua.”
“È di poco fuori strada,” insistette lei, sempre senza alzare lo sguardo. “Perciò dovrò aspettare fino alle diciotto e trenta per tornare al porto e a Olivia Pope e ai suoi scandali. Non è grave.”
Ray sospirò e tornò ad accomodarsi sulla sedia.
“È grave. Keri, lavori come detective qui da quasi un anno, ormai. Mi piace averti come partner. E hai fatto del lavoro fantastico, persino prima di ottenere il distintivo. Il caso Gonzales, per esempio. Non credo che io sarei riuscito a risolverlo e lavoro su casi del genere da una decina d’anni più di te. Hai una specie di sesto senso per queste cose. Ecco perché ti abbiamo usata come risorsa ai vecchi tempi. Ed ecco perché hai il potenziale per diventare una detective davvero fantastica.”
“Grazie,” disse, anche se sapeva che non aveva finito.
“Ma hai una grandissima debolezza e ti rovinerà se non riesci a controllarla. Devi lasciare che il sistema lavori. Esiste per una ragione. Il settantacinque percento del nostro lavoro procede da solo nelle prime ventiquattr’ore senza il nostro aiuto. Dobbiamo lasciare che sia così e concentrarci sul restante venticinque percento. Se non lo facciamo, finiamo col distruggerci di fatica. Diventiamo improduttivi, o peggio – controproducenti. E poi tradiamo le persone che davvero hanno bisogno di noi. Fa parte del nostro lavoro sceglierci le nostre battaglie.”
“Ray, non ordinerò un’allerta Amber per minori scomparsi. Sto solo aiutando una madre preoccupata a riempire dei documenti. E, sinceramente, devo allungare la strada di soli quindici minuti.”
“E…” disse lui in attesa.
“E c’era qualcosa nella sua voce. Non ci sta dicendo qualcosa. Voglio solo parlarle faccia a faccia. Magari non è niente. E se è così, me ne andrò.”
Ray scosse la testa e fece un altro tentativo.
“Quante ore hai perso su quel bambino senzatetto a Palms che eri sicura fosse scomparso ma che invece non lo era? Quindici?”
Keri si strinse nelle spalle.
“Meglio prevenire che curare,” borbottò sottovoce.
“Meglio impiegati che congedati per uso inappropriato delle risorse del dipartimento,” replicò lui.
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