“Edward Newsam è ancora nell’FBI. È stato in malattia per la maggior parte di giugno e luglio. La riabilitazione dell’anca è completa, ed è stato riassegnato all’Hostage Rescue Team. Attualmente è in addestramento a Quantico per un possibile lavoro di intelligence oltremare che dovrebbe iniziare nel corso di quest’anno. C’è un appunto sul suo file che dice che il suo stato di impiego verrà probabilmente secretato nelle settimane a venire, a quel punto sarà necessaria un’autorizzazione Top Secret per conoscere il suo status o sapere dove si trova.”
Luke annuì. Nessuno dei due era una sorpresa. Swann e Newsam erano tra i migliori in quello che facevano. “Possiamo prenderli in prestito?” disse.
Kat Lopez annuì. “Con ogni probabilità, se li richiediamo le agenzie onoreranno la nostra richiesta.”
“E Trudy?” disse Luke. “Mi serve anche lei.”
“Luke, Trudy Wellington è in prigione,” disse Susan.
Luke sentì lo stomaco crollare a quelle parole. Fissò il vuoto per cinque secondi buoni, cercando di assimilare le parole.
“Cosa?” disse alla fine.
Susan scosse la testa.
“Non ci credo che lei non lo sappia. Che ha fatto, si è nascosto sotto a una roccia? Non li legge i giornali?”
Lui si strinse nelle spalle. “Gliel’ho detto che cosa stavo facendo. Mi sono tenuto fuori dai radar. Non vendono giornali dov’ero, e ho lasciato il computer a casa.”
Kat Lopez lesse dal tablet. La sua voce era automatica, quasi robotica. Si era distaccata da quello che stava dicendo.
“Trudy Wellington, trent’anni, è stata l’amante di Don Morris per almeno un anno durante la pianificazione degli attentati del sei giugno. I tabulati di email, telefono, messaggi e computer indicano che fin da marzo era a conoscenza del fatto che esistesse un piano per assassinare sia il presidente che la vicepresidente degli Stati Uniti, e che era a conoscenza di chi erano i cospiratori, o almeno di alcuni di essi. È stata incriminata per tradimento, cospirazione per commettere tradimento, più di trecento capi d’accusa di cospirazione per commettere omicidio e di un mucchio di altri reati. È detenuta senza cauzione alla prigione femminile federale di Randal, Maryland. Se condannata per le accuse sporte contro di lei, rischierà di scontare, per cominciare, diverse sentenze a vita, fino ad arrivare alla pena di morte.”
Luke si passò una mano tra i capelli. La notizia lo colpì come un pugno alla testa. Pensò a Trudy, se la immaginò con addosso i suoi buffi occhiali rossi, gli occhi a sbirciare oltre il tablet. Pensò a com’era quella notte in cui era andato al suo appartamento alle tre del mattino, quando aveva aperto la porta con nulla addosso tranne una lunga e inconsistente t-shirt, una pistola in mano. Pensò a loro due, e ai loro corpi, insieme quella notte.
Era in prigione? Non poteva essere vero.
“Trudy Wellington rischia la pena di morte?” disse.
“In poche parole, sì.”
“Fondamentalmente perché non ha consegnato Don?”
Susan scosse la testa. “È tradimento, a prescindere da come lei voglia rigirarla. Sono morte molte persone, incluso Thomas Hayes, che era sia il presidente degli Stati Uniti che un mio amico personale. Wellington avrebbe probabilmente potuto evitarlo, e ha scelto di non farlo. Ha scelto di non provarci neanche. Praticamente l’unico modo in cui può salvarsi a questo punto è testimoniare contro i cospiratori.”
“Ho difficoltà a credere che lo sapesse,” disse Luke. “Ha confessato?”
“Nega tutto,” disse Kat Lopez.
“Tenderei a crederle,” disse Luke.
Kat allungò il tablet. “Ci sono sulle duecento pagine di prove. Abbiamo accesso alla maggior parte di esse, che può visionare. Potrebbe pensarla un pochino diversamente, dopo averlo fatto.”
Luke scosse la testa. Guardò Susan. “Allora così a che punto siamo?”
Si strinse nelle spalle. “Può avere Mark Swann e Ed Newsam per un paio di giorni, se le pare di averne bisogno. Ma non può avere Trudy Wellington.”
Lo guardò.
“E il suo elicottero parte tra meno di un’ora.”
16 agosto
7:15
Diga di Black Rock, Great Smoky Mountains, Carolina del Nord
Dal finestrino di Luke nulla sembrava fuori dall’ordinario mentre l’elicottero nero lucido volava basso sulla diga. Avevano superato il lago Black Rock, che era lungo, ondulato e pittoresco, confinante su tutti i lati con i versanti verde intenso, selvaggi e scoscesi delle colline. Una stretta carreggiata attraversava la cima della diga. La superarono, e la diga stessa si perse cinquanta piani più giù verso la centrale elettrica e le saracinesche. Queste sembravano operare normalmente, ne usciva da sotto un piccolo gocciolio di acqua. Circa un quarto di miglio di trasformatori di elettricità, una ragnatela di torri di acciaio e cavi dell’alta tensione, si diramava dalla diga. Sembravano intatti.
“Non c’è granché da vedere,” disse nelle cuffie.
Alla sua sinistra c’era il grosso Ed Newsam, che fissava fuori dal finestrino sul lato opposto. L’anca rotta di Ed era stata aggiustata, e sembrava che si fosse dato da fare in sala pesi. Le sue braccia da pitone erano più gonfie di quanto ricordasse Luke, il petto e le spalle erano ancora più larghi, le gambe ancor più simili a querce. Indossava i jeans, stivali da lavoro e una semplice t-shirt azzurra.
Nella fila dietro di loro c’era Mark Swann. Era lungo e snello, le gambe fasciate dai blue jeans sporgevano nella corsia, le sneakers Chuck Taylor a motivo a scacchi si incrociavano all’altezza delle caviglie di fronte a Luke. I capelli biondo rossiccio erano più lunghi di prima, ora legati in una coda di cavallo, e aveva sostituito gli occhiali da aviatore con quelli rotondi alla John Lennon nel corso degli ultimi due mesi. Indossava una t-shirt nera con il logo del gruppo punk rock dei Ramones. Gli uffici dell’NSA dovevano dare un bello spettacolino di moda.
“Le acque escono dalle saracinesche proprio come dovrebbero fare,” disse il pilota dell’elicottero. Era un uomo di mezz’età che indossava una giacca nera di nylon con le lettere maiuscole FEMA scritte in bianco sulla schiena. “Non ci sono stati danni né alla diga né alle strutture della diga, e non ci sono state vittime tra il personale. L’unica cosa che è successa qui è che la strada di accesso è stata spazzata via. L’azione vera comincia circa tre miglia a sud.”
Avevano volato su un jet dei servizi segreti da Washington DC fino a un piccolo aeroporto municipale sull’orlo del parco nazionale. Erano arrivati appena prima dell’alba, e questo elicottero li stava aspettando. Non avevano parlato molto durante il viaggio. L’umore era tetro, date le circostanze, e normalmente avrebbe parlato più che altro Trudy Wellington, in quanto agente addetta alle informazioni. Susan aveva offerto a Luke un altro agente, ma Luke aveva rifiutato. Stavano andando lì per lavorarsi un prigioniero, comunque. Poteva darle lui, tutte le informazioni di cui avevano bisogno.
Luke percepì che sentivano tutti la mancanza di Trudy e una certa dose di shock per la sua situazione. Percepì anche, o così pensò, che entrambi i ragazzi fossero andati avanti con le loro vite. Nuovi compiti, nuovo addestramento, nuovi compagni di squadra e nuovi colleghi, nuove sfide a cui guardare. Molto poteva cambiare in due mesi.
Lo Special Response Team non c’era più. Luke avrebbe potuto scegliere di salvarlo in una forma o in un’altra – dopo il tentato colpo di stato e l’attentato col virus Ebola poteva dettare lui le regole e riprenderseli tutti con sé – ma invece aveva scelto di non farlo. Adesso l’SRT era roba vecchia, e così era Luke. Era andato in pensione, e quella era una cosa. Ma era anche scomparso, e non aveva fatto molti sforzi per mantenere i contatti. La coesione di squadra era una grossa parte del lavoro dell’intelligence e delle operazioni speciali. Senza contatto non c’era coesione.
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