Jack Mars - Contro Ogni Nemico

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Uno dei migliori thriller che abbia letto quest’anno. La trama è intelligente, e aggancia dal primo momento. L’autore ha fatto un lavoro superbo nel creare una serie di personaggi pienamente sviluppati e davvero interessanti. Non vedo l’ora di leggere il seguito. Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su A ogni costo) CONTRO OGNI NEMICO è il libro 4 della serie thriller best-seller di Luke Stone, che comincia con A OGNI COSTO (libro 1), un libro scaricabile gratuitamente con più di 250 recensioni a cinque stelle! Da una base NATO situata in Europa è stato rubato un piccolo arsenale di armi nucleari statunitensi. Il mondo si danna per cercare di capire chi siano i colpevoli e quale sia il loro obiettivo – e per fermarli prima che scatenino l’inferno sull’umanità. Con poche ore a disposizione prima che sia troppo tardi, la presidente non ha altra scelta che chiamare Luke Stone, l’ex capo di una squadra paramilitare d’élite dell’FBI. Dato che sta finalmente cercando di rimettere ordine nella sua vecchia vita, e che deve affrontare devastanti notizie sul fronte familiare, Luke non vuole il lavoro. Ma con la nuova donna presidente eletta alla disperata ricerca di aiuto, capisce di non poterle voltare le spalle. Nella mozzafiato caccia del gatto col topo che segue, Luke, Ed e la sua ex squadra dovranno essere più audaci, e infrangere più regole, di prima. Con il destino del mondo a rischio, Luke si inoltra nella torbida nebbia della guerra e dello spionaggio, e scopre che il colpevole non è chi pensa lui, alla fine. Thriller politico con azione non-stop, ambientazioni internazionali drammatiche e suspense mozzafiato, CONTRO OGNI NEMICO è il libro 4 della serie best-seller e acclamata dalla critica di Luke Stone, un’esplosiva nuova serie che vi costringerà a girare pagina fino a tarda notte. Il libro 5 della serie di Luke Stone sarà presto disponibile.

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Per la stanza passò un mormorio di assenso.

“Okay, vediamo Kleine Brogel.”

Sullo schermo la mappa allargò la panoramica, si spostò sulla destra, a poca distanza, poi zoomò di nuovo. Luke riusciva a riconoscere le piste e le costruzioni di un aerodromo rurale non lontano da una cittadina.

“La base aerea di Kleine Brogel,” disse Kurt. “È un aerodromo militare belga localizzato a circa sessanta miglia a est di Bruxelles. Il villaggio che vedete lì è il comune di Kleine Brogel, da cui il nome della base. La base è la dimora della decima ala tattica belga. Ci fanno volare F-16 Falcon, jet da combattimento supersonici, che, tra le altre cose, possono sganciare bombe nucleari B61.”

Sullo schermo la mappa scomparve, e si materializzò un’immagine. Era quella di una bomba a forma di missile montata su un carrello provvisto di ruote e parcheggiata al di sotto della fusoliera di un jet da combattimento. La bomba era lunga e liscia, grigia con la punta nera.

“Qui vedete una B61,” disse Kurt. “Lunga neanche tre metri e mezzo, circa settantasei centimetri di diametro, e con un peso di circa trecentodiciassette chili. È un’arma a rendimento variabile che può mettere fino a trecentoquaranta chilotoni su un obiettivo – approssimativamente venti volte la grandezza dell’esplosione di Hiroshima. Paragonate questo rendimento ai megatoni dei grossi missili balistici, e potete vedere che la B61 è una piccola testata tattica. È progettata per essere trasportata da aeroplani veloci, come l’F-16. Noterete la forma affusolata – fatta così perché possa resistere alle velocità che i suoi veicoli di trasporto possono raggiungere. Queste sono bombe fatte in America, e le condividiamo con il Belgio come parte degli accordi NATO.”

“Quindi le bombe si trovano lì?” disse Susan.

Kurt annuì. “Sì. Direi una trentina. Posso recuperarle la cifra esatta, se ne abbiamo bisogno.”

Passò un altro mormorio tra la folla raccolta.

Kurt sollevò la mano. “La faccenda migliora. Kleine Brogel in Belgio è una questione politica. Molti belgi odiano il fatto che lì ci siano le bombe, e le vogliono fuori dal paese. Nel 2009 un gruppo di attivisti pacifisti belgi ha deciso di mostrare a tutti quanto siano poco sicure le bombe lì. Hanno violato la sicurezza della base.”

Sullo schermo riapparve la mappa. Kurt indicò una zona lungo il margine della base. “A sud dell’aerodromo ci sono delle fattorie casearie. Gli attivisti hanno attraversato a piedi la terra della fattoria, poi hanno scavalcato la recinzione. Hanno vagato per la base per almeno quarantacinque minuti prima che qualcuno si accorgesse della loro presenza. Quando alla fine sono stati intercettati – da un aviatore belga con un fucile scarico, tra l’altro – erano appena fuori dal bunker dove erano immagazzinate alcune delle bombe. Avevano già dipinto con gli spray degli slogan sul bunker e affisso alcuni adesivi.”

Nella stanza esplose di nuovo il chiacchiericcio, più forte e più pronunciato stavolta.

“Okay, okay. È stata una seria distrazione da parte della sicurezza. Ma prima che ci facciamo prendere, riconosciamo un paio di cose. Per dirne una, i bunker erano ben chiusi – non c’era pericolo che gli attivisti entrassero. In più le bombe sono accatastate in delle camere sotterranee – anche se gli attivisti in qualche modo fossero riusciti a entrare, non sarebbero stati in grado di azionare gli ascensori idraulici per portare le bombe alla superficie. Gli attivisti erano a piedi, quindi anche se fossero riusciti ad azionare gli ascensori, non avrebbero fatto molta strada con un’arma di trecentodiciassette chili.”

“Quindi, con tutto ciò in mente, qual è la sua stima del livello di rischio?” disse Haley Lawrence.

Kurt fece una lunga pausa. Parve fissare qualcosa di lontanissimo, per un momento. Per Luke fu come se la mente di Kurt fosse un calcolatore, che attualmente attaccava numeri ai vari elementi che aveva appena descritto, poi li aggiungeva, sottraeva, moltiplicava e divideva.

“Alto,” disse.

“Alto?”

Kurt annuì. “Sì, certo. È una minaccia di livello alto. È possibile che un gruppo stia progettando il furto di una bomba da Kleine Brogel? Sicuramente. Non è la prima volta che sentiamo quest’idea – di tanto in tanto sorge nelle chiacchiere delle reti terroristiche raccolte dall’NSA e dal Pentagono. Una cellula terroristica a Bruxelles potrebbe avere un contatto o dei contatti alla base aerea che possono aiutarla – anzi, questo è uno scenario molto probabile. Sì, le bombe non sono operative senza i codici nucleari, e sì, devono essere sganciate da velivoli supersonici. Ma se gli iraniani vogliono le bombe solo per un processo di reverse engineering, o anche solo per analizzarle a fondo per il materiale nucleare? I militanti di Molenbeek tendono a essere sunniti, e loro l’Iran lo odiano. I nostri militanti potrebbero essere mercenari, disposti a farsi assumere dall’offerente più generoso.

“Oppure considerate questo,” proseguì Kurt. “L’aviazione somala ha una manciata di jet supersonici obsoleti. Per la maggior parte sono in rovina, ma io scommetto che uno o due possono ancora alzarsi in volo. Il governo somalo è debole, sotto costante attacco dall’Islam radicale, e vacilla sull’orlo del collasso. E se i militanti islamisti sequestrassero uno di quei velivoli, ci montassero una bomba e facessero precipitare l’intero aereo in un attentato nucleare suicida?”

“Non hai appena detto che le bombe senza i codici non funzionerebbero?” disse Susan.

Kurt fece spallucce. “I codici nucleari sono tra i criptaggi più avanzati del pianeta. A quel che sappiamo noi, non sono mai stati violati, persi, o rubati. Ma ciò non significa che non accadrà. Nel peggior scenario prevedibile possibile, io direi che la supposizione più sicura è che un giorno i codici verranno violati, se non è già accaduto.”

“Allora che cosa suggerisci di fare?”

Kurt non esitò. “Rimpolpare la sicurezza alla base aerea di Kleine Brogel. Farlo immediatamente. Lì abbiamo delle truppe, ma sono in costante stato di tensione con i belgi. Per avere un significativo aumento della sicurezza, dovremo calpestare qualche piede. Io riesaminerei anche le misure di sicurezza in altre basi NATO in cui sono tenute armi nucleari americane. Penso che scopriremo che quelle sono in condizioni piuttosto buone. Per quanto riguarda il lassismo nella sicurezza, i belgi esagerano proprio.

“Infine, farei una cosa che voglio fare da un po’ – mettere qualche operativo delle operazioni speciali sul campo a Bruxelles, nello specifico a Molenbeek. Fargli ficcare il naso qua e là e fargli fare qualche domanda. Questo è il tipo di cosa che i belgi dovrebbero fare con regolarità, ma non lo fanno. Non necessariamente deve essere un’operazione segreta – potrebbe essere anche meglio, in caso contrario. Mandarci gli agenti giusti, agenti che normalmente non accettano un no come risposta, e che facciano una bella pressione su un po’ di gente.”

Quasi esausto, Luke ascoltava solo a metà. Stava più che altro cercando di reggere fino alla fine della riunione. Lentamente, divenne consapevole che molte delle persone nella stanza lo stavano fissando.

Sollevò i palmi delle mani e si appoggiò allo schienale.

“Grazie,” disse, “ma no.”

* * *

“Allora, chi sta cercando di ucciderti?” chiese Susan.

Luke sedeva su una sedia in pelle dall’alto schienale nel salottino dello Studio Ovale. Sotto ai suoi piedi si trovava il sigillo presidenziale degli Stati Uniti. L’ultima volta che era stato lì, i servizi segreti lo avevano messo faccia in giù contro a quel sigillo. Però, ovviamente, era un altro tappeto – anche se sembrava identica, quella era una stanza totalmente nuova. L’altra era stata distrutta. Per un attimo se l’era dimenticato.

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