Ne aveva una grande paura.
Tano sapeva che avrebbe dovuto stare a guardare l’orizzonte, ma in quel momento tutto quello che poteva fare era guardare Ceres con un misto di orgoglio, amore e stupore. Si trovava a prua della loro piccola imbarcazione e toccava l’acqua con la mano mentre si dirigevano fuori dal porto andando al largo. Attorno a loro l’aria continuava a luccicare e la nebbiolina che definiva la loro invisibilità sembrava far vorticare la luce che vi passava attraverso.
Un giorno, Tano lo sapeva, l’avrebbe sposata.
“Penso sia sufficiente,” le disse Tano sottovoce. Vedeva lo sforzo sul suo volto. Il potere stava chiaramente riscuotendo il suo prezzo.
“Solo… un po’… di più.”
Tano le mise una mano sulla spalla. Da qualche parte dietro di lui udì Jeva sussultare, come se la donna del Popolo delle Ossa si aspettasse di vederlo scaraventare via dal potere. Ma Tano sapeva che Ceres non avrebbe mai fatto una cosa del genere a lui.
“Siamo liberi,” disse. “Non c’è nessuno dietro di noi.”
Vide Ceres guardarsi attorno con ovvia sorpresa quando vide l’acqua profonda che stavano ora solcando. C’era voluta così tanta concentrazione per tenere quel potere al suo posto? Ad ogni modo non c’era nessuno dietro di loro adesso: solo l’oceano vuoto.
Ceres sollevò la mano dall’acqua e barcollò leggermente. Tano la prese e la sostenne. Dopo tutto quello che aveva passato, era sorpreso che fosse riuscita a mostrare una tale forza. Ora voleva essere lì per lei. Non solo per un po’, ma sempre.
“Tutto bene,” disse Ceres.
“Molto di più,” la rassicurò Tano. “Sei sorprendente.”
Più sorprendente di quanto avrebbe potuto credere. Non si trattava solo del fatto che Ceres era bellissima, intelligente e forte. Non era solo il fatto che era potente o che sembrava mettere con tale insistenza il bene degli altri davanti al proprio. Erano tutte quelle cose, ma c’era anche qualcosa di speciale oltre tutto ciò.
Era la donna che lui amava, e dopo quello che era successo in città, era la sola donna che amava. Tano si trovò a pensare a cosa questo significasse. Ora potevano stare insieme. Sarebbero stati insieme.
Allora lei sollevò lo sguardo e lo fissò, poi si sporse per baciarlo. Fu un momento dolce e delicato, pieno di tenerezza. Tano si trovò a desiderare che potesse durare per sempre e che non ci fosse nient’altro di cui dovevano occuparsi.
“Hai scelto me,” disse Ceres toccandogli il viso mentre si staccavano.
“Ti sceglierò sempre,” disse Tano. “E ci sarò sempre per te.”
Ceres sorrise, ma Tano poté cogliere la sfumatura di incertezza nella sua espressione. Non poteva certo biasimarla per questo, ma allo stesso tempo avrebbe voluto vederla più sicura. Avrebbe voluto cacciare quell’insicurezza e fare in modo che tutto fra loro fosse perfetto. Era stato sul punto di chiederle altro, ma sapeva quando non era il caso di insistere troppo con le cose.
“Anche io ho scelto te,” lo rassicurò Ceres, ma allo stesso tempo si tirò indietro. “Devo andare da mio padre e mio fratello.”
Andò al punto dove si trovavano Berin, Sartes e Leyana. Una famiglia che appariva del tutto felice insieme. Una parte di Tano avrebbe voluto semplicemente andare lì ed esserne parte. Voleva essere parte della vita di Ceres e sospettava che anche lei lo desiderasse, ma sapeva anche che ci voleva tempo perché le cose tra loro si sistemassero.
Proprio per questo motivo non corse da lei. Rimase invece a considerare il resto delle persone presenti sulla barca. Per un’imbarcazione così piccola, ce n’erano davvero tanti. I tre combattenti che Ceres aveva salvato si stavano occupando dei remi anche se ora che erano lontani dal porto avrebbero potuto issare la piccola vela. Akila stava sdraiato da un lato e una matricola che Sartes aveva liberato gli stava premendo la ferita.
Jeva stava venendo verso di lui.
“Sei un idiota se le permetti di allontanarsi da te,” gli disse.
“Un idiota?” ribatté Tano. “Non c’è alcun altro modo di ringraziare qualcuno che ti ha appena salvata?”
Vide la donna del Popolo delle Ossa scrollare le spalle. “Sei un idiota anche per aver fatto questo. Rischiare la propria vita per salvare qualcun altro è una cosa stupida.”
Tano inclinò la testa di lato. Non era certo di poterla mai capire. Poi di nuovo pensò, dando un’occhiata a Ceres, che questa considerazione si poteva applicare a più di una persona.
“Rischiare la propria vita è ciò che si fa per gli amici,” le disse.
Jeva scosse la testa. “Io non avrei messo a repentaglio la mia vita per te. Se è tempo per te di unirti agli spiriti dei tuoi antenati, che allora sia. È addirittura un onore.”
Tano non era certo di cosa farsene di quell’affermazione. Era seria? Se era davvero così, era un po’ ingrata dato il rischio che lui e Ceres avevano corso per salvarla.
Se avessi saputo che era un tale onore fare da polena per una delle navi della Prima Pietra, ti avrei permesso di farlo,” le disse Tano.
Jeva lo guardò leggermente accigliata. Sembrava che ora toccasse a lei capire se stava parlando seriamente o no.
“Tu stai scherzando,” disse lei, “ma avresti dovuto lasciarmi lì. Te l’ho detto: solo un pazzo rischia la propria vita per gli altri.
Era una filosofia troppo cruda per Tano.
“Bene,” disse. “Almeno sono contento che tu sia viva.”
Jeva sembrò pensare per un momento o due. “Anche io sono contenta. Il che è strano. I morti saranno scontenti di me. Forse ho altro da fare. Ti seguirò fino a che scoprirò di che si tratta.”
Lo disse con voce neutra, come se fosse una cosa già stabilita in cui Tano non avesse niente da dire. Si chiese come dovesse essere, camminare in mezzo al mondo con la certezza che fossero i morti i responsabili della vita.
“Non è strano?” le chiese.
“Strano cosa?” rispose Jeva.
“Vivere la tua vita dando per scontato che siano i morti a prendere tutte le decisioni.”
Lei scosse la testa. “Non tutte. Ma loro ne sanno più di noi. Loro sono più di noi. Quando parlano dovremmo ascoltarli. Guardati.”
Questo fece accigliare Tano. Lui non era un membro del Popolo delle Ossa, e non era fatto per ricevere ordini dai morti.
“Io?”
“Saresti nelle circostanze in cui ti trovi se non fosse per decisioni che hanno preso i tuoi genitori e i loro predecessori?” chiese Jeva. “Sei un principe. Tutto il tuo potere è basato sui morti.”
In un certo senso aveva ragione, ma Tano non era sicuro che fosse la stessa cosa.
“Quello che decido di fare lo decido per i vivi, non per i morti,” disse.
Jeva rise come se fosse una barzelletta particolarmente simpatica, poi socchiuse leggermente gli occhi. “Oh, sei serio. Anche da noi ci sono persone che parlano così. Per lo più sono dei pazzi. Però questo è un mondo di folli, quindi chi sono io per giudicare? Adesso dove andiamo?”
Tano non aveva una risposta da darle al riguardo.
“Non ne sono sicuro,” ammise. “Mio padre mi ha detto dove potrei scoprire qualcosa sulla mia vera madre, poi una ex regina mi ha detto che lei si trova da qualche altra parte.”
“Allora bene,” disse Jeva. “Dovremmo andare. Notizie del genere da parte dei morti non si dovrebbero ignorare. Oppure potremmo tornare alla terra del mio popolo. Ci accoglierebbero dicendoci cosa ne è stato della nostra flotta.”
Non sembrava scoraggiata dalla prospettiva di dover fare rapporto di tantissimi morti tra la sua gente. Sembrava anche guardare verso Ceres molto spesso, lanciandole occhiate di ovvia ammirazione.
“È proprio in tutto e per tutto quello che hai detto essere. Qualsiasi cosa ci sia fra voi, risolvila.”
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