Lo stesso era cauto. Era stato già pronto una volta in passato a prendere il posto della Prima Pietra. Aveva preparato i più forti mercenari, costruito una rete di segreti solo per scoprire una sommossa che andava a prendere il trono prima che ci potesse arrivare lui.
Chi era stato la Prima Pietra al tempo? Maxim? Thessa? Era difficile ricordarlo, dato che il governo della città era cambiato così spesso a quei tempi. L’unica cosa che contava era che Irrien era arrivato e si era preso ciò che sarebbe altrimenti diventato suo. Ulren era sopravvissuto accettandolo. Ora la Prima Pietra aveva esagerato, ed era giunta l’ora di ripetersi.
Entrò nella stanza dove le cinque Pietre prendevano le loro decisioni. Gli altri erano già lì, come aveva sperato che sarebbe stato. Kas si stava accarezzando la barba a tre punte con preoccupazione. Vexa stava leggendo un rapporto. Borion aveva l’atteggiamento borioso di un uomo che sa che ci sono dei problemi.
“Che succede?” chiese.
Ulren non sprecò il suo tempo con le smancerie. “Ho deciso di sfidare Irrien per prendergli il posto.”
Guardò la reazione degli altri. Kas continuò ad accarezzarsi la barba. Vexa sollevò un sopracciglio. Borion fu quello con la reazione più visibile, ma del resto Ulren se l’era aspettato. Di quanti sfidanti aveva avvisato Irrien, il damerino? Quante volte aveva dato una mano con i debiti al gioco dell’altro?
“Irrien non è qui per essere sfidato,” sottolineò Borion.
Come se non ci fossero precedenti simili. Pensava che Ulren non avesse visto tutte le permute del consiglio al suo tempo essendo una delle Pietre?
“Allora la cosa dovrebbe essere più facile, no?” disse Ulren. Si portò avanti per prendere il trono di Irrien.
Con sua sorpresa Borion si portò davanti a lui e sguainò una lama sottile.
“E pensi di poterti proclamare Prima Pietra?” gli chiese. “Un vecchio che ha preso il suo posto tanto tempo fa, che nessuno neppure se lo ricorda? Che tiene il posto di Seconda Pietra più che altro perché Irrien non vuole rogne?”
Ulren si portò verso un punto libero del pavimento, levandosi di dosso la tunica e avvolgendola attorno a un braccio.
“È per questo che pensi che mi attenga a questa posizione?” disse. “Vuoi veramente provare a combattere con me, ragazzo?”
“Sono anni che lo voglio, ma Irrien ha sempre continuato a dirmi di no,” disse Borion. Sollevò la spada in posizione da duellante. Ulren sorrise.
“Questa è la tua ultima possibilità di vivere,” disse Ulren, anche se a dire il vero era passato tanto tempo da quando un uomo gli aveva puntato contro una lama. “Ti invito a notare che Kas e Vexa hanno più buon senso e non tentano un affronto del genere. Metti da parte la tua arma e prendi posto. Potresti addirittura essere capace di salire di una posizione.”
“Perché salire di una quando posso uccidere un vecchio e risalirne tre?” ribatté Borion.
Si lanciò in avanti e Ulren dovette ammettere che il ragazzo era veloce. Probabilmente Ulren era stato più rapido in gioventù, ma era un sacco di tempo fa. Aveva avuto un sacco di tempo per apprendere le doti della guerra, e un uomo che giudica la distanza nel modo giusto non doveva essere veloce. Fece roteare la sua tunica appallottolata e catturò con essa la spada di Borion.
“Tutto qui, vecchio?” chiese la Quinta Pietra. “Trucchetti?”
Ulren rise, poi attaccò nel mezzo della risata. Borion fu abbastanza rapido da saltare indietro, ma non senza che la lama di Ulren gli graffiasse il petto.
“Non sottovalutare i trucchetti, ragazzo,” disse Ulren. “Un uomo sopravvive in qualsiasi modo possibile.”
Fece un passo indietro e aspettò.
Borion gli si lanciò addosso. Ovvio. I giovani reagivano, si muovevano secondo le loro emozioni. Non pensavano. Oppure non pensavano abbastanza. Borion tentò una misura d’astuzia, con delle finte che Ulren aveva visto centinaia di volte nella sua vita. Quello era il pericolo di essere giovane: si pensava di aver inventato delle cose che invece avevano portato molti altri prima ad essere uccisi.
Ulren si fece di lato e gettò il mantello sul giovane mentre avanzava. Borion si dimenò sotto al tessuto nel tentativo di liberarsi, e in quel momento Ulren colpì. Si avvicinò, afferrò il braccio di Borion in modo che non potesse prendere la spada, e poi iniziò a pugnalarlo.
Lo fece metodicamente, con consistenza, con la pazienza che si era costruito in anni di combattimenti. Ulren poté vedere il sangue che filtrava attraverso il mantello che avvolgeva Borion, ma non si fermò fino a che l’altro uomo non fu caduto. Aveva visto uomini rialzarsi dalle peggiori ferite. Non aveva intenzione di rischiare nulla.
Rimase fermo respirando affannosamente. Era stato già più che sufficiente salire tutte quelle scale. Uccidere un uomo lo faceva sentire ora quasi come se i polmoni stessero per uscirgli dal petto, ma Ulren mascherò quella sensazione. Si portò verso il trono di Irrien mettendosi prima dietro ad esso.
“C’è qualcun altro di voi che desideri obiettare?” chiese a Kas e Vexa.
“Solo per la confusione,” disse Kas. “Ma per cose del genere ci sono gli schiavi, immagino.”
“Salve a te, Prima Pietra,” disse Vexa con nessun particolare entusiasmo.
Era un momento di trionfo. Ancora di più: era il momento cui Ulren aveva lavorato per anni. Ora che si trovava lì, era strano sedere effettivamente al posto della Prima Pietra, accomodandosi su quel trono di granito.
“Ho già preso gli interessi di Irrien,” disse Ulren. Fece un cenno verso Borion. “Ma sentitevi liberi di servirvi con quelli del giovane,”
L’avrebbero fatto. Ulren non aveva alcun dubbio che l’avrebbero fatto. Ecco com’era questa città, dopotutto.
“E ovviamente avremo bisogno di una nuova Quarta e Quinta pietra,” disse.
Quella sarebbe dovuta essere la loro battuta d’entrata per salire di un posto. Ma nessuno fece niente. Tennero i posti per cui avevano lottato, lasciando vuoto quello da Seconda Pietra. Ulren non era certo che la cosa gli piacesse, anche se poteva comprendere la paura dietro a quella situazione. Non andavano contro di lui a causa della sua nuova posizione, ma era anche segno che non la consideravano definitiva, e che non avevano intenzione di seguire il nuovo ordine.
Si stavano tenendo indietro nello stesso modo in cui lui lo aveva fatto quando Irrien era arrivato al potere.
E stavano pure agendo come se la cosa non fosse ancora conclusa.
Stefania si svegliò in un mondo pregno di agonia. L’intero universo sembrava essersi avvitato in lei formando una palla di dolore che le stringeva lo stomaco. Le sembrava di essere stata fatta a pezzi… ma effettivamente era stata tagliata e aperta.
Quel pensiero bastò a farla gridare di nuovo, e questa volta non c’erano sacerdoti o guerrieri a sentire la sua agonia: solo il cielo aperto sopra di lei, visibile attraverso il fosco turbinio delle sue lacrime. L’avevano trascinata fuori da qualche parte e l’avevano lasciata lì a morire.
Le ci volle tutta la sua forza per sollevare la testa quel poco che bastava per guardarsi attorno.
Quando lo fece subito desiderò di non averlo fatto. C’erano immondizie che la circondavano fino a dove l’occhio poteva vedere. C’erano cocci rotti, ossa di animali, vetro e altro ancora. Tutti i detriti della vita cittadina sparpagliati in un paesaggio di disperazione apparentemente illimitato.
Allo stesso momento la colpì anche il puzzo, fetido e travolgente tanto da riempire lo spazio attorno a lei. Ad esso era mescolato anche l’odore della morte e Stefania vide allora i corpi, semplicemente abbandonati come se non fossero nulla. In lontananza le parve di vedere dei fuochi funerari, ma dubitò che si trattasse delle eleganti pire di un funerale. Erano sicuramente solo delle fosse che aspettavano altri corpi ancora da consumare.
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