Morgan Rice - Un Regno D’acciaio

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In Un Regno D’acciaio (Libro #11 In L’anello Dello Stregone), Gwendolyn deve proteggere la sua gente dato che la Corte del Re è sotto assedio. Si batte per far evacuare tutti dall’Anello, ma c’è un problema: il suo popolo si rifiuta di andarsene. Da qui nasce una lotta di potere e Gwen trova la propria autorità di regina messa per la prima volta in pericolo, mentre si prospetta all’orizzonte la più grande minaccia per l’Anello. Dietro i McCloud si cela la minaccia di Romolo e dei suoi draghi che, con lo Scudo distrutto, intraprendono una catastrofica invasione dato che ora non c’è più nulla a frapporsi tra loro e il totale annientamento dell’Anello. Romolo, con Luanda al suo fianco, è inarrestabile quando c’è la Luna, e Gwen deve combattere per sopravvivere – per se stessa, per il bambino e per la sua gente – nel mezzo di un’epica battaglia tra draghi e uomini. Kendrick guida l’Argento in una lotta audace nella quale lo affiancano Elden e le nuove reclute della Legione, insieme a suo fratello Godfrey che sorprende tutti, incluso se stesso, con le sue azioni valorose. Ma anche tutto questo potrebbe non bastare. Thor nel frattempo intraprende l’impresa della sua vita nella Terra dei Druidi, attraversando a piedi un territorio spaventoso e magico, un territorio diverso da qualsiasi altro, con proprie leggi magiche. L’attraversamento di questa terra gli richiederà ogni briciolo di forza e allenamento, lo costringerà a scavare più a fondo dentro di sé per diventare il grande guerriero – e Druido – che è destinato ad essere. Incontrando mostri e minacce mai viste, dovrà mettere a rischio la propria vita nel tentativo di raggiungere sua madre. Erec e Alistair viaggiano verso le Isole del Sud, dove vengono accolti dalla gente di Erec, tra cui il competitivo fratello e la sorella invidiosa. Erec ha un ultimo drammatico incontro con il padre, mentre l’isola si prepara perché lui salga al trono in qualità di Re. Ma nelle Isole del Sud uno deve guadagnarsi il diritto alla corona combattendo, e in una battaglia epica Erec verrà messo alla prova come mai prima d’ora. In un drammatico colpo di scena impareremo che l’inganno si nasconde anche qui, in questo luogo di grandi e nobili cavalieri. Reece, circondato e assediato nelle Isole Superiori, deve combattere per la propria vita dopo la sua vendetta su Tiro. Disperato si troverà unito a Stara, vicendevolmente diffidenti, eppure insieme nel tentativo di sopravvivere, un’impresa che culminerà in una battaglia epica e che minaccerà l’intera isola. Riuscirà Gwen ad attraversare il mare verso la salvezza? Romolo distruggerà l’Anello? Reece e Stara rimarranno uniti? Erec diventerà Re? Thor troverà sua madre? Cosa ne sarà di Guwayne? Sopravviverà qualcuno? Con la sua sofisticata struttura e caratterizzazione, UN REGNO D’ACCIAIO è un racconto epico di amicizia e amore, di rivali e seguaci, di cavalieri e draghi, di intrighi e macchinazioni politiche, di maturazione, di cuori spezzati, di inganno, ambizione e tradimento. È un racconto di onore e coraggio, di fato e destino, di stregoneria. È un fantasy capace di portarci in un mondo che non dimenticheremo mai, in grado di affascinare persone di ogni sesso ed età. Un grande intreccio, è proprio il genere di libro che farete fatica a mettere giù per dormire. Il finale è ad alta tensione, talmente spettacolare che vorrete comprare all’istante il libro successivo, anche solo per vedere cosa succede. The Dallas Examiner {parlando di Amata}

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Non posso entrare.

Thor sentì il pensiero di Micople scorrergli dentro. La guardò e vide che chiudeva i suoi enormi occhi scintillanti, quindi capì.

Gli stava dicendo che avrebbe dovuto entrare nella Terra dei Druidi da solo.

Thor scese a terra sulla sabbia rossa e si fermò tra i pilasti esaminandoli.

“Non posso lasciarti qui, amica mia,” le disse Thor. “È troppo pericoloso per te. Se devo andare da solo, allora devo andare. Tu torna sana e salva a casa. Aspettami lì.”

Micople scosse la testa e la abbassò a terra, rassegnata.

Ti aspetterò sempre.

Thor vide che era determinate a rimanere. Sapeva che era cocciuta e che non si sarebbe mossa da lì.

Si chinò in avanti e le accarezzò le scaglie sul lungo naso, poi le diede un bacio. Lei sollevò la testa soddisfatta e la appoggiò sul suo petto.

“Tornerò da te, amica mia,” disse Thor.

Poi si voltò e si portò di fronte alle colonne, solide e dorate, splendenti al sole tanto da accecarlo quasi. Quindi fece il primo passo. Si sentiva vivo in un modo che non avrebbe mai immaginato mentre passava tra i pilastri, entrando nella Terra dei Druidi.

CAPITOLO SEI

Gwendolyn viaggiava in carrozza percorrendo la strada di campagna, conducendo la spedizione del suo popolo che si faceva strada verso occidente, allontanandosi dalla Corte del Re. Gwendolyn era felice che l’evacuazione fosse riuscita così ordinatamente fino a quel punto, soddisfatta per i progressi fatti dalla sua gente. Odiava il fatto di dover abbandonare la città, ma era fiduciosa che almeno avrebbero guadagnato abbastanza distanza per mettersi in salvo e portare a termine quella nuova missione: passare oltre l’Attraversamento Occidentale del Canyon, imbarcarsi sulla sua flotta di navi sulle sponde del Tartuvio e attraversare l’oceano per raggiungere le Isole Superiori. Sapeva che era l’unico modo per portare in salvo il suo popolo.

Mentre marciavano – migliaia di persone a piedi attorno a lei, altre migliaia sui loro carri – il suono degli zoccoli dei cavalli le riempiva le orecchie insieme al rumore costante delle ruote dei carri e alle voci della gente. Gwen si ritrovò persa in quella monotona camminata, tenendo Guwayne al seno e cullandolo. Accanto a lei c’erano Steffen e Illepra che le tenevano compagnia da quando erano partiti.

Gwendolyn guardò la strada davanti a sé e cercò di immaginarsi in un posto diverso da quello. Aveva lavorato così sodo per ricostruire il regno e ora eccola lì, in fuga. Stava mettendo in atto il suo piano di evacuazione di massa a causa dell’invasione dei McCloud, ma cosa più importante, a causa delle antiche profezie, degli indizi dategli da Argon, dei suoi stessi sogni e sensazioni di imminente sventura. E se si fosse sbagliata? Se si fosse trattato solo di sogni e preoccupazioni notturne? E se tutto nell’Anello fosse rimasto a posto? Se magari quella fosse solo una reazione esagerata, un’evacuazione non necessaria? Dopotutto lei avrebbe potuto portare il suo popolo in una qualsiasi altra città all’interno dell’Anello, come Silesia. Non doveva per forza portarli dall’altra parte dell’oceano.

Eppure prevedeva una completa e totale distruzione dell’Anello. Da tutto quello che aveva letto e udito e da come si sentiva, quella distruzione era imminente. L’evacuazione era l’unico modo, ne era certa.

Guardando l’orizzonte avrebbe volute che Thor potesse essere lì al suo fianco. Sollevò lo sguardo e fissò il cielo, chiedendosi dove si trovasse in quel momento. Aveva trovato la Terra dei Druidi? Aveva trovato sua madre? Sarebbe tornato da lei?

E si sarebbero mai sposati?

Gwen guardò Guwayne negli occhi e vide lo sguardo di Thor che la osservava, i suoi occhi grigi. Strinse il bambino a sé e cercò di non pensare al sacrificio che aveva dovuto decidere nel Mondo Inferiore. Si sarebbe avverato tutto? Il destino sarebbe stato così crudele?

“Mia signora?”

Gwen sobbalzò all’udire quelle voce. Si voltò a guardare Steffen che indicava il cielo. Notò che tutt’attorno a lei la sua gente si stava fermando, quindi improvvisamente anche la sua carrozza si immobilizzò. Rimase confusa, sbalordita che il cocchiere avesse fermato il carro senza un suo comando.

Gwen seguì il dito di Steffen e lì, all’orizzonte, fu scioccata dal vedere tre frecce volare in aria, infuocate, a disegnare un arco andando ad atterrare come stelle cadenti. Era scioccata: tre frecce infuocate potevano significare solo una cosa: era il segno dei MacGil. Gli artigli del falco, usati per dichiarare vittoria. Era un segno utilizzato da suo padre e dal padre di suo padre, un segno inteso solo dai MacGil. Era impossibile sbagliarsi: significava che i MacGil avevano vinto. Avevano ripreso la Corte del Re.

Ma com’era possibile? Quando erano partiti non c’erano speranze di vittoria, meno che meno di sopravvivenza: la sua preziosa città era assediata dai McCloud e non c’era nessuno di guardia.

Gwen scorse all’orizzonte una bandiera che veniva issata sempre più in alto. Strizzò gli occhi e di nuovo vide che non c’erano dubbi: era lo stendardo dei MacGil. Poteva significare solo che la Corte del Re era di nuovo nelle loro mani.

Da una parte Gwen si sentiva felice e avrebbe voluto correre a casa all’istante. Ma dall’altra, guardando tutta la strada che avevano percorso, ripensò alle predizioni di Argon, ai carteggi che aveva letto, alle sue stesse premonizioni. Dentro di sé sentiva che il suo popolo ancora aveva bisogno di essere portato via. Poteva anche darsi che i MacGil avessero riconquistato la Corte del Re, ma questo non significava che l’Anello era salvo. Gwendolyn era ancora certa che stava per verificarsi qualcosa di ancora peggiore e che lei doveva portare la sua gente via da lì, verso la salvezza.

“Pare che abbiamo vinto,” disse Steffen.

“Motivo di festeggiamento!” aggiunse Aberthol avvicinandosi al carro.

“La Corte del Re è nostra di nuovo!” gridò un paesano.

Un forte grido di esultanza si levò tra la gente.

“Dobbiamo tornare subito indietro!” gridò un altro.

Un altro grido di giubilo si levò. Ma Gwen scosse la testa decisa. Si alzò in piedi e guardò il suo popolo, tutti con gli occhi puntati su di lei.

“Non torneremo indietro!” disse alla sua gente. “Abbiamo iniziato lo sfollamento e dobbiamo continuare. So per certo che un grosso pericolo è in agguato sull’Anello. Devo portarvi in salvo fino a che ne abbiamo il tempo, fino a che ne abbiamo la possibilità.”

La gente sbuffò, insoddisfatta, e diversi paesani si fecero avanti indicando l’orizzonte.

“Non so voi,” disse uno, “ma la Corte del Re è casa mia! È tutto ciò che conosco e amo! Non ho intenzione di attraversare l’oceano per andare verso una terra sconosciuta mentre la nostra città è intatta e si trova sicura nelle mani dei MacGil! Io me ne torno alla Corte del Re!”

Un forte grido si levò e quando l’uomo si voltò incamminandosi verso casa, centinaia di persone lo seguirono, girando i loro carri e dirigendosi nuovamente verso la Corte del Re.

“Mia signora, devo fermarli?” chiese Steffen spaventato, leale a lei.

“Senti le voci del popolo, mia signora,” disse Aberthol avvicinandosi a Gwen. “Saresti una folle a negare loro quello che vogliono. Non puoi. È casa loro. È tutto ciò che conoscono. Non combattere contro la tua stessa gente. Non guidarli via senza buone ragioni.”

“Ma io ho buone ragioni,” disse Gwen. “So che la distruzione sta sopraggiungendo.

Aberthol scosse la testa.

“Ma loro no,” rispose. “Non dubito di te. Ma le regine pianificano in anticipo, mentre la gente comune agisce d’istinto. E una regina non potrà mai essere pienamente potente se le masse non glielo permettono.”

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