“Voglio trovare i nostri genitori,” disse Kate, rendendosene conto solo mentre lo diceva.
Poté percepire il lampo di dolore scorrere in Sofia a quella parole.
“I nostri genitori sono morti,” disse Sofia. Suonava così sicura che Kate voleva chiederle ancora cosa fosse successo anni fa. “Mi spiace, Kate. Non era quello che intendevo.”
Kate sospirò amaramente.
“Non voglio più che qualcuno controlli quello che faccio,” disse Kate scegliendo una cosa che voleva tanto quanto il ritorno dei suoi genitori. “Voglio essere libera, veramente libera.”
“Lo voglio anche io,” disse Sofia. “Ma ci sono pochissime persone veramente libere in questa città. Quelli che davvero lo sono…”
Guardò verso la città e, seguendo il suo sguardo, Kate poté vedere che stava guardando verso il palazzo, con il suo marmo scintillante e le decorazioni dorate.
Kate poteva sentire quello che stava pensando.
“Non penso che essere una servitrice al palazzo di renderebbe libera,” disse Kate.
“Non stavo pensando di diventare una servitrice,” disse Sofia. “E se… potessimo entrare lì e semplicemente essere uno di loro? E se potessimo convincerli di quello che eravamo? E se potessimo sposare un qualche ricco uomo e avere dei collegamenti con la corte?”
Kate non rise, ma solo perché capiva quanto seria fosse sua sorella riguardo a quell’idea. Se avesse potuto avere qualsiasi cosa al mondo, l’ultima cosa che Kate avrebbe desiderato sarebbe stato entrare al palazzo e diventare una gran dama, sposando un qualche uomo che le dicesse cosa fare.
“Non voglio dipendere da nessun altro per la mia libertà,” disse Kate. “Il mondo ci ha insegnato una cosa, e solo una cosa: dobbiamo contare su noi stesse. Solo su noi stesse. In questo modo possiamo controllare tutto ciò che ci capita. E non dobbiamo fidarci di nessuno. Dobbiamo imparare a prenderci cura di noi stesse. A sostenerci. A vivere della terra. A imparare a cacciare. A coltivare. Qualsiasi cosa dove non sia necessario fare affidamento sugli altri. E dobbiamo raccogliere armi e diventare grandi combattenti così, se qualcuno venisse a prendere ciò che è nostro, potremmo ucciderli.”
E improvvisamente Kate capì.
“Dobbiamo lasciare questa città,” disse con urgenza alla sorella. “È piena di pericoli per noi. Dobbiamo andare oltre la città, in campagna, dove vivono poche persone e dove nessuno sarà capace di farci del male.”
Più ne parlava e più si rendeva conto che era la cosa giusta da fare. Era il suo sogno. In quel momento Kate non voleva altro che correre verso i cancelli della città e scappare negli spazi aperti che si trovavano oltre.
“E quando avremo imparato a combattere,” aggiunse, “quando saremo diventate più grandi e più forti e avremo le migliori spade e archi e pugnali, torneremo qui e uccideremo tutti quelli che ci hanno fatto del male nell’orfanotrofio…”
Sentì le mani di Sofia sulle sue spalle.
“Non puoi parlare così, Kate. Non puoi parlare di uccidere gente come se niente fosse.”
“Non è vero che è niente,” rispose seccamente Kate. “È quello che si meritano.”
Sofia scosse la testa.
“È una cosa primitiva,” le disse. “Ci sono modi migliori per sopravvivere. E modi migliori per vendicarsi. Inoltre, non voglio limitarmi a sopravvivere come una paesana nei boschi. Che senso ha una vita del genere? Io voglio vivere.”
Kate non era convinta, ma non disse nulla.
Camminarono in silenzio per un po’, e Kate immaginò che Sofia fosse presa dal suo sogno come lei dal proprio. Percorsero strade piene di persone che sembravano sapere quello che stavano facendo delle loro vite, che sembravano piene di intento, e per Kate non era giusto che per loro dovesse essere così facile. Ma forse lo era. Magari anche loro avevano poca scelta come lei o Sofia se fossero rimaste nell’orfanotrofio.
Davanti a loro la città si distendeva oltre i cancelli che si trovavano lì probabilmente da centinaia di anni. Lo spazio esterno era pieno di case adesso, ammassate vicino alle mura in un modo che forse le rendeva inutili. Oltre c’era un ampio spazio aperto, però, dove numerosi contadini stavano conducendo il loro bestiame verso il mattatoio: pecore e oche, anatre e addirittura alcune mucche. C’erano anche carri di cibo che aspettavano di entrare in città.
E oltre ancora l’orizzonte era pieno di boschi. Boschi dove Kate desiderava scappare.
Kate vide la carrozza prima di Sofia. Si stava facendo strada in mezzo ai veicoli in attesa, i suoi occupanti ovviamente convinti di avere il diritto di essere i primi. Forse era anche così. La carrozza era dorata e decorata, con uno stendardo di famiglia sul fianco, che probabilmente avrebbe avuto senso se le suore avessero ritenuto necessario insegnare cose del genere. Le tendine di seta erano chiuse, ma Kate vide aprirsi uno spiraglio, rivelando una donna all’interno che guardava da sotto un’elaborata maschera a forma di uccello.
Kate si sentì pervadere da invidia e disgusto. Come potevano alcuni vivere così bene?
“Guardali,” disse Kate. “Stanno probabilmente andando a un ballo o a una festa in maschera. Non hanno probabilmente mai dovuto preoccuparsi di avere fame in vita loro.”
“No, è vero,” confermò Sofia. Ma la sua voce aveva un tono pensieroso, forse addirittura pieno di ammirazione.
Allora Kate si rese conto di cosa sua sorella stava pensando. Si girò verso di lei sorpresa.
“Non possiamo seguirli,” le disse.
“Perché no?” rispose sua sorella. “Perché non provare a prenderci quello che vogliamo?”
Kate non aveva una risposta da darle. Non voleva dire a Sofia che non avrebbe funzionato. Che non poteva funzionare. Che non era il modo in cui il mondo andava avanti. Avrebbero dato loro un’occhiata e avrebbero capito che erano orfane, avrebbero capito che erano paesane. Come potevano mai sperare di fondersi con un mondo come quello?
Sofia era la sorella più grande, avrebbe dovuto saperlo.
Inoltre in quel momento gli occhi di Kate si posarono su qualcosa che era ugualmente attraente per lei. C’erano degli uomini che si stavano mettendo in formazione vicino al lato della piazza, indossando i colori di una delle compagnie di mercenari cui piaceva dilettarsi nelle guerre oltreoceano. Avevano armi disposte sui carri, e cavalli. Alcuni di loro stavano addirittura svolgendo un torneo improvvisato con delle spade dalle lame smussate.
Kate guardò le armi e vide quello che le serviva: rastrelliere di acciaio. Pugnali, spade, balestre, trappole da caccia. Anche solo con poche di quelle cose, avrebbe potuto imparare a mettere trappole e vivere di ciò che la terra aveva da offrirle.
“No,” disse Sofia vedendo il suo sguardo e mettendole una mano sul braccio.
Kate si liberò, ma con delicatezza. “Vieni con me,” disse, determinata.
Vide sua sorella scuotere la testa. “Sai che non posso. Non fa per me. Non sono fatta così. Non è quello che voglio, Kate.”
E cercare di mescolarsi con un mucchio di nobili non era quello che Kate voleva.
Poté sentire la certezza di sua sorella, poté sentire la propria, ed ebbe un’improvvisa sensazione di come sarebbe andata. La consapevolezza le fece bruciare gli occhi per le lacrime. Gettò le braccia attorno a sua sorella, e anche lei la strinse a sé.
“Non voglio lasciarti,” disse Kate.
“Neanche io voglio lasciarti,” rispose Sofia, “ma forse dobbiamo tentare ciascuna la propria strada, almeno per un po’. Tu sei testarda quanto me, e dobbiamo entrambe vivere il nostro sogno. Io sono convinta di potercela fare, e che poi potrò aiutarti.”
Kate sorrise.
“E io sono convinta di potercela fare, e di poterti poi aiutare.”
Kate poté vedere le lacrime anche negli occhi di sua sorella, ma più di questo poté sentire la tristezza nella connessione che avevano.
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