Nascondersi in casa al buio. Sentire dei rumori di qualcuno che si muoveva lì intorno. C’era della luce al di là, anche se fuori era notte. Si sentiva vicina, sul punto di poter scoprire cosa realmente fosse successo ai suoi genitori quella notte. La luce dalla finestra iniziava a farsi più brillante, e più brillante, e…
“Svegliati,” le disse Sofia scuotendola. “Stai sognando, Kate.”
Kate aprì gli occhi risentita. I sogni erano sempre molto meglio del mondo in cui viveva.
Strizzò le palpebre alla luce. Anche se pareva impossibile, la mattina era arrivata. Il suo primo giorno passando un’intera notte fuori dal puzzo e dalle grida che c’erano tra le mura dell’orfanotrofio, la sua prima mattina svegliandosi da qualche parte, da qualsiasi parte, che non fosse lì. Anche in un posto così umido si sentiva felice.
Notò non solo la differenza rispetto alla scarsa luce del pomeriggio: era anche il modo in cui il fiume davanti a loro si era animato di chiatte e barche che navigavano più rapidamente che potevano, risalendo la corrente. Alcune si spostavano con piccole vele, altre con pali che le spingevano o cavalli che le tiravano dai lati del fiume.
Attorno a loro Kate poteva sentire il resto della città che si svegliava. Le campane del tempio stavano rintoccando l’ora, mentre nel frattempo si udiva il chiacchiericcio di un’intera città la cui gente si metteva al lavoro o partiva per altri viaggi. Oggi era il primo giorno, una buona giornata per iniziare le cose. Magari avrebbe significato buona fortuna anche per lei e Sofia.
“Continuo a fare lo stesso sogno,” disse Kate. “Continuo a sognare di… di quella notte.”
Sembravano sempre trattenersi dal chiamarla in modo diverso. Era strano, quando avrebbero potuto probabilmente comunicare più direttamente rispetto a chiunque altro in città, eppure lei e Sofia ancora esitavano sul parlare di quella cosa.
L’espressione di Sofia si adombrò, e Kate si sentì immediatamente male al riguardo.
“Anche io faccio quel sogno, a volte,” ammise Sofia tristemente.
Kate si girò verso di lei, concentrata. Sua sorella doveva sapere. Era stata più grande, doveva aver visto di più.
“Tu sai cos’è successo, vero?” le chiese. “Tu sai cos’è successo ai nostri genitori.”
Era più un’affermazione che una domanda.
Kate osservò il volto di sua sorella per trovarvi delle risposte, e vide un lieve fremito, il segno che stava nascondendo qualcosa.
Sofia scosse la testa.
“Ci sono cose cui è meglio non pensare. Dobbiamo concentrarci su cosa succederà adesso, non sul passato.”
Non era proprio una risposta soddisfacente, ma era più di quanto Kate si fosse aspettata. Sofia non aveva intenzione di parlare di ciò che era successo nella notte che i suoi genitori se n’erano andati. Non voleva mai discuterne, e anche Kate doveva ammettere di provare sentimenti di disagio ogni volta che ci pensava. Inoltre nella Casa degli Indesiderati non era gradito quando gli orfani tentavano di parlare del loro passato. La chiamavano ingratitudine, ed era un’altra cosa che poteva causare punizioni.
Kate calciò un ratto lontano dal proprio piede e si sedette più eretta guardandosi attorno.
“Non possiamo restare dove siamo,” disse.
Sofia annuì.
“Moriremo se restiamo qui nelle strade.”
Era un pensiero duro, ma probabilmente anche vero. C’erano così tanti modi di morire nelle strade di questa città. Freddo e fame erano solo i primi nella lista. Con le bande di strada, i guardiani, le malattie e tutti gli altri rischi là fuori, anche l’orfanotrofio iniziava ad apparire più sicuro.
Non che Kate volesse tornarci. Lo avrebbe raso al suolo prima di riattraversare quelle porte. Forse un giorno l’avrebbe comunque raso al suolo. Sorrise a quel pensiero.
Sentendo la fame, Kate tirò fuori l’ultimo dei dolcetti e iniziò a mangiarselo. Poi si ricordò di sua sorella. Ne staccò metà e gliela porse.
Sofia la guardò speranzosa, ma con un senso di colpa.
“Va bene,” mentì Kate. “Ne ho un altro nel mio vestito.”
Sofia lo prese con riluttanza. Kate sentì che sua sorella sapeva che stava mentendo, ma aveva troppa fame per negarlo. Ma il loro collegamento era così stretto che Kate poteva sentire la fame di sua sorella, e non avrebbe mai potuto permettersi di essere felice se sua sorella non lo era.
Alla fine strisciarono fuori dal loro nascondiglio.
“Allora, sorellona,” chiese Kate, “qualche idea?”
Sofia sospirò tristemente e scosse la testa.
“Beh, sto morendo di fame,” disse Kate. “Sarà meglio pensare a pancia piena.”
Sofia annuì d’accordo con lei ed entrambe si diressero verso le strade principali.
Presto trovarono un bersaglio – un altro fornaio – e rubarono la colazione nel modo in cui avevano preso il loro ultimo pasto. Mentre si nascondevano in un vicolo e mangiavano, era una tentazione pensare di poter vivere il resto delle loro vite a quel modo, usando il talento che condividevano per prendere quello di cui avevano bisogno quando nessuno stava prestando attenzione. Ma Kate sapeva che non poteva funzionare così. Niente di buono durava per sempre.
Kate guardò verso il trambusto della città davanti a lei. Era travolgente. E le sue strade sembravano allungarsi per sempre.
“Se non possiamo stare nelle strade,” disse, “cosa facciamo? Dove andiamo?”
Sofia esitò un momento, come insicura quanto Kate.
“Non lo so,” ammise.
“Bene, cosa possiamo fare?” chiese Kate.
Non sembrava una lista lunga come avrebbe dovuto essere. La verità era che gli orfani come loro non avevano tante opzioni nella vita. Erano preparati per vite dove erano vincolati come apprendisti o schiavi, soldati o peggio. Non c’era nessuna reale aspettativa di effettiva libertà, perché anche quelli che cercavano sinceramente un apprendista non avrebbero pagato che una miseria, non abbastanza da estinguere i loro debiti.
E la verità era che Kate aveva poca pazienza per cucire e cucinare, per l’etichetta o la merceria.
“Potremmo trovare un mercante e tentare di diventare suoi apprendisti,” suggerì Kate.
Sofia scosse la testa.
“Anche se ne trovassimo uno intenzionato ad assumerci, vorranno sentire le nostre famiglie prima. Se non troviamo un padre che garantisca per noi, capiranno cosa siamo.”
Kate doveva ammettere che sua sorella aveva ragione.
“Bene, allora potremmo firmare come manovali per le chiatte, e vedere il resto del paese.”
Anche mentre lo diceva, sapeva che era probabilmente ridicola come la prima idea. Il capitano avrebbe comunque fatto delle domande, e probabilmente qualsiasi cacciatore di orfani fuggitivi avrebbe cercato nelle chiatte per trovare coloro che tentavano di scappare. Di certo non potevano fidarsi che qualcuno potesse aiutarli, non dopo quello che era successo nella biblioteca, con l’unico uomo in quella città che aveva considerato amico.
Che sciocca infantile era stata.
Anche Sofia parve cogliere l’enormità della situazione in cui si erano cacciate. Distolse lo sguardo con espressione pensierosa.
“Se potessi fare qualsiasi cosa,” chiese Sofia, “se potessi andare in qualsiasi posto, dove andresti?”
Kate non ci aveva pensato in quei termini.
“Non lo so,” disse. “Voglio dire, non ho mai pensato a più che sopravvivere alla giornata.”
Sofia fece silenzio a lungo. Kate poteva sentirla pensare.
Alla fine Sofia parlò.
“Se tentiamo di fare qualcosa di normale, ci saranno tanto ostacoli come se sparassimo contro le cose più grandi del mondo. Forse ancora peggio, perché la gente si aspetta che quelli come noi si accontentino di meno. Quindi cos’è che vuoi più di tutto?”
Kate ci pensò.
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