Blake Pierce - Ritorno a casa

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“Un capolavoro del thriller e del mistero. Blake Pierce ha creato con maestria personaggi dalla psiche talmente ben descritta da farci sentire dentro la loro mente, a provare le loro stesse paure e fare il tifo per loro. Questo libro è ricco di colpi di scena e vi terrà svegli fino all’ultima pagina.” ––Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su Il Killer della Rosa) RITORNO A CASA (Un Thriller Psicologico di Chloe Finee) è il libro #5 di una nuova serie thriller di Blake Pierce, autore del best–seller Il Killer Della Rosa (Libro #1, download gratuito), che ha ottenuto più di 1000 recensioni da cinque stelle.Quando due mariti, migliori amici, vengono trovati morti in un ricco paese periferico, l’agente speciale della sezione VICAP dell’FBI Chloe Fine, 27 anni, viene incaricata di smascherare le bugie di quella cittadina e di trovare l’assassino. Chloe dovrà penetrare la facciata perfetta della città, andando oltre le apparenze per capire la verità su chi fossero quegli uomini e chi potesse volerli morti. Ma in un luogo che prospera nella sua esclusività, non sarà facile da fare.Quali segreti nascondevano quei mariti?Thriller psicologico dall’intensa carica emotiva, personaggi ben costruiti, un’ambientazione intima e una suspense mozzafiato, RITORNO A CASA è il libro #5 in una nuova, avvincente serie che vi terrà incollati alle sue pagine fino a tarda notte. Anche il libro #6 nella serie di CHLOE FINE sarà presto disponibile.

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“Bo?” chiamò in tono giocoso.

Oltrepassò il bagno e arrivò alla porta della loro camera da letto. Era chiusa e tentò di rammentare se l’avesse lasciata lei così, uscendo di casa. Troppo eccitata anche solo per rifletterci a lungo, la aprì, aspettandosi che lui la afferrasse o, se era davvero fortunata, che fosse steso sul letto nudo ad attenderla.

Non accadde nessuna delle due cose. Sherry si accigliò, tornando in corridoio. Dove diavolo è?

Poi le venne in mente che gli aveva mandato un messaggio per fargli sapere che avrebbe portato a casa delle bistecche. Era stata sul punto di aggiungere “Per il nostro anniversario", ma aveva deciso di non farlo, sperando che se ne ricordasse da solo. Sapendo che Sherry avrebbe comprato la carne, probabilmente era fuori sul patio, intento ad accendere la griglia.

Un po’ delusa per non aver avuto una sorpresa in camera da letto, Sherry tornò al piano di sotto. Stava per andare in cucina a prendere le spezie e i condimenti, ma decise che preferiva vedere prima Bo. Magari gli avrebbe dato un bacio appassionato, lasciandogli intuire quello che si aspettava più tardi.

Aprì la porta del patio e uscì fuori. Stava per richiudersela alle sue spalle quando vide Bo. E all’inizio non aveva senso.

Era sdraiato sul patio, rivolto verso la porta. I suoi occhi erano spalancati e immobili e c’era qualcosa di scuro che gli penzolava dalla bocca, un oggetto morbido e tondeggiante. Cercò di capire cosa fosse, ma fu allora che si rese conto che una pozza di sangue gli circondava la testa. Era di una tonalità di rosso molto scuro, ed era ancora bagnato.

“Bo...?”

Naturalmente, Bo non rispose.

Sherry sentì un urlo risalirle la gola. Dopo che le uscì di bocca, si accorse di sentire l’odore del liquido infiammabile e della carbonella. Bo era davvero uscito per avviare la griglia. Improvvisamente, l’odore della carbonella fu l’unica cosa di cui si rendeva conto, mentre cadeva in ginocchio, abbandonandosi a lamenti agonizzati accanto al marito morto.

CAPITOLO UNO

“Sono Danielle... dite quello che dovete dire dopo il bip.”

Chloe riagganciò e mise il cellulare sul bancone del bar. Guardò fuori dalla vetrina del locale che aveva scelto a caso. Stava bevendo da sola il giovedì pomeriggio, appena due giorni dopo aver chiuso il suo ultimo caso. Era ancora indolenzita, ma quella era l’ultima cosa che le passava per la mente. Guardando fuori dalla vetrata il tardo pomeriggio che inondava di luce dorata le strade di Washington, Chloe stava cominciando a preoccuparsi per Danielle.

Non parlava con la sorella da due giorni. Sapeva che due giorni non erano davvero motivo di preoccupazione, ma per il modo in cui le cose erano andate tra loro ultimamente, non poteva farne a meno. Inoltre, non solo Danielle aveva apparentemente spento il telefono, ma Chloe era anche passata dal suo appartamento: nessuno le aveva aperto.

Chloe scolò la seconda birra del pomeriggio e guardò l’orologio sul display del telefonino. Erano le 17:17, ovvero mezz’ora dall’ultima volta che aveva controllato. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che avesse provato una tale preoccupazione, un tale bisogno di sapere costantemente che ore fossero.

Notò a malapena il barista che si avvicinava. Fece un cenno al suo bicchiere vuoto e le chiese: “Un’altra?”

Stava per accettare. Non si ubriacava spesso, ma si domandò se, continuando a bere, avrebbe smesso di crucciarsi. Magari si sarebbe ubriacata al punto da dover tornare a casa in taxi, poi sarebbe crollata, svegliandosi al mattino solo per rendersi conto di essersi preoccupata per niente.

Ma questo non è da lei. Non è la nuova Danielle che ho imparato a conoscere.

“No grazie. Solo il conto.”

Il barista andò alla cassa, mentre Chloe riprendeva il cellulare. Il suo registro delle chiamate era la prova di quanto fosse in pensiero, specialmente quel pomeriggio. Era arrivata persino a chiamare lo strip club dove Danielle lavorava come barista. Ed era stato allora che aveva davvero iniziato a preoccuparsi. Il manager di Danielle l’aveva informata che si era data malata due giorni prima, dicendo di avere la mononucleosi o qualcosa del genere.

Ma se era così, non era rinchiusa in casa. E non rispondeva al telefono. Non ha molto senso spegnere il telefono quando si è malati, no?

Il barista le consegnò il conto e lei gli passò la sua carta di credito. Mentre firmava la ricevuta, si chiese se dovesse fare una denuncia di scomparsa. Sarebbe stato stupido; se qualcuno avesse presentato una denuncia in una simile situazione e lei fosse stata la persona incaricata di metterla a verbale, probabilmente avrebbe alzato gli occhi al cielo, ignorandola. Inoltre...a causa del passato di Danielle, una denuncia di scomparsa era l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Guardando i precedenti di Danielle, non sarebbe stato esagerato supporre che avesse deciso di fare le valigie e trasferirsi altrove.

No, non la nuova Danielle...

Chloe se ne andò dal bar più frustrata di prima. Tentò di concentrarsi su una sola emozione, la preoccupazione o la frustrazione, ma si accorse che in realtà funzionavano perfettamente insieme, in modo alquanto irritante. Mentre si avviava a piedi verso il suo appartamento, cercò di convincersi che si stava comportando da stupida. Detestava essere così convinta che qualcosa non andasse. Non era mai stata una persona ansiosa, anzi, era sempre alla ricerca di qualche spiegazione logica per non doversi preoccupare in nessuna circostanza. Era sicura che, non appena avesse smesso di ossessionarsi, Danielle le avrebbe telefonato dicendole di aver lasciato la città per vedere i suoi vecchi amici nel Maryland, o qualcosa del genere.

Proprio mentre quella fragile rassicurazione le attraversava la mente, le squillò il telefono.

Il cuore le balzò subito in gola. Era così certa che fosse Danielle che non si preoccupò nemmeno di controllare il nome sul display. Dovette addirittura trattenersi dal pronunciare il nome della sorella rispondendo.

“Pronto?”

“Agente Fine...ciao” disse una voce maschile. Le ci volle un momento per riconoscerla e, quando lo fece, si sentì in colpa per essere così delusa. Era Kyle Moulton. In qualsiasi altro momento, avrebbe potuto essere contenta di sentirlo, ma essendo così ansiosa di sentire la sorella, la sua telefonata era quasi un evento insignificante.

“Ciao, Moulton.”

“Scusa se ti chiamo di punto in bianco, ma avevo un po’ di tempo libero. Di solito mi lasciano fare delle telefonate a quest’ora, più o meno due volte a settimana, così ho pensato di sentirti per sapere come stai.”

“Sto bene.” Si interruppe, facendo una smorfia per quella menzogna e per quanto le sue parole suonassero del tutto false. “Sai una cosa?” disse. “In realtà, sono in difficoltà, in questo momento.”

“Lavoro?”

“No. Questioni personali.”

“Ah, capisco. Accidenti, Fine. Anche l’ultima volta che abbiamo parlato c’era qualche faccenda privata che ti consumava. Le cose non stanno andando meglio?”

“Sono domande piuttosto insistenti, dette da qualcuno che è rinchiuso senza potermi offrire un sostegno emotivo.”

Moulton ridacchiò, seppur con scarsa allegria. “Lo so. Scusa. Ma ehi, dietro le quinte si sta smuovendo qualcosa...tutto legale. Sembra che la mia condanna potrebbe essere notevolmente ridotta. Anche se le possibilità che io torni a lavorare per il Bureau sembrano davvero minime.”

“Beh, incrociamo le dita.”

Rimase in silenzio per un minuto e, quando ricominciò a parlare, la sua voce era cupa. “Ehi, senti...volevo solo salutarti. Non sapevo che tutta questa faccenda privata ti stesse ancora tormentando. Posso chiamarti un’altra volta.”

“No, non sei tu. È solo che...è stata una giornata difficile.”

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