Blake Pierce - La Porta Accanto

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“Un capolavoro del thriller e del mistero. Blake Pierce ha creato con maestria personaggi dalla psiche talmente ben descritta da farci sentire dentro la loro mente, a provare le loro stesse paure e fare il tifo per loro. Questo libro è ricco di colpi di scena e vi terrà svegli fino all’ultima pagina.” --Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (su Il Killer della Rosa) LA PORTA ACCANTO (Un Mistero di Chloe Fine) è il primo libro di una nuova serie thriller di Blake Pierce, autore del best-seller Il Killer Della Rosa (Libro #1, download gratuito), che ha ottenuto più di 1000 recensioni da cinque stelle. Chloe Fine, 27 anni, tirocinante nella Squadra Ricerca Prove dell’FBI, si ritrova costretta ad affrontare il proprio oscuro passato quando la sorella gemella, piena di problemi, ha bisogno del suo aiuto e un cadavere spunta nel suo paesino di provincia.Chloe ha l’impressione che la sua vita sia finalmente perfetta: si è trasferita in una nuova casa nel suo paese natale insieme al fidanzato, la sua carriera nell’FBI è promettente e all’orizzonte si profila il matrimonio.   Tuttavia, ben presto impara che non tutto è come sembra in quel sobborgo di periferia. Chloe inizia a scorgere l’altra faccia della medaglia: i pettegolezzi, i segreti, le bugie. Oltre a ciò, è anche perseguitata dai suoi demoni personali: la misteriosa morte della madre, quando aveva 10 anni, e l’arresto di suo padre. Quando spunta un nuovo cadavere, Chloe capisce che il suo passato e quella cittadina potrebbero essere la chiave per la risoluzione di entrambi i delitti.Thriller psicologico dall’intensa carica emotiva, con un’ambientazione intima e una suspense mozzafiato, LA PORTA ACCANTO è il libro #1 in una nuova, avvincente serie che vi terrà incollati alle sue pagine fino a tarda notte.Il libro #2 nella serie di CHLOE FINE è già prenotabile.

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Perciò, no… Avere bisogno di uno psicoterapeuta non faceva di lei un agente fallito. Anzi, sperava che l’avrebbe resa più forte.

Entrò nell’ufficio e vide un signore sulla sessantina seduto ad una grande scrivania. Dalla finestra dietro la scrivania si vedeva una piccola siepe con farfalle che vi svolazzavano sopra. Il nome dello psicoterapeuta era Donald Skinner, e praticava quella professione da più di trent’anni. Chloe lo sapeva perché lo aveva cercato su Google prima di decidersi a prendere appuntamento. Skinner era molto calmo e composto; sembrava quasi che la sua presenza si espandesse fino a riempire la stanza quando si alzò per andarle incontro.

Le fece cenno di sedersi su una poltrona dall’aria confortevole sistemata al centro della stanza.

“Prego, si metta comoda.” Le disse.

Chloe si sedette, visibilmente nervosa. Si rendeva conto che probabilmente si stava sforzando troppo per nasconderlo.

“L’ha mai fatto prima?” domandò Skinner.

“Quando ero molto più giovane” rispose lei.

L’uomo annuì mentre prendeva posto in una poltrona identica alla sua, posizionata proprio di fronte a lei. Una volta seduto, accavallò le gambe e intrecciò le mani.

“Signorina Fine, perché non mi racconta di lei… Di cosa l’ha portata qui, oggi.”

“Da dove devo partire?” fece lei, a mo’ di battuta.

“Per ora concentriamoci solo sulla scena del crimine di ieri” rispose Skinner.

Chloe si prese un momento per riflettere, quindi iniziò a raccontare. Raccontò tutto, aggiungendo persino qualche particolare che riguardava il suo passato, per fargli avere un quadro più completo della situazione. Skinner rimase attento in ascolto, poi rimuginò su quanto gli era stato riferito.

“Mi dica” disse Skinner. “Tra tutte le scene del crimine che ha visto ad oggi, è stata quella di ieri la più raccapricciante?”

“No. Però è stata quella più sanguinolenta che mi è stato permesso di vedere davvero.”

“Perciò lei è disposta ad ammettere tranquillamente che è stato quell’evento del suo passato a causare la sua reazione?”

“Immagino di sì. Insomma, non mi era mai successo prima. E anche quando sembrava che qualcosa fosse sul punto di turbarmi, riuscivo a fermarlo in tempo.”

“Capisco. E mi dica, ci sono altri fattori che potrebbero essere entrati in gioco? È una nuova città. Ha un nuovo istruttore, una nuova casa. Ci sono stati molti cambiamenti.”

“Mia sorella gemella” disse Chloe. “Vive qui a Pinecrest. Forse… Forse l’idea di rivederla dopo un anno ha contribuito alla mia crisi, oltre alla scena in sé.”

“Sì, potrebbe essere” disse Skinner. “La prego di scusarmi se le faccio una domanda così semplice, ma è stato l’omicidio di sua madre a spingerla a intraprendere una carriera nell’FBI?”

“Sì. All’età di dodici anni sapevo che era questo che volevo fare.”

“E sua sorella? Lei cosa fa?”

“Lavora in un bar. Credo che le piaccia perché deve sforzarsi di essere socievole solo per un paio d’ore al giorno, dopodiché può andarsene casa e dormire fino a mezzogiorno.”

“E lei ricorda quel giorno bene quanto lei? Ne avete parlato insieme?”

“Sì, ne abbiamo parlato, ma lei non è mai scesa nei dettagli. Ogni volta che ci provo, mi zittisce praticamente subito.”

“Allora scenda in questi dettagli con me, adesso” disse Skinner. “È evidente che ha bisogno di parlarne, perciò perché non farlo con me… che sono imparziale?”

“Be’, come le ho detto poco fa, a quanto pare si è trattato di un semplice ma sfortunato incidente.”

“Eppure suo padre è stato arrestato” le fece notare Skinner. “Perciò a me, che sono una persona che non ha familiarità con il caso, non sembra proprio che si tratti di un incidente. Mi incuriosisce come possa affermare così tranquillamente che sia trattato di un incidente. Perciò provi a rivivere i fatti. Cosa è successo quel giorno? Cosa si ricorda?”

“Be’, è stato un incidente, ma è stato causato da mio padre. Ecco perché è stato arrestato. Non ha nemmeno mentito in proposito. Lui era ubriaco, mia madre l’aveva fatto arrabbiare e così l’ha spinta.”

“Le sto dando la possibilità di scendere nei particolari, e questo è tutto quello che ha da dirmi?” chiese Skinner in tono amichevole.

“Ecco, molte parti sono sfuocate” ammise Chloe. “Ha presente come accade spesso con i ricordi, che sono come avvolti da una nebbia?”

“Certo, certo. Allora… Voglio provare qualcosa con lei. Dato che questa è la prima volta che ci vediamo, non ho intenzione di provare l’ipnosi. Però voglio tentare un’altra terapia altrettanto efficace. È quella che alcuni chiamano “terapia temporale”. Spero che oggi ci possa servire per tirare fuori dalla sua mente ulteriori particolari di quella giornata; particolari che sono già nella sua mente, ma che è come se fossero nascosti perché lei ha paura di vederli. Se continuerà a fare le sedute con me, questa tecnica ci aiuterà a estirpare la paura e l’angoscia che si risvegliano in lei ogni volta che deve affrontare il ricordo di quel giorno. Che gliene pare? È disposta a provare oggi?”

“Sì” rispose senza esitazione.

“D’accordo, bene. Allora… Iniziamo da dove era seduta. Voglio che chiuda gli occhi e si rilassi. Si prenda qualche secondo per liberare la mente e mettersi comoda. Mi faccia un cenno quando si sente pronta.”

Chloe fece come le era stato detto. Si appoggiò allo schienale. La poltrona era in ecopelle ed era molto comoda. Si sentiva le spalle contratte, per il disagio di mostrarsi così vulnerabile davanti ad una persona che non aveva mai visto prima. Prese un profondo respiro e sentì i muscoli rilassarsi. Sprofondò nella poltrona e ascoltò il ronzio dell’aria condizionata. Rimase sintonizzata su quel suono per qualche istante, quindi fece un cenno del capo. Era pronta.

“D’accordo” disse Skinner. “Lei è fuori sulla gradinata del palazzo con sua sorella. Ora, anche se non ricorda esattamente le scarpe che indossava quel giorno, voglio che immagini di guardarsi i piedi, le scarpe. Voglio che si concentri su quelle e su nient’altro, solo sulle scarpe che indossava quel giorno quando aveva dieci anni. Lei e sua sorella siete sulla gradinata d’ingresso, ma tenga gli occhi solo sulle scarpe. Me le descriva.”

“Sono delle Chuck Taylor” disse Chloe. “Rosse. Consumate. Con i lacci larghi e flosci.”

“Perfetto, adesso studi quei lacci. Si concentri solo su di essi. Poi voglio che si alzi senza distogliere lo sguardo dai lacci. Si alzi e ritorni nel punto in cui era prima di scoprire il sangue sulla moquette ai piedi delle scale. Voglio che torni indietro di un paio d’ore, ma senza smettere di guardarsi i lacci delle scarpe. Pensa di riuscirci?”

Chloe sapeva di non essere sotto ipnosi, ma le istruzioni sembravano davvero semplici. Così chiare e facili. Nella sua mente, si alzò e tornò dentro l’appartamento. Una volta dentro, vide il sangue, vide sua madre.

“Ecco la mamma in fondo alle scale” disse. “C’è un sacco di sangue. Danielle è da qualche parte che piange. Papà cammina avanti e indietro.”

“D’accordo, ma guardi solo i lacci delle scarpe” le rammentò Skinner. “Adesso provi ad andare ancora più indietro. Ci riesce?”

“Certo, è facile. Sono insieme a Beth… una mia amica. Siamo appena tornate dal cinema. Sua madre ci ha riaccompagnate. Mi ha fatto scendere ed è rimasta sul marciapiede finché non sono entrata nel palazzo. Lo faceva sempre, non se ne andava finché non mi vedeva entrare.”

“Ok. Adesso continui a guardare i lacci delle scarpe mentre scende dall’auto e sale le scale. Poi mi racconti il resto del pomeriggio.”

“Sono entrata nel palazzo e poi sono salita fino al secondo piano, dov’era il nostro appartamento. Quando mi sono avvicinata alla porta e ho preso le chiavi per aprire, da dentro ho sentito mio padre. Poi sono entrata, ho chiuso la porta e sono andata in soggiorno, ma ho visto il corpo della mamma. Era ai piedi delle scale. Il braccio destro era incastrato sotto il corpo. Il naso sembrava rotto e c’era sangue dappertutto. Il suo viso era quasi completamente sporco di sangue.

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