Blake Pierce - La Casa Perfetta

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In LA CASA PERFETTA (Libro #3), la profiler criminale Jessie Hunt, 29 anni, appena uscita dall’Accademia dell’FBI, torna a trovarsi braccata dal suo padre assassino, incastrata in un pericoloso gioco del gatto e del topo. Nel frattempo deve correre per fermare un killer in un nuovo caso che la porta nel cuore della periferia, e sull’orlo della propria salute mentale. Jessie si rende conto che la chiave per la sua sopravvivenza si trova nel decifrare il suo passato, un passato che non avrebbe mai voluto dover affrontare di nuovo.Un emozionante thriller psicologico dal ritmo incalzante, con personaggi indimenticabili e una suspense da far battere il cuore, LA CASA PERFETTA è il libro #3 di un’ammaliante nuova serie che ti costringerà a leggere fino a notte fonda.Il libro #4 della serie di Jessie Hunt sarà presto disponibile.

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“Mi pare… rischioso,” disse Jessie diplomaticamente.

“Ero contraria,” ammise Kat. “Ma la contea aveva necessità e noi avevamo celle disponibili. È stata una battaglia persa da subito.”

Jessie annuì mentre si guardava attorno. I fondamenti del posto sembravano gli stessi. L’unità era progettata come una ruota con un centro di comando nel mezzo e raggi che si allungavano in ogni direzione, portando alle celle dei detenuti. Al momento c’erano sei agenti nello spazio ora affollato del centro di comando, che assomigliava a una stazione infermieristica decisamente piena.

Alcuni volti le erano nuovi, ma la maggior parte apparivano invece familiari, incluso Ernie Cortez. Ernie era un omone grande e grosso, circa due metri per oltre cento chili di muscoli. Era sulla trentina e aveva i primi segni grigi nei capelli corti e neri. Quando vide Jessie, le rivolse un ampio sorriso.

“Signorina elegante,” le disse, usando l’affettuoso soprannome che le aveva affibbiato la prima volta che si erano visti, quando aveva tentato di fare colpo su di lei, suggerendole che avrebbe potuto fare la modella. Lei lo aveva fermato praticamente subito, ma lui non sembrava essersela presa.

“Come va, Ernie?” gli chiese con un sorriso.

“Lo sai: il solito. Mi assicuro che pedofili, stupratori e assassini facciano i bravi. E tu?”

“Praticamente lo stesso,” disse, decidendo di non entrare nei particolari delle sue attività degli ultimi mesi con così tante facce non conosciute attorno.

“Quindi, adesso che hai avuto un po’ di mesi a disposizione per occuparti del tuo divorzio, vuoi passare un po’ di tempo di qualità con il buon vecchio Ernie? Questo week end ho in programma di andare a Tijuana.”

“Il buon vecchio Ernie?” ripeté Jessie, incapace di fare a meno di ridere.

“Cosa c’è?” disse lui sulla finta difensiva. “Non mi si addice come descrizione?”

“Scusami, buon vecchio Ernie, ma sono piuttosto certa di avere altri programmi per questo week end. Ma divertiti a fare festa! Comprami delle Chiclet, ok?”

“Ahi,” rispose lui, stringendosi il petto come se gli avessero tirato una freccia al cuore. “Anche i ragazzi grandi e grossi hanno dei sentimenti, sai? E siamo anche, capisci, grandi e grossi.”

“Va bene, Cortez,” si intromise Kat, “adesso basta. Mi hai fatto venire il vomito ormai. E Jessie ha i suoi affari di cui occuparsi.”

“Cattiva,” mormorò lui sottovoce mentre riportava la sua attenzione sul monitor davanti a sé. Nonostante le sue parole, il tono suggeriva che non era per niente ferito. Kat fece cenno a Jessie di seguirla verso l’ala con la cella di Crutchfield.

“Questo ti potrebbe servire,” le disse porgendole il piccolo telecomando con il pulsante rosso al centro. Si trattava del dispositivo “di emergenza”. Jessie la considerava un po’ una sorta di copertina di Linus digitale.

Se Crutchfield avesse ingarbugliato troppo le cose con lei e le fosse venuta voglia di uscire dalla stanza senza fargli sapere dell’impatto che stava avendo su di lei, doveva solo premere il pulsante che teneva nascosto in mano. Quello avrebbe allertato Kat, che avrebbe potuto mandarla fuori dalla stanza per un qualche motivo inventato. Jessie era piuttosto certa che Crutchfield fosse a conoscenza del dispositivo, ma era comunque contenta di averlo.

Afferrò il telecomando, fece un cenno di assenso a Kat per dirle che era pronta ad entrare e fece un profondo respiro. Kat aprì la porta e Jessie entrò.

A quanto pareva Crutchfield aveva anticipato il suo arrivo. Era in piedi a pochi centimetri dal vetro che divideva la stanza a metà, e le sorrideva.

CAPITOLO SEI

Jessie ci mise un paio di secondi a distogliere gli occhi dai suoi denti storti e valutare la situazione.

In superficie non sembrava per niente diverso da come lo ricordava. Aveva ancora i capelli biondi rasati corti. Indossava ancora la divisa obbligatoria azzurra. Aveva ancora il volto leggermente paffuto che ci si sarebbe aspettati da un uomo altro circa un metro e settantacinque per settanta chili di peso. Lo faceva sembrare più vicino ai venticinque anni che hai trentacinque che effettivamente aveva.

E aveva ancora gli stessi occhi castani inquisitori, quasi rapaci. Erano l’unico accenno che lasciasse intendere che l’uomo di fronte a lei aveva ucciso almeno diciannove persone, se non forse il doppio.

Neanche la cella era cambiata. Era piccola, con uno stretto letto senza lenzuola avvitato alla parete di fondo. Nell’angolo di destra si trovava una piccola scrivania con una sedia attaccata, accanto a un piccolo lavandino. Dietro c’era un gabinetto, disposto sul fondo, con una porta scorrevole in plastica per consentire un minimo di privacy.

“Signorina Jessie,” le disse con voce suadente. “Che sorpresa inaspettata imbattersi in te qui.”

“Eppure lei se ne sta lì in piedi come se stesse aspettando il mio arrivo,” ribatté lei, non volendo concedergli un solo secondo di vantaggio. Si avvicinò al tavolo accanto al vetro e si sedette sulla sedia. Kat assunse la sua solita posizione di controllo, in piedi nell’angolo della stanza.

“Ho percepito un cambiamento nell’energia di questa struttura,” rispose lui, il suo accento della Louisiana più pronunciato che mai. “L’aria sembrava più dolce e mi è parso di sentire gli uccelli che cinguettavano fuori.”

“Non mi pare che lei sia sempre così propenso alle moine,” notò Jessie. “Le spiacerebbe condividere con me il motivo di questo umore così lusinghiero?”

“Niente in particolare, signorina Jessie. Un uomo non può semplicemente apprezzare la piccola gioia che gli viene dall’arrivo di un visitatore inaspettato?”

Qualcosa nel modo in cui disse le ultime parole fece venire i brividi a Jessie, come se ci fosse altro da dover aggiungere. Rimase seduta in silenzio per qualche secondo, permettendo alla propria mente di lavorare, per niente preoccupata dai limiti di tempo. Sapeva che Kat le avrebbe permesso di condurre l’interrogatorio a proprio piacimento.

Rigirandosi le parole di Crutchfield nella testa, si rese conto che potevano avere più di un significato.

“Quando parla di visitatori inaspettati, si riferisce a me, signor Crutchfield?”

Lui la fissò per diversi secondi senza parlare. Alla fine, lentamente, il largo sorriso che aveva stampato in volto si trasformò in un più malevolo – e più credibile – ghigno.

“Non abbiamo ancora stabilito le regole di base per questa visita,” disse, voltandole di colpo le spalle.

“Penso che i tempi delle regole siano passati da tempo, non crede, signor Crutchfield?” gli chiese. “Ci conosciamo da tempo ormai, e direi che a questo punto possiamo permetterci di parlare e basta, no?”

Crutchfield andò fino al letto che stava appeso alla parete della cella e si sedette, l’espressione leggermente nascosta nell’ombra.

“Ma come faccio a essere sicuro che sarai disponibile come vorresti che io fossi con te?” le chiese.

“Dopo aver chiesto a uno dei suoi scagnozzi di fare irruzione nell’appartamento della mia amica spaventandola al punto che ancora non riesce a dormire, non sono certa che lei si sia pienamente guadagnato la mia fiducia o il mio desiderio ad essere disponibile.”

“Tiri in ballo quell’evento,” le disse, “ma trascuri di considerare le innumerevoli volte che ti ho dato assistenza in casi tanto professionali quanto personali. Per ogni cosiddetta indiscrezione da parte mia, io ho compensato con informazioni che si sono dimostrate colme di valore per te. Tutto quello che sto chiedendo sono sicurezze riguardo al fatto che questa non si trasformi in una via a senso unico.”

Jessie lo guardò con determinazione, cercando di capire quanto disponibile avrebbe potuto rivelarsi pur mantenendo la dovuta distanza professionale.

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