Quando entrò nell’ampia area di lavoro centrale, contenente decine di scrivanie separate tra loro da poco più che pannelli di sughero, respirò e aspettò. Ma non accadde nulla. Nessuno disse niente.
In effetti nessuno parve notare il suo arrivo. Alcune teste erano abbassate nello studio di cartelle di lavoro. Altri erano con gli occhi fissi su persone che avevano davanti, molto spesso testimoni o sospettati in manette.
Jessie si sentì leggermente avvilita. Ma più di questo, si sentiva sciocca.
Cosa mi aspettavo, una festa?
Non era che avesse vinto il mitico Premio Nobel per la risoluzione di casi. Era andata all’accademia di addestramento dell’FBI per due mesi e mezzo. Era una bella cosa, ma nessuno le avrebbe fatto un applauso per questo.
Camminò in silenzio in mezzo al labirinto di scrivanie, passando accanto a detective con cui aveva precedentemente lavorato. Callum Reid, un uomo sui quarantacinque anni, sollevò lo sguardo dalla cartella che stava leggendo. Quando le fece un cenno di saluto, gli occhiali quasi gli caddero dalla fronte, dove li aveva appoggiati.
Anche Alan Trembley, sulla ventina, i suoi ricci biondi come al solito spettinati, portava gli occhiali, ma i suoi erano inforcati sul naso mentre lui interrogava con concentrazione un uomo che sembrava essere ubriaco. Non notò neanche Jessie che gli passava accanto.
Raggiunse la sua scrivania, che era ordinata in modo quasi imbarazzante, si levò la giacca e posò la borsa zainetto. Poi si sedette. Subito vide Garland Moses che usciva lentamente dalla sala del personale, caffè alla mano, diretto al suo ufficio del secondo piano che era fondamentalmente uno sgabuzzino per le scope.
Dava l’idea di essere uno spazio non particolarmente adeguato per il profiler criminale più celebrato che il Dipartimento di Polizia di Los Angeles avesse, ma Moses non sembrava curarsene più di tanto. A dire il vero non erano molte le cose che gli davano fastidio. Aveva più di settant’anni e lavorava come consulente per il dipartimento più che altro per evitare la noia, e in dette circostanze il leggendario profiler aveva la concessione di fare qualsiasi cosa volesse. Era un ex agente dell’FBI e si era trasferito nella Costa occidentale per andare in pensione, ma poi lo avevano convinto a fare da consulente alla centrale. Lui aveva accettato, a condizione di poter scegliere i casi e gli orari di lavoro. Considerata la sua carriera, nessuno al tempo si era opposto, e ancora oggi la cosa andava bene a tutti.
Con un cespo di capelli bianchi in disordine, la pelle rugosa e spessa e un guardaroba che risaliva agli anni Ottanta, aveva la reputazione di essere al meglio scontroso, e decisamente scorbutico quando si arrabbiava. Ma nell’unica interazione significativa che Jessie aveva avuto con lui, lo aveva trovato, se non proprio caloroso, almeno propenso alla conversazione. Avrebbe voluto cogliere più dettagli della sua mente, ma era ancora un po’ timorosa nel confrontarsi con lui direttamente.
Mentre saliva le scale e scompariva alla vista, Jessie si guardò attorno cercando Ryan Hernandez, il detective con cui aveva lavorato più spesso e che reputava il più vicino a poter definire amico. Avevano anche iniziato recentemente a darsi del tu chiamandosi per nome, un grosso passo nella cerchia della polizia.
Si erano effettivamente conosciuti in circostanze non professionali, quando il suo professore universitario lo aveva invitato a parlare durante la sua lezione di psicologia criminale nell’ultimo semestre alla UC Irvine lo scorso autunno. Ryan aveva presentato un caso di studio che Jessie – unica nella sua classe – era stata capace di risolvere. Poi era venuta a sapere di essere stata solo la seconda persona ad averne mai trovato la soluzione.
Dopodiché erano rimasti in contatto. Lei lo aveva chiamato per aiuto dopo che aveva iniziato a nutrire dei sospetti sui moventi di suo marito, ma prima che tentasse di ucciderla. E quando si era nuovamente trasferita nel centro di Los Angeles, aveva trovato lavoro al Dipartimento di Polizia dove lui operava.
Avevano lavorato insieme a numerosi casi, incluso l’omicidio della ricca filantropa Victoria Missinger. Era stata in gran parte la scoperta del killer da parte di Jessie ad assicurarle il rispetto che l’aveva condotta al colpaccio con l’FBI. E tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’esperienza e l’istinto di Ryan Hernandez.
In effetti l’uomo era così fortemente stimato che gli avevano assegnato un’unità speciale nel Furto e Omicidio, chiamata Sezione Speciale Omicidi, detta anche SSO in breve. Erano specializzati in casi di alto profilo che davano origine ad alto interesse mediatico e giudizio pubblico. Generalmente si trattava di incendi dolosi, omicidi con più vittime, omicidi di persone note e ovviamente serial killer.
Oltre al suo dono come investigatore, Jessie doveva riconoscere che non era per niente spiacevole passare del tempo con lui. I due avevano un buon rapporto, come se si conoscessero da più di sei mesi. In qualche occasione a Quantico, quando aveva avuto il tempo di fermarsi un attimo, Jessie si era chiesta se le cose sarebbero potute andare diversamente se si fossero incontrati in altre circostanze. Ma al tempo Jessie era già sposata ed Hernandez e sua moglie stavano insieme da più di sei anni.
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